Francia. Verso la rinascita delle Nazioni d’Europa
La scelta tra Marine Le Pen ed Emmanuel Macron, ormai è evidente, è una scelta per un’alternativa popolare e nazionale, di libertà per tutti i popoli d’Europa di fronte e contro una cosiddetta Unione Europea, nata sotto le stelle (e la stessa bandiera) delle colonie nordamericane di Sua Maestà britannica e nido della corruzione e della predazione dell’usura finanziaria internazionale.
Se il popolo francese designerà Macron suo presidente, tutto resterà come prima e, anzi, peggio di prima. Non a caso la sua designazione al primo turno elettorale è stata subito salutata con gioia dai “mercati finanziari”, dalle banche, dalla grande finanza (uomo dei Rothshild e partecipe al Bilderberg) e dai suoi mentori vecchi (Attali, Hollande)e nuovi (Juncker, Lévi e il frustrato Fillon).
Tuttavia proprio questi variegati endorsements – non a caso privi di una partecipazione del quarto grande incomodo del primo turno, il postcomunista Melenchon – a conti fatti non rappresentano affatto un conseguente travaso di voti altrui al candidato neoliberista. Il voto presidenziale ha infatti ratificato il crollo del consenso dei citoyens ai partiti tradizionali. Si pensi soltanto al 6 virgola qualcosa per cento a stento razzolato da Hamon e dunque dal partito socialista che fu di Jaures e Mitterand… Oppure si pensi al sentire interno dei “Repubblicani”. Con i postgollisti (ex Unr, ex Rpr) nient’affatto d’accordo con lo sconfitto Fillon e il suo invito a votare per un nuovo quinquennio pro-Ue, proeuro, proimmigrazione e addirittura a favore di un intervento militare francese contro la Siria (alleata di Mosca). Un invito, quello di Fillon, che sarà ripreso in parte soltanto dai centristi ex Udf, ex Udi.
Si pensi inoltre che la Francia profonda, che non è la Parigi gestita dai clan liberisti e radical-chic, voterà Marine Le Pen, una bandiera di rinascita della nsovranità nazionale e della giustizia sociale che già ha raccolto la maggioranza dei voti dei giovani e degli operai francesi.
E su una vittoria di Macron pende anche la spada di Damocle di quello che sarà il risultato delle elezioni legislative già in agenda per il prossimo giugno. Già nel passato la Francia ha infatti subito le conseguenze nefaste di una “coabitazione” politica tra un’Assemblea Nazionale di colore diverso da quello dell’inquilino dell’Eliseo.
Quale che sia il presidente della Francia dopo il 7 maggio, questi non potrà mettere in esecuzione il suo programma se non potrà contare su una maggioranza parlamentare tra gli eletti al’Assemblea nazionale nelle 577 circoscrizioni uninominali. Troppi colori, difficile integrazione nel programma che Macron autodefinisce “progressista” e che l’eurocrazia sostiene.
Differente, invece, la prospettiva nel caso di una vittoria di Marine Le Pen e del FN. La possibilità, già palpabile, che l’ondata positivamente traumatica di un’elezione di Le Pen all’Eliseo possa trascinare con sé non soltanto gli indecisi, ma anche le frange più motivate e anche quelle più radicali della destra e della sinistra francese, non è affatto azzardato. Il moto “patriottico” e “sociale”, dall’Eliseo, si riverberebbe sul voto di tanti cittadini francesi intenzionati ad uscire dalla crisi, percorrendo una strada più nazionale, di amicizia con la Russia, di lotta all’insicurezza sociale, di blocco dell’immigrazione selvaggia, di ritorno ad un ruolo di primato della Francia (e con la Francia degli altre nazioni d’Europa che vorranno seguire la stessa strada di libertà, di giustizia sociale e di indipendenza nazionale.
Anche e soprattutto perché – e qui si conclude questa breve analisi politica – la Francia è oggi, nel nostro continente, l’unica Nazione – se si escludono Russia e Gran Bretagna – dotata di un reale deterrente militare (force de frappe, armamenti nucleari) capace di bloccare le avventure belliche atlantiche (in Serbia, Iraq, Afghanistan, Libia, Siria, o con l’uso ricattatorio della Nato alle frontiere orientali), bloccare la degenerazione multiculturale e la stolta politica delle porte aperte all’immigrazione incontrollata, e quindi di indirizzare verso una reale indipendenza anche finanziaria ed economica, tutta la nostra terra continentale, diventata nelle ultime decade una grande colonia, anzi: la grande preda, delle multinazionali e della grande finanza angloamericana.
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