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STORIA 2012
Il Piano
"Solo" - il colpo di stato "Democratico" ed Atlantista dell'Arma dei Carabinieri
di
Dagoberto Husayn Bellucci
Il cosiddetto "Piano Solo" – che prevedeva il solo
utilizzo dell’Arma dei Carabinieri per il tentativo di colpo di Stato preparato
nei primi anni Sessanta dal Gen. De Lorenzo per imporre una svolta autoritaria
ed una politica "di destra" maggiormente allineata con i desiderata atlantici –
rappresentò il primo vero tentativo golpista elaborato da ambienti militari
nell’Italia del secondo dopoguerra.
La situazione internazionale dell’epoca era
dominata dal confronto aperto tra i due blocchi contrapposti che facevano
riferimento a Stati Uniti e Unione Sovietica. L’Europa, a causa della sconfitta
militare subita dall’Asse e dalla seguente divisione bipolare, diventò ben
presto uno dei terreni di conflitto a bassa intensità che opponevano le due
superpotenze.
La spartizione bipolare USA-URSS determinata dagli
accordi di Yalta del 1945 avrebbe caratterizzato un arco storico di circa mezzo
secolo noto come "guerra fredda".
Per comprendere realmente ciò che questo periodo
ha rappresentato per il Vecchio Continente, privato da allora di una politica
autonoma, della propria sovranità e ridotto a mera appendice dell’impero
americano, la situazione italiana appare esemplare.
L’Italia era uscita dissanguata dal lungo
conflitto mondiale che aveva portato ad una guerra civile tra italiani dopo la
costituzione di due distinti Stati (la Repubblica Sociale al nord e l’effimero
Regno proclamato nelle regioni meridionali dal Re Vittorio Emanuele e dal
governo del maresciallo Badoglio dopo il vergognoso voltafaccia dell’8 settembre
1943 data che segnò un vero e proprio trauma nella coscienza civile di un paese
che da quel momento non avrebbe mai più avuto alcuna sovranità nazionale).
La cosiddetta guerra di liberazione partigiana
combattuta da un eterogeneo fronte di partiti politici italiani sostenuti dalle
forze armate d’occupazione anglo-americane aveva messo in luce soprattutto la
netta dicotomia esistente tra i movimenti d’ispirazione cattolica e liberale che
proponevano un assetto democratico filo-occidentale per il dopoguerra e il
Partito Comunista il quale rispondeva alle direttive provenienti da Mosca ed era
determinato ad approfittare del conflitto per i propri interessi i quali
avrebbero portato all’instaurazione di un regime sul modello sovietico come
avverrà in tutti i paesi appartenenti al blocco orientale influenzato e
sottomesso militarmente dall’URSS.
All’indomani della guerra i comunisti ed i loro
alleati socialisti accettarono le regole democratiche, parteciparono alla
Costituente e diventarono forza di governo alleata ai democristiani nei primi
esecutivi post-bellici.
La situazione sarebbe presto andata modificandosi
con l’avvicinarsi delle prime elezioni legislative fissate per l’aprile 1948
che vedranno una radicalizzazione del confronto tra la DC ed il cosiddetto
"Fronte Popolare" delle sinistre. Una campagna elettorale che si palesò come un
autentico conflitto ideologico tra gli alleati degli Stati Uniti e le formazioni
socialcomuniste legate a Mosca.
Washington sosterrà finanziariamente e mobiliterà
i suoi apparati per consentire la vittoria, risultata schiacciante, della
Democrazia Cristiana che – peraltro – godette del sostegno incondizionato di un
inedito schieramento di forze interessate a mantenere il paese all’interno della
sfera d’influenza americana evitando pericolose derive verso il blocco orientale
egemonizzato da Mosca.
La Chiesa, gli ambienti industriali, la Massoneria
e la Mafia furono in prima linea durante quella campagna elettorale – e
successivamente per tutti i successivi quarant’anni di monopolio politico
democristiano – che sancirà la sconfitta delle forze d’ispirazione marxista.
La democrazia italiana da allora e fino agli anni
Novanta apparirà un sistema politico bloccato all’interno del quale il partito
di maggioranza relativa,la DC, – uno tra i più corrotti di tutta l’Europa
occidentale – manterrà la propria autorità attraverso le alleanze con i partiti
laici minori (PLI, PRI, PSDI) e, dai primi anni Sessanta in poi, grazie al
sostegno del PSI che aderirà a quella formula di centro-sinistra riformista e
progressista che continuava ad escludere i comunisti dall’area di governo.
L’esclusione del PCI dal potere centrale (ai
comunisti venne concessa l’amministrazione di importanti regioni soprattutto
nell’Italia centrale dove più forte era la loro base elettorale ma dove si
sarebbero concentrate anche importanti unità militari nazionali e NATO)
rappresentò una costante che caratterizzerà tutta la politica italiana da allora
sottomessa alle volontà provenienti dagli Stati Uniti in una posizione di
sottomissione propria di una sorta di protettorato neo-coloniale con una casta
di politici servili alle direttive provenienti dai centri studi d’oltre
Atlantico e dalle amministrazioni al potere a Washington.
"L’importanza di tener lontani i comunisti dal
governo in Italia – scrive Philip
Willan – non era solo determinata
dalla presenza nel paese delle basi militari Nato o dalla sua posizione
strategica. Il trattato di Yalta del 1945 aveva sancito la divisione dell’Europa
in due blocchi geopolitici. Molti opinionisti in Italia attribuiscono il
mantenimento di un tacito accordo tra le superpotenze circa la libertà di
controllo sulle aree di reciproca influenza proprio a quella che chiamano
"logica di Yalta". Gli americani, secondo questa interpretazione, non avrebbero
interferito nell’invasione sovietica della Cecoslovacchia e dell’Ungheria e,
conseguentemente, non avrebbero tollerato l’ingresso di un partito comunista nel
governo di un paese occidentale. (…) Quando alla fine degli anni Settanta si
avanzò l’ipotesi di una coalizione di governo tra democristiani e comunisti, il
governo sovietico e quello americano si allertarono, anche se per motivi
diversi: i sovietici infatti preferivano che il Pci restasse all’opposizione,
piuttosto che vederlo allineato con l’ideologia occidentale in un governo di
coalizione".
Saranno proprio la fobia statunitense nei
confronti di un possibile ingresso comunista nelle stanze del potere che
susciterà fin dall’immediato dopoguerra una serie di misure di stretto controllo
sulla vita politica italiana e un’ingerenza da parte dei servizi di sicurezza
americani che si farà, mano a mano che crescerà la tensione politica, sempre più
evidente. Sarà la CIA, coadiuvata dai nostri servizi di sicurezza civili e
militari, la principale responsabile di quella strategia della tensione
che interesserà un arco temporale che dalla fine degli anni Sessanta traghetterà
il paese fino alla metà degli anni Ottanta in un clima di instabilità
politico-economica, violenza politica, stragi e attentati che – come scrive
correttamente lo stesso storico britannico – hanno rappresentato "l’attacco
terroristico più violento e traumatico di qualunque altro paese dell’Occidente
europeo, ad eccezione della Spagna e dell’Inghilterra. Fino al 1987 le stragi
terroristiche hanno provocato la morte di 356 persone e il ferimento di oltre
1000: questo in un paese confinante con uno stato comunista, la Iugoslavia, che
occupa una posizione strategica di dominio nel Mediterraneo e con il Partito
Comunista più forte dell’Europa occidentale"
L’origine di questa vera e propria fobia
anticomunista, che avrebbe provocato nei decenni seguenti le strategie della
tensione e alimentato la violenza politica nel paese, è da ricercarsi nelle
ultime fasi del conflitto mondiale quando Washington iniziò a reclutare –
tramite i suoi agenti dell’Ufficio per i servizi speciali (OSS), i precursori
dell’odierna CIA – per i propri interessi e la propria strategia post-bellica ex
esponenti della RSI.
L’intera struttura informativa della RSI passò
quasi in massa al fianco degli anglo-americani fin dal marzo 1945. Altri
esponenti di primo piano del regime fascista costituito da Mussolini nel nord
del paese sarebbero stati reclutati e salvati da agenti di Washington.
Gli americani compresero perfettamente la
necessità di usufruire di quanti più alleati possibili nell’immediato dopoguerra
perciò dopo aver reclutato i principali capi della mafia (fatti rientrare nel
paese dopo lo sbarco in Sicilia dell’estate 1943) vennero attivati i canali
della potente massoneria americana per riportare in vita le logge e ridare
lustro e nuova linfa vitale ai fratelli tre puntini in Italia.
"Agli inizi del 1947 – ha scritto Wolfgang Achtner
sul "Sunday Independent" dell’11 novembre 1990 – gli Stati Uniti stavano
formando una rete clandestina in Italia settentrionale".
Probabilmente non si trattava ancora di quella
organizzazione che decenni dopo sarebbe stata rivelata dal premier Giulio
Andreotti essere "Gladio" ma le intenzioni degli uomini dei servizi di sicurezza
americani erano chiare per tutti i paesi dell’Europa occidentale.
Secondo quanto riportarono numerosi documenti l’ex
capo della CIA, Allen Dulles, aveva progettato la costituzione di reparti
segreti addestrati alla guerriglia anti-comunista con l’appoggio di tutti i
governi europei alleati. Ne furono pertanto informate le principali autorità
politiche che dovevano garantire una sufficiente copertura ad un’operazione
under-cover gestita da personale NATO coadiuvato dai reparti militari più fedeli
e disciplinati presenti nei diversi paesi europei.
Il quotidiano tedesco "Die Welt" sostenne che i
servizi di sicurezza occidentali crearono in proposito una speciale commissione
che aveva il compito di soprintendere questo genere di apparati.
La rete segreta era costituita da personale civile
di dichiarata fede anticomunista.
Secondo quanto dichiarato dall’ex ministro della
Difesa italiano, Paolo Taviani, durante il periodo in cui rimase in carica
(1955-1958) i servizi segreti italiani era comandati e finanziati dai "ragazzi
di Via Veneto" – dagli agenti della CIA presso l’ambasciata USA nel cuore della
capitale – sottolineando l’assoluta sottomissione dei nostri servizi
rispetto ai loro colleghi d’oltre Atlantico.
Gli americani in Italia reclutarono tutte le forze
ostili al comunismo per inserirle all’interno di una loro strategia di
contenimento: estremisti di destra, ex appartenenti alle formazioni militari
della RSI così come molti partigiani ‘bianchi’ delle forze della Resistenza che
rifiutavano l’ideologia totalitaria comunista, esponenti dell’industria e della
finanza, massoni e appartenenti alla mafia e ad altre organizzazioni malavitose
vennero cooptati dagli agenti della CIA e utilizzati per contenere l’avanzata
delle sinistre.
In occasione della campagna elettorale italiana
dell’aprile 1948 gli USA ebbero un validissimo aiuto anche dalla Chiesa
cattolica che si gettò anima e corpo nella nuova "crociata" anti-comunista
sostenendo, com’era logico d’altronde, senza riserve la Democrazia Cristiana da
allora e per quasi cinquant’anni partito di massa d’ispirazione clericale e
baluardo di un anti-comunismo allineato con le strategie statunitensi.
Il "Piano Solo" si inserisce in questo clima di
tensione crescente e all’interno della formazione da parte statunitense di
organizzazioni paramilitari parallele sotto l’egida NATO alle quali, in Italia,
venne dato il nome di "operazione Gladio" sezione italiana di una rete di
strutture anti-comuniste dislocate nei principali paesi dell’Alleanza Atlantica
dell’Europa Occidentale e noti come strutture dell’apparato militare "Stay
Behind".
Il Generale britannico, Sir Anthony Farra-Hockley, ex comandante in capo delle forze NATO per il settore dell’Europa
settentrionale, disse che era a conoscenza che in Italia era stato istituito una
specie di servizio segreto clandestino con l’aiuto di agenti britannici e della
CIA americana che lo finanziarono. La sezione italiana della rete era nota come
Operazione Gladio.
La stessa fonte rivela che "Gladio era il nome
dato alla sezione italiana di una rete con l’innocuo nome ufficiale di
Commissione di coordinamento alleata, istituita con l’assistenza britannica
dalla CIA negli anni ’50".
L’affaire del golpe militare progettato
dall’Arma dei Carabinieri venne alla luce nella primavera del 1967 quando il
settimanale "L’Espresso" pubblicò una serie di rivelazioni sui preparativi di un
colpo di Stato che sarebbe dovuto avvenire nell’estate del 1964 all’epoca in cui
l’Italia stava per decidere uno slittamento verso sinistra con l’entrata dei
socialisti nel governo.
La vicenda del Piano Solo è indicativa e
rappresenta un nodo fondamentale per comprendere gli esatti rapporti di
sudditanza esistenti tra le forze armate ed i servizi segreti della Repubblica
nata dalla Resistenza ed i loro padroni a stelle e strisce.
Nel gennaio 1969 venne istituita una commissione
parlamentare d’inchiesta per accertare, secondo le indicazioni contenute nei
passaggi finali della Commissione Lombardi, se le iniziative prese e le misure
adottate in relazione agli eventi della primavera-estate del 1964 dall’Arma dei
Carabinieri dovessero essere ritenute in contrasto con le disposizioni vigenti e
con gli ordinamenti della Costituzione.
Il principale riferimento per la Commissione
parlamentare fu rappresentato dalla relazione del Gen. Beolchini il quale rivelò
come, presso l’ufficio "D" del SIFAR fosse stata commissionata dall’allora Gen.
De Lorenzo l’apertura e la stesura una serie di fascicoli personali che, a
partire dal 1959, raggiunsero negli anni seguenti la ragguardevole cifra di
157mila dei quali 34mila dedicati ad esponenti del mondo economico, a politici e
a quelle categorie ritenute di interesse strategico per i nostri servizi segreti
militari.
Le indagini della Commissione misero in luce che
il Gen. Giovanni De Lorenzo aveva esteso il suo programma di sorveglianza del
mondo politico, economico e finanziario italiano allo scopo di identificare i
sospetti simpatizzanti di sinistra che, secondo le direttive impartite ai
vertici dell’Arma in quella primavera-estate del ’64, avrebbero dovuto essere
arrestati e quindi trasportati e incarcerati in campi di concentramento
predisposti sull’isola della Sardegna.
Stando quanto dichiarò all’epoca il Gen. De
Lorenzo, capo dei carabinieri all’epoca del tentato golpe, questa attività di
spionaggio era stata richiesta e veniva passata per la supervisione all’Ufficio
Sicurezza della NATO, ufficio preposto a decisioni fondamentali quali, per
esempio, il rilascio del NOS (Nulla Osta Sicurezza) concesso o meno ai
responsabili di governo che si alternavano frequentemente alla guida di un paese
instabile dove una corrente della DC sembrava propensa ad accordi con i
comunisti.
De Lorenzo interrogato in merito al suo lavoro di
schedatura indiscriminata di gran parte della classe politica e industriale del
paese risponderà che "la questione dei fascicoli è una questione di sicurezza
del Patto Atlantico" e come tale venne trattata ossia mediante l’estensione
all’intera vicenda del Segreto di Stato.
I nominativi dei futuri enucleandi in
Sardegna tra gli esponenti ed i simpatizzanti della sinistra non vennero mai
resi noti all’opinione pubblica.
In merito ai fascicoli del Sifar riferì ai
magistrati il generale Antonio Viezzer che di tutte quelle informazioni vennero
raccolte dai servizi nel periodo 62-63 furono fatte lunghe sintesi: "Dette
sintesi – affermò Viezzer – furono inviate dal generale Giovanni Allavena
(all’epoca capo dell’Ufficio "D" del Sifar ndr ) al generale De Lorenzo
che all’epoca era comandante generale dell’Arma dei Carabinieri". Accadde
però che "Tali sintesi in copia originale inviate a De Lorenzo non sono state
più rintracciate". E, fatto ancor più stupefacente, ricomparvero e fecero
ancora parlare di sé quando i magistrati decisero la perquisizione presso la
Villa del Gran Maestro Venerabile della Loggia Propaganda 2 (P2) Licio Gelli a
Castiglion Fibocchi che le utilizzerà per tutto il decennio dei Settanta per
ricattare l’intera classe politica italiana e aumentare considerevolmente la sua
influenza sulla scena politica e industriale nazionale.
"Se si pensa – scriverà Pietro Calderoni – che
il gen. Allavena, già capo dell’Ufficio ‘D’ del Sifar, vice di Viggiani, come
lui "creatura" di De Lorenzo, e già capo dei centri "CS" di Roma risulterà
iscritto alla P2, e che fu lui a formare le liste degli "enucleandi" nel "piano
Solo", l’intera vicenda risulterà chiarita. Ne deriva che l’illegittima
continuità tra Sifar, comando generale dell’Arma, P2, fu solo alla base delle
fughe di fascicoli e dei conseguenti ricatti e condizionamenti su ambienti
politici e militari che contrassegneranno quella che la Commissione parlamentare
d’inchiesta sulla Loggia P2 definirà la "resistibile ascesa" di Gelli a
posizioni di potere di impressionante spessore e vastità".
Inoltre secondo quanto scrisse il giornalista
Roberto Faenza in un suo resoconto dettagliato sull’influenza americana nel
nostro paese una copia dei dossier del Sifar venne depositata nel quartier
generale della CIA a Langley in Virginia. Faenza cita un cablogramma che attesta
il ricevimento "dal nostro corrispondente presso i servizi segreti italiani"
dei rapporti sui leader politici "in osservazione".
L’operazione di spionaggio elaborata dal gen. De
Lorenzo coinvolse anche numerosi prelati, vescovi e preti delle diverse diocesi
e perfino il papa Giovanni XXIII.mo il quale andò su tutte le furie quando venne
a conoscenza che il Sifar aveva piazzato dei microfoni negli appartamenti
vaticani.
L’intera vicenda dei dossier Sifar andò avanti per
anni con il beneplacito della presidenza della Repubblica e venne commissionata
a De Lorenzo dall’allora capo della CIA William Colby.
A quanto risultò alla Commissione parlamentare la
ricerca delle notizie per la compilazione dei fascicoli era stata realizzata
violando sistematicamente il principio della stessa libertà personale attraverso
pedinamenti, teleobiettivi, controlli clandestini della corrispondenza privata e
delle comunicazioni telefoniche.
Quando oggi è cosa nota l’esistenza di strutture
spionistiche satellitari su scala planetaria quali il complesso programma
ECHELON non deve stupire che l’Italia della fine anni Cinquanta fosse già un
campo di sperimentazione per questo genere di attività alle quali diedero
alacremente il loro contributo i servizi di sicurezza civili e militari
italiani.
Che la struttura segreta denominata Gladio non
fosse un mistero per gli alti vertici militari italiani e gli ambienti dei
servizi di sicurezza – i quali erano tenuti a risponderne in ambito NATO – si
deduce anche dalle dichiarazioni rilasciate da diversi ufficiali nel corso di
inchieste della magistratura italiana o di indagini parlamentari.
Così si esprimerà in proposito lo stesso Gen. De
Lorenzo: "Esiste, presso lo Stato
maggiore della Difesa, a latere del Sifar, l’Ufficio sicurezza del Patto
Atlantico che garantisce la sicurezza dei funzionari cioè di tutti coloro che
vogliono svolgere un certo lavoro…Questo ufficio di sicurezza, che deve reperire
queste notizie, fa capo all’Arma dei Carabinieri, che svolge le indagini. Queste
indagini vengono fatte affluire o all’Ufficio centrale o agli uffici
ministeriali con le considerazioni adeguate. Sulla base di queste considerazioni,
se sono favorevoli, si dà il nulla osta di sicurezza"
Analogamente si espresse il Gen. Vito Miceli, per
anni capo del Sismi – i servizi militari – in occasione del processo nel 1977
per il tentato golpe Borghese del dicembre 1970:
"C’è, ed è sempre esistita, una particolare
organizzazione segretissima, che è a conoscenza anche delle massime autorità
dello Stato. Vista dall’esterno, da un profano, questa organizzazione può
essere interpretata in senso non corretto, potrebbe apparire come qualcosa di
estraneo alla linea ufficiale"
Miceli sostenne che le sue attività rientrassero
nei compiti istituzionali.
Un altro esponente delle forze armate chiamato a
rispondere davanti alla Magistratura di progetti eversivi, il Ten. Col. dei
servizi segreti militari Amos Spiazzi, dopo aver confessato di aver preso parte
ad una cospirazione di destra guidata da un’organizzazione denominata "Rosa dei
Venti" (simbolo ufficiale dell’Alleanza Atlantica) così rispose al giudice che
gli chiese se avesse o meno ricevuto l’ordine di allertare gruppi irregolari di
sostegno alle forze armate nel giugno 1973:
"Ricevetti un ordine da un mio superiore militare,
appartenente all’organizzazione di sicurezza delle forze armate, che non ha
finalità eversive ma si propone di proteggere le istituzioni contro il marxismo.
Questo organismo non si identifica con il Sid, ma in gran parte coincide con il
Sid".
Dunque in linea generale tutti i
principali
protagonisti, esponenti di primo piano delle FF.AA o dei servizi,
chiamati a
rispondere circa l’esistenza di un organizzazione segreta militare
confermarono
che si trattasse di qualcosa di pienamente istituzionale e direttamente
collegata ai vertici NATO ed a conoscenza delle massime autorità
politiche come, d’altronde, confermò pienamente il premier Andreotti
quando nell’autunno 1990
decise di rivelare all’opinione pubblica italiana l’esistenza di Gladio.
Le cosiddette "unità di supporto" irregolari erano
rappresentate dai coloro che, molti anni più tardi, la stampa italiana conobbe
con il nome di ‘gladiatori’.
"Il reclutamento di unità di supporto irregolari –
scrive Philip Willan – è un tema ricorrente negli scandali dei servizi
segreti: attraverso tali unità si arriva poi agli agenti infiltrati e alla
manipolazione del terrorismo. Una delle persone coinvolte nel reclutamento era
il colonnello Renzo Rocca, direttore dell’ufficio controspionaggio industriale
del Sifar, l’ufficio perla Ricerca economica e industriale (Rei). La commissione
parlamentare d’inchiesta per lo scandalo Sifar appurò che Rocca usava i fondi
dei servizi segreti e altri contributi di industriali per reclutare persone per
operazioni paramilitari, che venivano stipendiate come "informatori" dei servizi
segreti. "Tale reclutamento si rivolgeva soprattutto ai carabinieri e agli ex
marinai in congedo, ma si estendeva anche ad altri gruppi di "ragazzi di
avventura", che avrebbero dovuto fungere da provocatori", chiariva la relazione
di minoranza. Le attività di Rocca erano seguite attentamente dalla Cia. Secondo
Faenza, il capo della sede romana William Harley spinse il colonnello a
destabilizzare i tentativi di Moro di raggiungere un’intesa coi socialisti.
Harvey suggerì a Rocca di usare gli "squadroni d’azione" per "compiere attentati
contro le sedi della Democrazia Cristiana e di alcuni quotidiani del nord, da
attribuire alle sinistre". Faenza affermò inoltre che Harvey era in possesso di
liste contenenti più di 2000 nomi di esponenti di destra appartenenti a gruppi
paramilitari, che si erano disponibili per azioni anticomuniste. Rocca si
suicidò nel 1968, poco prima di essere interrogato dalla commissione
parlamentare. La sua morte fu uno dei misteriosi suicidi e incidenti che
ricaddero su coloro che erano a conoscenza delle attività più delicate dei
servizi segreti italiani. (…) I legami di Rocca con i servizi segreti spinsero
alcuni agenti a introdursi nel suo ufficio (presso la FIAT dov’era finito a
lavorare un anno prima ndr) per rimuovere certi fascicoli prima delle indagini
della magistratura. Secondo alcune voci sottrassero un dossier riguardante
l’attività di reclutamento esercitata da Rocca nel 1964. (…) Rocca non fu
l’unico in possesso di informazioni sullo scandalo Sifar a morire
prematuramente. Il 27 aprile 1969 l’ex capo dei carabinieri, generale Carlo
Ciglieri, che aveva commissionato un’indagine sugli eventi del 1964, morì in un
incidente stradale. Ciglieri guidava lungo un rettilineo poco fuori Padova
quando la sua macchina inspiegabilmente uscì di strada. Stranamente non venne
ritrovato alcun documento utile alla sua identificazione e le fotografie
scattate sul luogo dell’incidente mostrarono l’esistenza di una busta, in
seguito scomparsa. L’uomo cui Ciglieri aveva commissionato l’indagine era il
generale Giorgio Manes, morto in seguito a un infarto il 25 giugno 1969 poco
prima di testimoniare davanti alla commissione parlamentare".
Tra i compiti che Rocca svolse per conto del Sifar
vi fu anche il finanziamento dell’Istituto Alberto Pollio che organizzò nelle
giornate dal 3 al 5 maggio 1965 la conferenza tenuta all’Hotel Parco dei
Principi di Roma sulla "guerra rivoluzionaria" alla quale presero parte numerosi
esponenti del neofascismo italiano in particolare si ricordano i nomi di:
-
Guido Giannettini, giornalista e informatore dei servizi segreti, in seguito accusato di aver preso parte alla strage di Piazza Fontana del dicembre 1969;
-
Stefano Delle Chiaie, fondatore dell’organizzazione neofascista Avanguardia Nazionale;
-
Mario Merlino,
-
Enrico De Boccard, fondatore dell’Istituto Pollio;
-
Pio Filippani Ronconi, docente universitario già appartenente alla divisione italiana Waffen S.S.;
-
Pino Rauti, fondatore del centro studi "Ordine Nuovo"
-
Giorgio Pisanò, esponente del MSI milanese;
Di questi ultimi due, Rauti e Pisanò, sono
interessanti le ammissioni che vennero pubblicate in un libro-intervista apparso
a metà anni Novanta.
Alla domanda "lei crede che a un certo punto
l’estrema destra, pur di combattere contro il comunismo, sia scesa a patti,
abbia collaborato con lo Stato repubblicano e antifascista? Rauti
risponderà: "Si. Ha collaborato, più o meno sottobanco, e in certi momenti
soprattutto sottobanco. (…) Io stesso sono stato coinvolto in rapporti coi
militari. Scrivendo, insieme a Edgardo Beltrametti, l’opuscolo "Le mani
rosse sulle forze armate", commissionato dal generale Giuseppe Aloia"
Mentre Pisanò alla domanda su chi avrebbe messo le
bombe a Piazza Fontana risponderà: "Il ministero degli Interni. L’ufficio
affari riservati del Ministero degli Interni. (…) …questa gente aveva studiato
una strategia: noi mobilitiamo qualche scriteriato a destra e qualche
scriteriato a sinistra, gli facciamo mettere qualche bombetta qua e là, un po’
di colore rosso e un po’ di colore nero, montiamo la stampa e dimostriamo che se
non rafforziamo di nuovo il centro, gli opposti estremismi prendono il
sopravvento. E allora cominciarono le bombe sui treni e così via, senza
provocare morti" E, all’intervistatore che gli faceva notare che i morti a
Piazza Fontana ci furono replicherà: "Si ma fu un errore. Quel giorno le
bombe nelle banche furono tre, due a Milano e una a Roma e altre bombe vennero
messe all’Altare della Patria. Scoppiarono tutte dopo le 16.30, orario di
chiusura delle banche, e le due all’Altare della Patria erano messe in un punto
tale da non nuocere a nessuno. Insomma non si voleva uccidere. Ma chi mise
quelle bombe non sapeva che quel giorno una banca, una sola banca in tutta
Italia, sarebbe rimasta aperta oltre il normale orario di chiusura: la Banca
Nazionale dell’Agricoltura di piazza Fontana a Milano". Andando poi oltre ed
attaccando Franco Freda: "Freda…eh io li ho difesi tutti a spada tratta ‘sti
fessi, anche se non lo meritavano. Freda è quel cretino che fornisce i timer. Ma
attenzione: Freda non sapeva che i timer sarebbero stati usati per fare una
strage. (…) Ho fatto carte false per dimostrare che Freda con i timer non
c’entrava niente, ma la verità è questa. Freda cascò in un trappolone. Fornì i
timer senza sapere a cosa servivano" Sentenziando infine che "Nelle
stragi ci sono solo imbecilli italiani".
Imbecilli più o meno consapevoli o criminali poco
cambia. Soprattutto perché affatto imbecilli furono – e piuttosto consapevoli –
coloro che diedero vita al piano Solo.
Un piano di emergenza per l’ordine pubblico di cui
il Ministro della Difesa, con una nota del 12 maggio 1969, informò le autorità
della magistratura.
I documenti relativi al piano per l’ordine
pubblico e la sicurezza nazionale che prevedevano l’impiego di reparti della
sola arma dei carabinieri erano contenuti in quattro minute. Più precisamente,
come si evidenziò, la prima era costituita da un quaderno manoscritto a penna
redatto dal Comando della Divisione Carabinieri "Pastrengo" di Milano, con
giurisprudenza per l’Italia settentrionale. La minuta risulterà manoscritta
dall’allora Colonnello dell’Arma Mingarelli all’epoca responsabile dell’Ufficio
di capo di Stato maggiore della divisione. E’ firmata dal generale di divisione
Markert e munita di timbro tondo ed intestata come "Pianificazione
riservatissima – Progetto Generale".
Il Colonnello Mingarelli sarà pesantemente
coinvolto dieci anni più tardi – nel 1972 – nella manipolazione delle indagini
sulla strage di Peteano.
La seconda minuta, costituita dalla fotocopia di
19 fogli manoscritti, risultò redatta dal comando divisione carabinieri
"Podgora" di Roma, con giurisdizione sull’Italia centrale oltre che sull’Emilia
Romagna e la Sardegna. Laminuta risultò manoscritta dall’allora ten. col.
dell’Arma Bittoni, all’epoca capo di Stato maggiore della divisione. E’
intestata "Piano Solo del comando II divisione Carabinieri Podgora".
La terza, costituita da 28 fogli sciolti, risulta
redatta dal comando della divisione carabinieri "Pastrengo" e contiene una bozza
di pianificazione per la sola città di Roma anch’essa redatta dal col. Bittoni
con allegate due mappe della capitale. E’ intestata "Traccia per la compilazione
del progetto Solo".
Infine la quarta minuta, costituita da 32 fogli
dattiloscritti, risulta redatta dal comando carabinieri divisione "Ogaden" di
Napoli con giurisdizione su tutta l’Italia meridionale. E’ intitolata "Piano per
il mantenimento dell’ordine costituito nel territorio dello Stato". A quanto
risulta dagli atti d’inchiesta parlamentare l’allora comandante dell’Ogaden,
gen. Celi, incaricò il col. Romolo Dalla Chiesa di predisporre "uno studio
inteso a vedere come l’Arma, nella nostra giurisdizione, avrebbe potuto far
fronte a sovvertimenti" (dalla deposizione resa dallo stesso Dalla Chiesa
alla Commissione d’inchiesta).
Secondo quanto affermato dal ministro della Difesa
non esistevano altri originali delle minute in questione mentre per quanto
riguardava lo schieramento delle forze dell’Arma, la consistenza dei reparti,
le procedure esecutive del piano Solo rimaneva in vigore il segreto militare.
Venne ovviamente respinta anche la richiesta di
ottenere le liste degli enucleandi appartenenti al PCI che furono distribuite
nella primavera-estate 1964 ai comandi di divisione dell’Arma.
Il meccanismo di approntamento del piano si mise
in movimento su impulso del generale De Lorenzo. "Il gen. Picchiotti, capo di
Stato maggiore del comando generale, ricevette in tal senso un ordine dal
comandante generale (…) E’ lo stesso Picchiotti ad affermare che,
successivamente alla riunione del 25 marzo dei comandanti di divisione, a
seguito della quale verranno predisposti gli appunti rinvenuti, egli ebbe a
convocare i tre capi di Stato maggiore delle divisioni "presenti alcuni
ufficiali del Sifar" per impartire, su ordine di De Lorenzo, disposizioni per
l’aggiornamento del piano per la tutela dell’ordine pubblico. – scrive
Calderoni – Per le azioni di
aggiornamento, fu incaricato il col. Tuccari…(…) Nel corso della riunione, venne
accettata la proposta del ten. col. Mingarelli di riunire i piani di "emergenza
speciale" preparati dai prefetti con il concorso dell’Esercito, dei Carabinieri
e della Pubblica Sicurezza del 15-11-1961 (circolare Vicari), adattandole agli
scopi della pianificazione da apportare ed in particolare alle previsioni del
"Solo" impiego dell’Arma dei Carabinieri. Lo schema predisposto dal Tuccari
costituisce l’ossatura del "piano Solo" che prevedeva un insieme di azioni
difensive ed offensive, tra cui le difese delle caserme, l’occupazione della
sede della RAI-TV, delle centrali telefoniche e telegrafiche, di sedi di partito
e di giornali, con il fermo degli "esponenti più in vista" il conseguente loro
concentramento e trasporto. Era anche prevista l’occupazione del Quirinale e di
Palazzo Chigi, allo scopo di "impedire che cadano nelle mani dei rivoltosi". (…)
E’ noto come, nel momento più delicato di tensione nel nostro Paese, venne
sottoscritto l’accordo di governo tra democristiani e socialisti che segnò la
fine della crisi, con l’accantonamento del "piano Solo" e la distruzione delle
liste"
L’allora Presidente della Repubblica, Antonio
Segni, era a conoscenza del piano che, peraltro, prevedeva l’eliminazione di
alcuni esponenti della sinistra democristiana in particolare circolò con
insistenza il nome di Aldo Moro (ci penseranno le sedicenti Brigate Rosse
quattordici anni dopo a portare a termine l’incombenza stabilita evidentemente
oltre Atlantico ai più alti livelli dell’establishment statunitense).
Il piano golpista avrebbe dovuto trasferire il
potere esecutivo nelle mani di una coalizione di centro-destra di cui avrebbe
potuto essere nominato premier il democristiano Cesare Merzagora. Il golpe,
cancellato all’ultimo momento, rappresenterà da quel momento e per tutto il
decennio successivo un’opzione alla quale tenderanno interessati ambienti
politici, industriali e militari come si evidenzierà nitidamente solo sei anni
più tardi con il tentativo di colpo di Stato patrocinato dal comandante Junio
Valerio Borghese e successivamente con altre iniziative analoghe che avrebbero
aumentato la tensione politica e l’instabilità della società italiana.
Lasciamo la ‘chiosa’ finale alla firma di un
blogger che, su un sito informatico della rete, ha lucidamente osservato:
"Tali complessi ma affascinanti argomenti, di cui mi sono limitato a fornire una
panoramica chiara e sintetica, ma non certo esaustiva, sono stati trattati con
estrema serietà dal dottor Daniele Ganser, storico svizzero e capo del gruppo di
ricerca presso il Centro per gli Studi sulla Sicurezza dell’Istituto Federale di
Tecnologia (ETH) a Zurigo, autore del libro "NATO’s Secret Armies –
Operation Gladio and Terrorism in Western Europe"( Gli eserciti segreti della
NATO – Operazione Gladio e terrorismo in Europa Occidentale). Ganser si
propone in particolare con la sua opera di definire con precisione il ruolo di
"Stay Behind" nel contesto storico europeo sottolineandone la finalità politica
di opposizione al rafforzamento del comunismo interno all’occidente, per timore
di un collasso del blocco americano stretto da forze antagoniste esterne ed
interne. Ganser ipotizza infine scenari inquietanti costruendo un
parallelo fra la realtà della Guerra Fredda e l’epoca a noi contemporanea,
affermando: "La lezione che possiamo trarre, se riportiamo la nostra esperienza
dalla Guerra Fredda alla situazione attuale, è che una strategia della tensione
è tuttora implementata, ma stavolta contro i Musulmani. Tutti sappiamo che
l’occidente dipende in larga parte dal petrolio, e si ha bisogno di un pretesto
per sviluppare operazioni in Iran, Irak ecc. Non possiamo semplicemente recarci
lì, ed invadere i loro territori, quindi abbiamo bisogno di pensare che stanno
cercando di ucciderci. Quindi è possibile che una strategia della tensione sia
in atto, nella quale i Musulmani stanno svolgendo il ruolo che i comunisti
avevano nella Guerra Fredda. Tuttavia è troppo difficile,tutto sta avvenendo in
modo velocissimo e ci sono pochi dati disponibili"
Come non pensare alle attuali "primavere arabe" ed
al ruolo di agent-provocateur per tutto il mondo islamico dall’organizzazione Al
Qaeda?
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