martedì 16 maggio 2017

KARL MARX O ADAM SMITH ?



Karl Marx é  il padre del comunismo che si distingue dal socialismo per la sua natura esplicitamente rivoluzionaria in contrapposizione a quella riformista del socialismo.
In concerto con Hegel, ha predicato l’eguaglianza sociale, l’abolizione della proprietà privata, la dittatura del proletariato da raggiungere tramite la rivoluzione, la remunerazione del lavoro in funzione delle neceessità individuali e non dei meriti e di conseguenza la illegittimità della meritocrazia.
La sua visione del mondo e della società civile si basa unicamente sull’aspetto finaziario e riduce tutta la vita degli individui ad un rapporto economico che è il principio fondatore del materialismo che annulla o non tiene conto delle pulsioni spirituali, dell’intelligenza nel suo insieme, delle passioni, delle aspirazioni ideali e di tutta quella parte dell’uomo che esula dalla pura materialità e che è però quella che lo ha trasformato nei secoli da animale irrazionale a individuo intelligente, pensante e cosciente e che è la chiave dell’evoluzione futura dell’umanità.
A nostro parere, pur partendo da una analisi corretta dei meccanismi che hanno creato nella società ineguaglianze e sfruttamenti inaccettabili si spinge a totalizzare quegli  aspetti parziali ed a non più vedere il quadro d’insieme che non può essere e non è solo materialista ed economico, ma che è molto più complesso e include aspetti e situazioni altrettanto se non più importanti per la natura e lo sviluppo sociale e culturale dell’umanità.
Karl Marx è talmente innamorato di se stesso e delle sue teorie rivoluzionarie da non riuscire più a vedere altro, ma da ridursi ad essere ossessivamente condizionato e tarpato nel suo intelletto tanto da non considerare la natura umana che essendo dominata più dall’EGO che non dalla POLIS pretende remunerazione e considerazione per il proprio talento anche in contrapposizione a coloro che sono privi di talento e di voglia di lavorare.
In parole più semplici Marx nega la meritocrazia che premia chi vale e punisce gli inetti e lo fa negandola totalmente anziché, come sarebbe più giusto e più ragionevole, regolamentandola affinché essa non porti a ineguaglianze e squilibri sproporzionati.
Come dicevano gli antichi:” In media stat virtus “…!!!
Adam Smith al contrario di Marx, teorizza che il capitalismo possiede naturalmente in se stesso gli strumenti per evitare disuguaglianze sproporzionate e che quindi esiste un automatismo per cui si stabilisce un equilibrio tra la proprietà del capitale e la forza lavoro.
Nella sua principale opera:” Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni  Adam Smith analizza gli aspetti del lavoro all’interno della produttività, dello scambio e del valore di scambio ( Famosi gli esempi del diamante, di nessuna utilità che vale molto di più dell’acqua, elemento vitale per l’uomo o dello spillo lavorato a partire dall’estrazione del ferro dalla miniera o partendo da un prelavorato filo di ferro ) )
Anche Adam Smith, a nostro parere, è talmente innamorato delle proprie teorie da non vederne i liniti pratici e da illudersi che il capitalismo abbia in se l’automatismo per limitare come invece possiamo constatare che non avviene nella realtà quotidiana, gli eccessi di sfruttamento del lavoro e l’eccesso di arricchimento del capitale.
Entrambi dunque, Marx e Adam Smith peccano di un massimalismo ideologico che li spinge ad eccessi interpretativi che non hanno poi alcun riscontro nella realtà.
sembrerebbe dunque che non esista alcuna possibilità di coniugare la libertà di affermazione sociale ed economica insite per natura in ciascun individuo con l’equità sociale che  dovrebbe evitare disuguaglianze sproporzionate ed ingiustificabili.
Secondo noi una possibilità esiste ed è la SOCIALIZZAZIONE.
Capitale e lavoro, che sono gli elementi essenziali per la produzione di beni e dunque per la ricchezza del Paese, sembrano a prima vista fattori con finalità diverse ed antitetiche perché entrambi cercano la maggiore remunerazione possibile e dato che entrambi traggono il loro guadagno dagli utili che scaturiscono dalla produzione, la fetta maggiore per uno significa una fetta minore per l’altro.
Questa situazione ha creato, nei secoli, una acerrima lotta tra le parti, da un lato per conservare guadagni e privilegi e dall’altra per aumentare diritti e salari.
Il risultato è stato una radicalizzazione  dei contrasti che, nella scia del comunismo marxista ha portato in alcuni Paesi alla rivoluzione, con i risultati negativi per lo Stato e per i lavoratori che tutti abbiamo visto nei Paesi Sovietici e nei loro satelliti..!
Il Marxismo ha fallito perché ha cercato di eliminare il capitale ( sostituendolo con il capitalismo di Stato) senza capire che è contrario alla natura umana privare l’individuo della propria iniziativa per mettere a frutto il proprio talento.
Il capitalismo ha sempre e solo fatto una cieca battaglia di retroguardia per conservare posizioni di privilegio reprimendo le aspirazioni dei lavoratori ad una più equa e dignitosa remunerazione per il proprio lavoro.
Da qui è nata la lotta di classe che, come tutte le guerre, non fa vincere chi è nel giusto, ma solo chi è, al momento, più forte.
L’idea geniale, nella sua semplicità, della Socializzazione è quella di trasformare la lotta di classe in collaborazione tra le classi trasformando un sistema di forze contrarie l’una all’altra in un sistema di sinergie che concorrono allo stesso fine.
Con la Socializzazione:
1°- I lavoratori delle aziende sono, a tutti gli effetti, comproprietari ed azionisti dell’azienda ed, in quanto tali, partecipano in modo predeterminato alla divisione degli utili ed alla conduzione aziendale e fanno parte, di diritto, del Consiglio di amministrazione aziendale.
2°- I proprietari si trovano ad operare con lavoratori che non sono più oggetto del lavoro, ma ne sono soggetti protagonisti per cui il buon andamento dell’azienda diventa obiettivo comune che sarà perseguito da tutti con diligenza e determinazione.
3° Le rispettive conoscenze delle problematiche aziendali parteciperanno ad un proficuo scambio tra proprietà e lavoro mettendo in atto quelle sinergie di cui si accennava e porranno le parti in una situazione di pari dignità entro la quale si prenderanno le decisioni importanti per le aziende e per il loro futuro.
4°- Proprietà e lavoratori, partecipando insieme al consiglio di amministrazione, saranno sempre al corrente sulle possibilità  e sulle esigenze economiche dell’azienda e ciò faciliterà oltremodo sia le trattative contrattuali che i progetti aziendali.
Pur se ci rendiamo conto che oggi l’Italia non è pronta per fare un simile passo tutto in una volta, ci pare che si potrebbe almeno iniziare applicando l’articolo 46 della Costituzione, a tutt’oggi inapplicato, laddove recita:”..la repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge, alla gestione delle aziende”
Ed allora, tra Karl Marx e Adam Smith si potrebbe citare anche Benito Mussolini che in Repubblica Sociale Italiana inventò, propose e fece diventare legge della stato ( prontamente abrogata alla fine della guerra ) la SOCIALIZZAZIONE delle aziende che era, negli intenti il proemio alla SOCIALIZZAZIONE DELLO STATO..!!

Alessandro Mezzano
                                                                                    

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