la storia che non si insegna a scuola
|
Non cessa di stupire quanto
sia manipolata – questa sì! - la memoria storica resistenziale. Che dozzine
di martiri partigiani fossero stati inventati di sana pianta è storia
nota risaputa e però dai più ignorata, ma che l’abitudine di aumentare il
numero delle “vittime” continui ai giorni nostri questo è fatto che lascia
per lo meno attoniti. E poi questi campioni di verità assolute e metafisiche
hanno il coraggio di sputare sentenze e veleno sui cosiddetti “revisionisti”
(1), quando in realtà i “revisionisti” e questa volta nel distorto
significato dispregiativo del termine, sono proprio loro. I fatti. Recentemente
a Cigliano in provincia di Vercelli si sono svolte solenni celebrazioni
commemorative resistenziali: cadeva l’anniversario della morte di alcuni
partigiani locali (2). Al di là di ciò comunque, a loro questa volta se ne
aggiungeva un altro sia pur in un veloce passaggio orale che lo indicava come
ennesima vittima dei nazifascisti: testimoni oculari ed auricolari hanno
assorbito il pistolotto. Il “martire” in questione deceduto per ironia della
sorte il 25 aprile 1945 si chiamava Rinaldo Andorno; era un partigiano piuttosto
estroverso e amante delle azioni plateali e si schiantò in moto in assoluta
autonomia contro un muro di quel paese in quanto i freni del suo mezzo si
guastarono e in quanto lui non era quel provetto motociclista che pensava
d’essere. E chi scrive lo sa bene soprattutto perché, altra ironia della
sorte, legato da un vincolo di parentela piuttosto stretta. Andorno in vita era
considerato uno scavezzacollo simpatico a bambini ed adulti con il gusto dello
scenico e del plateale: a riprova di ciò una fotografia voluta dallo stesso
partigiano mentre in tuta mimetica impugna due rivoltelle con fare agguerrito e
fa bella mostra di sé con una bomba a mano infilata sotto la cintura. Difficile
pensare che la vita per uno così fosse dura dal momento che sotto il “rigido
clima mussoliniano” poteva permettersi di andare tranquillamente dal fotografo
del paese e farsi riprendere in plastico atteggiamento partigiano da sciupa
femmine, con tappezzeria a fiori sullo sfondo: difficile pensarlo. Eppure anche
di questo simpatico ragazzetto di provincia la retorica resistenziale è
riuscita ad appropriarsi sia pur, almeno
per il momento, in un fugace passaggio orale che lo “nobilita” in quanto
vittima dei soliti "criminali aguzzini". In realtà fu proprio lo stesso carattere
di Andorno il maggior responsabile della sua morte, perché sembra proprio che
la moto non fosse del tutto affidabile ma evidentemente era tale la voglia di
partecipare al bailamme di quei gironi che freni o non freni - e forse
sopravvalutando le proprie capacità - il ragazzo andò incontro al suo destino;
voci, peraltro non documentabili, affermarono che il giovane non andasse nemmeno
troppo veloce. E questa è la sua
storia, nient’altro: nessun “martire” quindi. Peraltro tra “martiri”
partigiani riesumati cinquant’anni dopo che indossavano la divisa della
R.S.I., altri che risultavano quattro e che invece erano tre (3), altri ancora
che chi li ha personalmente conosciuti in vita li ha definiti in ogni modo
possibile meno che martiri, altri
definiti sulle lapidi come sconosciuti per coprire verità incredibili, e infine
altri ancora che furono spietati e feroci assassini poi inspiegabilmente
santificati, la nostra “storia” è piena. Rinaldo Andorno fu null’altro
che un simpatico ragazzetto di paese forse un po’ esaltato dall’idea
partigiana e niente più: ma non diciamolo troppo in giro, che magari tra
qualche tempo arriverà anche a lui a posteriori qualche targa alla memoria o
roba simile. Allora parleremo e questo documento servirà per poter dire che noi
l’avevamo detto in tempi non sospetti: chissà che a quel punto non si
considererà finalmente l’idea di studiare le mille lapidi agiografiche
partigiane per (ri)vedere le biografie di molti di questi eroi santificati:
siamo certi, più che certi, che a quel punto ne vedremo delle belle. C’è però
un però; stiamo facendo ancora una volta del “becero revisionismo”: occhio
quindi, perché le religioni non si discutono e i roghi per gli eretici ardono
ancora e più di prima, anche se in modo più sottile.
Lodovico Ellena
(1)
A proposito di revisionismo; lo stesso criterio di ricerca storica è un
dato di fatto assodato in recenti ed autorevoli studi tanto sulla storia romana
quanto sul Risorgimento: che ne pensano in merito questi intonsi accusatori?
Perché non si pronunciano?
(2)
sui quali comunque ci riserviamo di indagare in quanto sono recentemente
emersi particolari decisamente “stonati” ed interessanti.
(3) Roberto Gremmo, Storia
ribelle, Biella 2003, I quattro
martiri della Resistenza fiorentina del 1 maggio 1944
erano tre e uno di loro non venne ucciso dai fascisti. Tutto si potrà dire
di Gremmo, meno che si tratti di autore filofascista.
Nessun commento:
Posta un commento