domenica 17 aprile 2016

LA STORIA CHE NON SI INSEGNA A SCUOLA


la storia che non si insegna a scuola
Non cessa di stupire quanto sia manipolata – questa sì! - la memoria storica resistenziale. Che dozzine di martiri partigiani fossero stati inventati di sana pianta è storia nota risaputa e però dai più ignorata, ma che l’abitudine di aumentare il numero delle “vittime” continui ai giorni nostri questo è fatto che lascia per lo meno attoniti. E poi questi campioni di verità assolute e metafisiche hanno il coraggio di sputare sentenze e veleno sui cosiddetti “revisionisti” (1), quando in realtà i “revisionisti” e questa volta nel distorto significato dispregiativo del termine, sono proprio loro. I fatti. Recentemente a Cigliano in provincia di Vercelli si sono svolte solenni celebrazioni commemorative resistenziali: cadeva l’anniversario della morte di alcuni partigiani locali (2). Al di là di ciò comunque, a loro questa volta se ne aggiungeva un altro sia pur in un veloce passaggio orale che lo indicava come ennesima vittima dei nazifascisti: testimoni oculari ed auricolari hanno assorbito il pistolotto. Il “martire” in questione deceduto per ironia della sorte il 25 aprile 1945 si chiamava Rinaldo Andorno; era un partigiano piuttosto estroverso e amante delle azioni plateali e si schiantò in moto in assoluta autonomia contro un muro di quel paese in quanto i freni del suo mezzo si guastarono e in quanto lui non era quel provetto motociclista che pensava d’essere. E chi scrive lo sa bene soprattutto perché, altra ironia della sorte, legato da un vincolo di parentela piuttosto stretta. Andorno in vita era considerato uno scavezzacollo simpatico a bambini ed adulti con il gusto dello scenico e del plateale: a riprova di ciò una fotografia voluta dallo stesso partigiano mentre in tuta mimetica impugna due rivoltelle con fare agguerrito e fa bella mostra di sé con una bomba a mano infilata sotto la cintura. Difficile pensare che la vita per uno così fosse dura dal momento che sotto il “rigido clima mussoliniano” poteva permettersi di andare tranquillamente dal fotografo del paese e farsi riprendere in plastico atteggiamento partigiano da sciupa femmine, con tappezzeria a fiori sullo sfondo: difficile pensarlo. Eppure anche di questo simpatico ragazzetto di provincia la retorica resistenziale è riuscita ad appropriarsi sia pur, almeno per il momento, in un fugace passaggio orale che lo “nobilita” in quanto vittima dei soliti "criminali aguzzini". In realtà fu proprio lo stesso carattere di Andorno il maggior responsabile della sua morte, perché sembra proprio che la moto non fosse del tutto affidabile ma evidentemente era tale la voglia di partecipare al bailamme di quei gironi che freni o non freni - e forse sopravvalutando le proprie capacità - il ragazzo andò incontro al suo destino; voci, peraltro non documentabili, affermarono che il giovane non andasse nemmeno troppo veloce. E questa è la sua storia, nient’altro: nessun “martire” quindi. Peraltro tra “martiri” partigiani riesumati cinquant’anni dopo che indossavano la divisa della R.S.I., altri che risultavano quattro e che invece erano tre (3), altri ancora che chi li ha personalmente conosciuti in vita li ha definiti in ogni modo possibile meno che martiri, altri definiti sulle lapidi come sconosciuti per coprire verità incredibili, e infine altri ancora che furono spietati e feroci assassini poi inspiegabilmente santificati, la nostra “storia” è piena. Rinaldo Andorno fu null’altro che un simpatico ragazzetto di paese forse un po’ esaltato dall’idea partigiana e niente più: ma non diciamolo troppo in giro, che magari tra qualche tempo arriverà anche a lui a posteriori qualche targa alla memoria o roba simile. Allora parleremo e questo documento servirà per poter dire che noi l’avevamo detto in tempi non sospetti: chissà che a quel punto non si considererà finalmente l’idea di studiare le mille lapidi agiografiche partigiane per (ri)vedere le biografie di molti di questi eroi santificati: siamo certi, più che certi, che a quel punto ne vedremo delle belle. C’è però un però; stiamo facendo ancora una volta del “becero revisionismo”: occhio quindi, perché le religioni non si discutono e i roghi per gli eretici ardono ancora e più di prima, anche se in modo più sottile.
 
                                                  Lodovico Ellena   
  
(1)    A proposito di revisionismo; lo stesso criterio di ricerca storica è un dato di fatto assodato in recenti ed autorevoli studi tanto sulla storia romana quanto sul Risorgimento: che ne pensano in merito questi intonsi accusatori? Perché non si pronunciano? 
(2)    sui quali comunque ci riserviamo di indagare in quanto sono recentemente emersi particolari decisamente “stonati” ed interessanti. 
(3) Roberto Gremmo, Storia ribelle, Biella 2003, I quattro martiri della Resistenza fiorentina del 1 maggio 1944 erano tre e uno di loro non venne ucciso dai fascisti. Tutto si potrà dire di Gremmo, meno che si tratti di autore filofascista.

                                                                                                                                            

Nessun commento:

Posta un commento