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L’articolo di cui sopra pubblicato sul sito di Progetto Dreyfus, megafono della Comunità ebraica romana – quella stessa che lo storico Diego Siragusa ha definito come la “sezione italiana dell’estrema destra israeliana” -, è un vero e proprio attacco alla libertà di stampa, sia pure maldestramente camuffato dietro la richiesta di una più corretta informazione. Continuiamo a leggere l’articolo:‘’La disinformazione, al limite della propaganda, perpetrata da questi ultras dalla penna vicina ai terroristi palestinesi è finalmente terminata. Si è infatti interessato persino il presidente dell’ordine dei giornalisti che ha minacciato di ritirare diversi tesserini, di rispedire alcuni dei titolisti a corsi di formazione di giornalismo con particolare focus sull’etica ed escludere come estrema ratio dall’ordine alcuni degli autori più recidivi’’ (1).
Siamo di
fronte ad affermazioni molto gravi e lesive dei principi che sono alle
fondamenta della nostra Costituzione e in particolare di quell’articolo
specifico che garantisce la piena libertà e il pluralismo dell’informazione.
In parole
povere, secondo questi signori, chi fornisce un’informazione non gradita al
governo israeliano e al Likud dovrebbe essere allontanato o licenziato dai
giornali per cui lavora e addirittura cacciato dall’ordine dei giornalisti.
Si tratta di una minaccia ben precisa, un modo subdolo per rovinare la vita
(non solo professionale) di decine se non centinaia di persone che cercano
di fare al meglio il proprio lavoro. Tutto lascia dunque supporre che le
redazioni di alcuni giornali verranno sfoltite a causa di licenziamenti
politici, perché di questo si tratterebbe. Domanda: La “sinistra” italiana
si mobiliterà in difesa di questi lavoratori forse prossimi al licenziamento
(per ragioni politiche, è bene sottolinearlo) e per difendere il sacrosanto
diritto alla libertà di stampa e di opinione così palesemente sotto attacco
da parte dei gruppi di potere sionisti? Oppure tutto ciò passerà in sordina,
dal momento che, da SEL fino al PCL, sembrano decisamente più impegnati ad
occuparsi di “diritti civili, femminismo, liberalizzazione dei costumi e
istanze lgbt” piuttosto che di conflitto sociale, lavoro e antimperialismo?
Verranno licenziati, espulsi dall’Ordine dei Giornalisti o peggio ancora
mediaticamente “linciati” dei giornalisti critici di Israele? Questioni
secondarie. La “sinistra capitalista” ha ben altre urgenze e priorità….
Ma qual è l’agghiacciante tesi di Progetto Dreyfus, un sito che, fra le altre cose, trasuda islamofobia da tutti i pori (è sufficiente dargli un’occhiata per rendersene conto), sul conflitto in corso? Leggiamo: “L’unica cosa che contava per questi pseudo giornalisti era riportare il numero dei morti, alto da parte palestinese perché tanti, oltre 150, sono stati gli attentatori. Allo stesso tempo era basso, circa 25 in totale, il numero di persone barbaramente uccise con coltelli e macchine che hanno investito donne e bambini da parte israeliana”.
E chi
sarebbero questi pericolosi attentatori, questi ‘’terroristi’’? Forse Afula
di Asraa Abed, una donna indifesa, accerchiata dai militari israeliani, fino
a che non le hanno sparato diverse pallottole. Per il giornalista di Haaretz,
Gideon Levy, questo è “palesemente un assassinio. Quei poliziotti erano
troppo codardi o assetati di vendetta e perciò meritano di essere
processati, non encomiati” (2). Per un giornalista israeliano,
certamente di Sinistra e democratico, quei soldati erano solo dei codardi
che “meritano di essere processati”, mentre per i sionisti, quegli
assassini sono degli ‘’eroi’’.
La Palestina è chiaramente sotto occupazione, definire ‘’terrorista’’ chi difende il proprio diritto alla libertà, all’indipendenza e a una dignitosa esistenza libera dalla dominazione neocoloniale, dovrebbe suscitare profonda indignazione. Un’ indignazione di massa che purtroppo tarda ad arrivare. E’ possibile restare in silenzio di fronte alle minacce e al terrorismo mediatico di Israele? E chi sarebbero poi i ‘’terroristi’’? Scrive ancora Levy: ‘’Ancor più macabra è l’esecuzione di Fadi Alon a Gerusalemme. Dopo che ha gettato a terra il coltello con cui aveva ferito un giovane ebreo, ha cercato di scappare dalla folla inferocita verso un poliziotto, che la gente incitava con parole volgari ad ucciderlo. Rispondendo alla richiesta della marmaglia, il poliziotto ha sparato a morte al ragazzo, senza motivo, e poi ha fatto rotolare il suo corpo in strada’’. Altri video dimostrano che una gran parte delle azioni dell’IDF (l’esercito israeliano) sono semplici atti di crudeltà, che hanno origine nel razzismo e nel particolarismo etnico e religioso ormai da tempo egemone in Israele.
Vogliamo
parlare di Gaza ? Ashraf al-Qadra, membro del ministero della Salute
palestinese, documenta che: ”L’occupazione persiste nell’utilizzo di armi
non convenzionali contro i cittadini di Gaza, essa ne ha fatto uso in
passato e continua tuttora” (3). E continua: “Le tipologie
delle ferite, curate negli ospedali della Striscia di Gaza in seguito agli
attacchi israeliani, provano che l’occupazione ha usato armi incendiarie e
non convenzionali, vietate a livello internazionale. Ciò si evince dai corpi
delle vittime, che arrivano negli ospedali di Gaza con ustioni di grandi
dimensioni e amputazioni in molte parti del corpo, oltre alle lacerazioni
dei tessuti interni delle vittime. Tutto ciò dimostra che vi è un uso
eccessivo della violenza contro i civili di Gaza, e che l’occupazione
colpisce deliberatamente le aree popolate per aumentare il numero delle
vittime tra i civili”. Il risultato è questo: oltre 43.000 persone, oggi
a Gaza, vivono in condizioni di disabilità (4). E’ inutile girarci
attorno: solo una persona in malafede può mettere sullo stesso piano un
sasso lanciato da un ragazzo palestinese (o anche una coltellata sferrata
con rabbia e disperazione), con i bombardamenti al fosforo e le bombe
dirompenti dei cacciabombardieri israeliani.
Quello israeliano è un chiaro progetto di pulizia etnica, una sorta di lento e silenzioso genocidio portato avanti anche grazie all’impunità di cui gode Israele che, oltre a rappresentare una costante minaccia per i popoli arabi e/o mussulmani, sta mettendo in campo una strategia per attentare, come abbiamo appena visto, alle più elementari libertà democratiche – fra cui la libertà di stampa ed di informazione – in Europa.
Solo poche settimane fa la presentazione a Roma del libro di Alan Hart, “Sionismo, il vero nemico degli Ebrei“, è stata boicottata, come spiega nel suo blog lo storico Diego Siragusa l’Anpi siamo anche noi , traduttore e autore della prefazione, al punto tale che anche l’ANPI provinciale di Roma ha deciso di annullare l’evento. E’ lecito pensare a pressioni”, spiega Siragusa nel suo articolo, e non possiamo che condividere la sua ipotesi.
Insomma,
siamo di fronte ad una vera e propria violazione del diritto che si traduce
nel tentativo (ma è molto di più di un semplice tentativo) di mettere il
bavaglio alla libera informazione, di zittire con le minacce i giornalisti
non allineati al pensiero unico e ovviamente di orientare e condizionare la
politica estera del paese (come se non fosse già del tutto prona agli
interessi degli USA e di Israele). Tutto ciò dimostra peraltro, qualora ce
ne fosse bisogno, quale sia il tasso di autonomia politica di questo paese.
E ancora: a
chi giova l’iranofobia fomentata dai media filoisraeliani? La domanda è
complessa e per questo, escludendo di rivolgerla (perché sarebbe del tutto
inutile) ad un qualsiasi “funzionario mediatico” di regime, la giriamo alla
giornalista Tiziana Ciavardini, colta ed esperta conoscitrice della
Repubblica Islamica dell’Iran:
“Dall’Islamofobia
crescente in Occidente intensificatasi dopo i recenti attacchi terroristici
in Francia e nei paesi mediorientali il senso di paura patologica nei
confronti dell’IRAN fortunatamente sta in parte sta cambiando. La mia
esperienza ultra decennale nella Repubblica Islamica dell’Iran mi ha portato
ad avere una visione della cultura e della società contemporanea prettamente
in contrasto con quelle che sono le notizie spesso capziose e confuse che i
mass media ormai da anni stanno cercando di divulgare. Mi rivolgo in
particolare a quella ‘paura dell’IRAN’ quella ‘IRANOFOBIA’ che vedeva
nell’IRAN il male assoluto. Negli ultimi decenni l’Iran é stato piú volte
presentato come un paese insicuro e da evitare caratterizzato da problemi
politici interni che le cronache hanno inevitabilmente evidenziato creando
un latente pregiudizio ancora oggi difficile da superare. Con l’elezione del
Presidente Hassan Rohani l’Iran sta vivendo peró, un cauto cambiamento.
Nello scenario mediorientale oggi questo Paese rappresenta l’unico Stato con
una elevata stabilità politica ed istituzionale e rappresenta l’unica
superpotenza regionale con una propria specifica identità. Purtroppo in
Occidente siamo ancora ancorati al nostro etnocentrismo, convinti che la
nostra civiltà occidentale si sia sparsa e imposta in tutto il mondo grazie
alla superiorità morale del sistema democratico-parlamentare su altri
sistemi politici. In realtá il sistema politico iraniano é troppo complesso
e difficilmente comprensibile da un punto di vista occidentale e lo sbaglio
maggiore é quello di voler attribuire regole e decisioni ad una sola persona
quando non é esattamente cosí. L’Iran sta aprendo le proprie porte a nuove
sorprendenti dinamiche un motivo in piú per intensificare il dialogo”
La lobby
sionista: vietato parlarne?
Ma c’è
anche un’altra domanda a cui siamo chiamati a rispondere: esiste la lobby
israeliana (sionista), cioè un centro (o vari centri) di potere impegnato(i)
a difendere lo Stato di Israele e la sua politica di sostanziale e anche
formale apartheid nei confronti del popolo palestinese? La risposta è
semplice: sì, esiste. Cerchiamo di inquadrare il problema ripercorrendo le
opinioni di importanti studiosi appartenenti alla Sinistra antimperialista
italiana. Anche perché, molto spesso la sinistra confonde il “sionismo” con
l’“ebraismo”,eppure i rabbini Neturei Karta sono contrari allo Stato
ebraico. . La destra, oggigiorno, è filosionista: condivide con questo sia
l’imperialismo economico e politico che la sua funzione “messianica”.
Secondo lo
storico marxista Mauro Manno “Non solo esiste ma è forte e, fatto grave,
non ha oppositori o persone che ne denuncino la pericolosità’ (5).
Il Partito Radicale (Pannella e Bonino in testa … ) così come il quotidiano
La Repubblica (solo per citarne alcuni perchè l’elenco sarebbe infinitamente
più lungo) sono apertamente schierati dalla parte di Israele.
Per il
filosofo “post-marxista”, Costanzo Preve, nessuna persona intellettualmente
onesta potrebbe negare l’esistenza della lobby filoisraeliana, “però
anche solo fare un riferimento a questa realtà incontrovertibile, è
immediatamente assimilato all’antisemitismo, identificato nel simbolismo
comune mediatico manipolato con l’approvazione, esplicita o implicita, ai
crimini sterministici di Hitler. Il tradimento degli intellettuali consiste
nel non denunciare questo fatto…” (6).
Quindi,
come mettere al riparo l’informazione e la libertà di stampa da questa
progressiva involuzione antidemocratica? In regime capitalistico chi
possiede i mezzi di produzione controlla e possiede anche i mezzi di
informazione: egemonia di classe e costruzione del consenso camminano di
pari passo. Israele è un paese imperialista (al vertice della catena di
comando insieme a Usa e Gran Bretagna ), mentre l’Italia è un paese
sub-imperialistico a sovranità limitata. I rapporti di forza fra questi
stati rendono proni i governanti e i giornalisti italiani alle classi
dirigenti americane e israeliane.
Lo storico
Diego Siragusa ci ha spiegato molto bene come “Decisiva è, quindi, la
tecnica dell’inganno. Il motto del MOSSAD, il famigerato servizio segreto
israeliano, è questo “PER MEZZO DELL’INGANNO FAREMO LA GUERRA”. In
modo esplicito gli israeliani confessano il loro metodo fondamentale col
quale hanno costruito il loro stato e la loro potenza: la disinformazione
sistematica come la quintessenza del loro progetto sionista. Possedere il
controllo dell’informazione planetaria è la condizione necessaria per il
successo dell’inganno” (7). Fino a quando tale inganno avrà
successo? Da più di sessant’anni a questa parte a fare le spese degli
appetiti di questa potenza imperialista cinica, arrogante e aggressiva sono
i popoli dell’area mediorientale e in particolare quello palestinese.
La
battaglia per ristabilire una verità storica e oggettiva su Israele, sui
suoi crimini e sulla natura imperialista del sionismo, deve diventare quindi
una priorità per chiunque sia animato da uno spirito democratico e da onestà
intellettuale.
Fonte : L’interferenza
Note
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