PRONTO IL MES PER COMMISSARIARCI: ALZARE GLI SCUDI
Ci risiamo.
La troika sta preparando un altro colpo di mano come quello del 2011.
Stavolta cerchiamo di farci trovare preparati.
La troika sta preparando un altro colpo di mano come quello del 2011.
Stavolta cerchiamo di farci trovare preparati.
La sconfitta
referendaria ha indebolito Renzi e buona parte della compagine pro-UE
che ad oggi con molta probabilità è minoranza nel Paese.
Ma è pronto il “Piano B”, preparato da tempo come tutte le scelte importanti promosse dalla Troika che notoriamente non improvvisa mai nulla.
Ma è pronto il “Piano B”, preparato da tempo come tutte le scelte importanti promosse dalla Troika che notoriamente non improvvisa mai nulla.
La Troika
valuta il rischio concreto che forze “populiste” prendano il
sopravvento, sia nel caso di leggi elettorali con premio di
maggioranza, che favorirebbero il M5S, che tramite sistemi
proporzionali, che potrebbero condurre a coalizioni “anomale” tra
movimenti anti-establishment.
Tutto ciò
renderebbe comunque più complessa – certo non impossibile – la
continuazione del processo di cessione di sovranità verso la UE e
rallenterebbe il completamento di due tasselli fondamentali necessari
alla Troika, che sono l’unione bancaria e l’armonizzazione fiscale della
UE.
Perché è importante l’unione bancaria?
Per controllare l’emissione di moneta scritturale effettuata dalle banche commerciali (che pesa oltre il 95% della massa monetaria “M1”) tra le quali persistono ancora “sacche” sfuggenti, banche legate al territorio come le Banche di Credito Cooperativo che seppur in piccola parte continuano a fornire liquidità alla piccola economia reale rallentando i piani di deflazione e recessione voluti dalla Troika che sono alla base del meccanismo di appropriazione di risorse ai danni dell’economia reale.
Per controllare l’emissione di moneta scritturale effettuata dalle banche commerciali (che pesa oltre il 95% della massa monetaria “M1”) tra le quali persistono ancora “sacche” sfuggenti, banche legate al territorio come le Banche di Credito Cooperativo che seppur in piccola parte continuano a fornire liquidità alla piccola economia reale rallentando i piani di deflazione e recessione voluti dalla Troika che sono alla base del meccanismo di appropriazione di risorse ai danni dell’economia reale.
D’altro canto,
l’urgenza dell’armonizzazione fiscale serve ad evitare competizioni
fiscali tra Paesi membri, a precludere ogni forma di uscita dalla morsa
del pareggio di bilancio e cancellare il problema dell’evasione
fiscale (Equitalia al confronto sarebbe ricordata come un istituto di
opere pie…).
L’Italia non è la Grecia né l’Irlanda.
La possibilità
che vengano messi in discussione alcuni cardini della UE è tangibile e
rappresenta un precedente che darebbe voce ai movimenti
anti-establishment di altri Paesi chiave come Spagna (Podemos), Francia
(Front National) e Germania (AFD).
Ci
risiamo, dunque. I paralleli con il 2011 sono numerosi, così come
simile potrebbe essere la logica che la Troika seguirà per governare la
situazione: creare un’emergenza da gestire con strumenti tecnici che
conducano al commissariamento del Paese o palesino tale minaccia, allo
scopo magari di tenere in vita i governi posticci del post-Renzi.
Nel 2011
l’azione fu gestita dalle agenzie di rating (il braccio) che
concertarono una raffica di pesanti tagli del rating del debito
italiano (lo strumento) causando un’impennata dello spread (l’effetto)
che condusse al Governo Monti (la soluzione).
Oggi
l’emergenza è la debolezza patrimoniale delle banche italiane che non
soddisfano i criteri di Basilea, in primis di MPS ma anche di Carige,
Popolare di Vicenza ed altre.
Dunque,
uno degli scenari possibili (sottolineo: uno dei possibili) vede un
gruppo di fondi pensione ed istituzionali (il braccio) condurre un
attacco speculativo contro il settore bancario italiano attraverso
ingenti vendite allo scoperto (lo strumento). Tutto ciò causerebbe il
crollo dei prezzi azionari delle banche italiane (l’effetto) la cui
crisi renderebbe impraticabile l’intervento di investitori esteri.
Allo
stesso tempo i media main-stream additerebbero l’intervento statale
come iniquo (palesando una menzogna simile a quella del risparmio dei
costi della politica propugnato dal “SI”), spalleggiati dalle agenzie
di rating che presto faranno sentire la propria voce (ironicamente
proprio mentre una di esse – auspicabilmente – verrà condannata a Trani
per la manipolazione di mercato del 2011). Dunque, non resterebbe che
ricorrere ad un prestito del MES, il Meccanismo Europeo di Stabilità
(la soluzione).
Il
MES è un moloch celato dietro i sorrisi rassicuranti dei burocrati
della Troika, l’ultimo ritrovato della diabolica ingegneria
giuridico-finanziaria a trazione UE.
E’
ufficialmente un fondo insindacabile ed imperscrutabile di recente
costituzione, che ha la veste di organizzazione intergovernativa (su
modello FMI) i cui componenti, coperti da immunità totale, arrivano ad
includere il Governatore della BCE e il FMI.
In
realtà il MES è l’embrione del primo governo direttamente espressione
di organismi internazionali, senza alcuna base parlamentare, svincolato
da cicli politici e da rischi di caduta, che equivale al
commissariamento dell’Italia da parte della stessa Troika.
E’
un super-ministero con portafoglio in quanto, a differenza degli altri
organismi dell’Unione, è l’unico che può contare su un capitale
cospicuo, parliamo di €700 miliardi (!) oltre alla possibilità di
emettere obbligazioni sui mercati internazionali.
L’Italia
si è impegnata a versare al MES 125 miliardi di Euro, in parte già
erogati ed in parte richiamabili in qualsiasi momento dal MES, senza
necessità di approvazione e senza possibilità di contestazioni.
A
fronte di ciò, nel caso di bisogno, l’Italia dovrebbe chiedere un
prestito (!) e accettare una serie di vincoli stringenti relativi a
qualsiasi decisione di bilancio pubblico, quindi un formale
commissariamento UE sul quel briciolo di sovranità rimasta ancora in
mano all’esecutivo nazionale.
Il Governo italiano può ricorrere al MES senza necessità del Parlamento, ed è probabile che questo lavoro sporco lo facciano fare al nuovo cameriere di Palazzo Chigi.
Fatto ciò, la prossima legge di stabilità dovrà piacere a Draghi, a Lagarde ed agli altri membri della Troika.
Quella
contro il MES è una battaglia decisiva, che deve vedere impegnate
tutte le forze che hanno a cuore la sovranità del Paese, sia per quel
poco di sovranità che è rimasta sia per quel molto che c’è da
riconquistare.
Ci
distrarranno con la girandola di Palazzo Chigi, con il congresso del
PD, con le primarie del centro-destra, con le storie romanzate dietro
ad MPS, con la legge elettorale e tanti altri stratagemmi che
occuperanno le reti televisive. Tutto purché il colpo di mano vada a
segno sotto silenzio.
Le
forze parlamentari che si auto-proclamano anti-establishment o
populiste avranno quindi la possibilità di dimostrare con i fatti le
proprie reali intenzioni, muovendosi una volta tanto d’anticipo con
azioni anche eclatanti che denuncino l’ennesimo colpo di mano (e di
Stato) da parte dei tecnocrati di Bruxelles.
La proposta politica da cavalcare è la nazionalizzazione di MPS, che
avrebbe un duplice effetto: scongiurare il MES e dotarsi di una banca
pubblica per raccogliere finanziamenti a tasso zero direttamente presso
la BCE! Questa è la contro-mossa che adotterebbe un esecutivo serio.
Anche
le forze extra-parlamentari possono fare un importante lavoro sul
territorio, tra le associazioni civiche e popolari, ricordando a tutti
che l’indebitamento è prima di tutto uno strumento di governo, e
storicamente ha rappresentato la continuazione di una guerra con
strumenti finanziari.
Alberto Micalizzi
Ci
risiamo. La troika sta preparando un altro colpo di mano come quello
del 2011. Stavolta cerchiamo di farci trovare preparati.
La sconfitta
referendaria ha indebolito Renzi e buona parte della compagine pro-UE
che ad oggi con molta probabilità è minoranza nel Paese. Ma è pronto il
“Piano B”, preparato da tempo come tutte le scelte importanti promosse
dalla Troika che notoriamente non improvvisa mai nulla.
La Troika
valuta il rischio concreto che forze “populiste” prendano il
sopravvento, sia nel caso di leggi elettorali con premio di
maggioranza, che favorirebbero il M5S, che tramite sistemi
proporzionali, che potrebbero condurre a coalizioni “anomale” tra
movimenti anti-establishment.
Tutto ciò
renderebbe comunque più complessa – certo non impossibile – la
continuazione del processo di cessione di sovranità verso la UE e
rallenterebbe il completamento di due tasselli fondamentali necessari
alla Troika, che sono l’unione bancaria e l’armonizzazione fiscale della
UE.
Perché è
importante l’unione bancaria? Per controllare l’emissione di moneta
scritturale effettuata dalle banche commerciali (che pesa oltre il 95%
della massa monetaria “M1”) tra le quali persistono ancora “sacche”
sfuggenti, banche legate al territorio come le Banche di Credito
Cooperativo che seppur in piccola parte continuano a fornire liquidità
alla piccola economia reale rallentando i piani di deflazione e
recessione voluti dalla Troika che sono alla base del meccanismo di
appropriazione di risorse ai danni dell’economia reale.
D’altro canto,
l’urgenza dell’armonizzazione fiscale serve ad evitare competizioni
fiscali tra Paesi membri, a precludere ogni forma di uscita dalla morsa
del pareggio di bilancio e cancellare il problema dell’evasione
fiscale (Equitalia al confronto sarebbe ricordata come un istituto di
opere pie…).
L’Italia non è
la Grecia né l’Irlanda. La possibilità che vengano messi in discussione
alcuni cardini della UE è tangibile e rappresenta un precedente che
darebbe voce ai movimenti anti-establishment di altri Paesi chiave come
Spagna (Podemos), Francia (Front National) e Germania (AFD).
Ci
risiamo, dunque. I paralleli con il 2011 sono numerosi, così come
simile potrebbe essere la logica che la Troika seguirà per governare la
situazione: creare un’emergenza da gestire con strumenti tecnici che
conducano al commissariamento del Paese o palesino tale minaccia, allo
scopo magari di tenere in vita i governi posticci del post-Renzi.
Nel 2011
l’azione fu gestita dalle agenzie di rating (il braccio) che
concertarono una raffica di pesanti tagli del rating del debito
italiano (lo strumento) causando un’impennata dello spread (l’effetto)
che condusse al Governo Monti (la soluzione).
Oggi
l’emergenza è la debolezza patrimoniale delle banche italiane che non
soddisfano i criteri di Basilea, in primis di MPS ma anche di Carige,
Popolare di Vicenza ed altre.
Dunque,
uno degli scenari possibili (sottolineo: uno dei possibili) vede un
gruppo di fondi pensione ed istituzionali (il braccio) condurre un
attacco speculativo contro il settore bancario italiano attraverso
ingenti vendite allo scoperto (lo strumento). Tutto ciò causerebbe il
crollo dei prezzi azionari delle banche italiane (l’effetto) la cui
crisi renderebbe impraticabile l’intervento di investitori esteri.
Allo
stesso tempo i media main-stream additerebbero l’intervento statale
come iniquo (palesando una menzogna simile a quella del risparmio dei
costi della politica propugnato dal “SI”), spalleggiati dalle agenzie
di rating che presto faranno sentire la propria voce (ironicamente
proprio mentre una di esse – auspicabilmente – verrà condannata a Trani
per la manipolazione di mercato del 2011). Dunque, non resterebbe che
ricorrere ad un prestito del MES, il Meccanismo Europeo di Stabilità
(la soluzione).
Il
MES è un moloch celato dietro i sorrisi rassicuranti dei burocrati
della Troika, l’ultimo ritrovato della diabolica ingegneria
giuridico-finanziaria a trazione UE. E’ ufficialmente un fondo
insindacabile ed imperscrutabile di recente costituzione, che ha la
veste di organizzazione intergovernativa (su modello FMI) i cui
componenti, coperti da immunità totale, arrivano ad includere il
Governatore della BCE e il FMI.
In
realtà il MES è l’embrione del primo governo direttamente espressione
di organismi internazionali, senza alcuna base parlamentare, svincolato
da cicli politici e da rischi di caduta, che equivale al
commissariamento dell’Italia da parte della stessa Troika. E’ un
super-ministero con portafoglio in quanto, a differenza degli altri
organismi dell’Unione, è l’unico che può contare su un capitale
cospicuo, parliamo di €700 miliardi (!) oltre alla possibilità di
emettere obbligazioni sui mercati internazionali.
L’Italia
si è impegnata a versare al MES 125 miliardi di Euro, in parte già
erogati ed in parte richiamabili in qualsiasi momento dal MES, senza
necessità di approvazione e senza possibilità di contestazioni. A
fronte di ciò, nel caso di bisogno, l’Italia dovrebbe chiedere un
prestito (!) e accettare una serie di vincoli stringenti relativi a
qualsiasi decisione di bilancio pubblico, quindi un formale
commissariamento UE sul quel briciolo di sovranità rimasta ancora in
mano all’esecutivo nazionale.
Il
Governo italiano può ricorrere al MES senza necessità del Parlamento,
ed è probabile che questo lavoro sporco lo facciano fare al nuovo
cameriere di Palazzo Chigi. Fatto ciò, la prossima legge di stabilità
dovrà piacere a Draghi, a Lagarde ed agli altri membri della Troika.
Quella
contro il MES è una battaglia decisiva, che deve vedere impegnate
tutte le forze che hanno a cuore la sovranità del Paese, sia per quel
poco di sovranità che è rimasta sia per quel molto che c’è da
riconquistare.
Ci
distrarranno con la girandola di Palazzo Chigi, con il congresso del
PD, con le primarie del centro-destra, con le storie romanzate dietro
ad MPS, con la legge elettorale e tanti altri stratagemmi che
occuperanno le reti televisive. Tutto purché il colpo di mano vada a
segno sotto silenzio.
Le
forze parlamentari che si auto-proclamano anti-establishment o
populiste avranno quindi la possibilità di dimostrare con i fatti le
proprie reali intenzioni, muovendosi una volta tanto d’anticipo con
azioni anche eclatanti che denuncino l’ennesimo colpo di mano (e di
Stato) da parte dei tecnocrati di Bruxelles.
La
proposta politica da cavalcare è la nazionalizzazione di MPS, che
avrebbe un duplice effetto: scongiurare il MES e dotarsi di una banca
pubblica per raccogliere finanziamenti a tasso zero direttamente presso
la BCE! Questa è la contro-mossa che adotterebbe un esecutivo serio.
Anche
le forze extra-parlamentari possono fare un importante lavoro sul
territorio, tra le associazioni civiche e popolari, ricordando a tutti
che l’indebitamento è prima di tutto uno strumento di governo, e
storicamente ha rappresentato la continuazione di una guerra con
strumenti finanziari.
Alberto Micalizzi
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