I morti della R.S.I. non sono mai stati considerati né soldati, né
esseri umani. Essi sono stati considerati il Male assoluto. Invece, tra
quei morti, ci sono stati padri di famiglia, fratelli, figli, donne che
non sono mai più tornati dai loro cari. Per essi morire in guerra o in
uno scontro a fuoco con i partigiani ha spesso rappresentato un onore
ma, a volte, anche una fortuna. Infatti i soldati della R.S.I. e le
Ausiliarie cadute in mano ai partigiani hanno subito fini orribili e
atroci torture che non potranno mai essere giustificate da alcun motivo,
politico, morale, civile o militare che sia. L’assassinio di queste
donne, che erano spesso delle giovanette di sedici o diciotto anni, è
stato perpetrato in circostanze assai crudeli, dopo violenze, stupri e
sevizie e dopo aver dovuto sfilare nude, con capelli tagliati a zero,
tra siepi di gente scatenata. Le Ausiliare erano soltanto
crocerossine...perchè nessuno le ha mai ricordate?
Fu l'indignazione per il tradimento badogliano dell'8 settembre 1943,
che vanificava il sacrificio dei Caduti e lo sforzo comune di più
generazioni, a provocare la reazione di un rilevante numero di donne, la
maggior parte giovani, e a spingerle ad una scelta non soltanto
politica ma a difesa dell'onore stesso d'Italia. Esse vollero dimostrare
in modo tangibile la loro ribellione all'ignobile tradimento consumato
il 3 settembre 1943 a Cassibile, in Sicilia, dove Badoglio firmò
all'insaputa dell'alleato tedesco l'armistizio con il nemico. Per rigore
storico precisiamo che il 5 dello stesso mese (nonostante l'armistizio
firmato) fu violentemente bombardata dalle "fortezze volanti", gli
enormi bombardieri angioamericani, la città di Frascati e che solo l'8
settembre gli italiani vennero a sapere dell'avvenuta resa.
Nel gennaio 1944 il giornalista Concetto Pettinato scrive su "La
Stampa" un appassionato articolo nel quale chiama a raccolta nell'ora
difficile e disperata le donne d'Italia.
A Milano, in Piazza S. Sepolcro, circa 600 giovani donne si radunano
spontaneamente e ribadiscono la loro volontà di partecipare in modo
attivo al conflitto, chiedendo di essere arruolate.
Situazioni analoghe si verificano in altri centri della Repubblica
Sociale italiana. Cominciano a costituirsi spontaneamente gruppi
femminili in servizio presso i Comandi Militari. Si va sempre più
concretizzando l'idea di un arruolamento volontario femminile nelle file
dell'Esercito Repubblicano.
A Torino l'insegnante Anna Maria Bardia raduna un gruppo di ragazze
che, dopo un corso di addestramento in una caserma di Moncalieri,
vengono impiegate nei reparti della Guardia Nazionale Repubblicana di
Frontiera (Confinaria), dando prova di disciplina, di serietà e di
attaccamento al dovere.
Anche la Decima Flottiglia MAS comincia ad inquadrare le sue
volontarie. i corsi dei Servizio Ausiliario della Decima, organizzati e
guidati da Fede Arnaud Pocek, furono tre (Sulzano, BS - Grandola, CO -
Coi di Luna, TV), per un totale di circa 300 ragazze.
Dai primi dell'aprile 1944 è in svolgimento a Noventa Vicentina il
primo Corso Nazionale "Avanguardia" dell'opera Balilia, il cui
Presidente, Generale Renato Ricci, è un convinto assertore
dell'arruoiamento femminile nelle Forze Armate.
Seguiranno altri due corsi nazionali: "Ardimento" a Castiglione olona
e "Siro Gaiani" a Milano, quest'ultimo intitolato al milite della
G.N.R. falciato da una raffica di mitra esplosa dai partigiani mentre
essi tentavano di penetrare nell'edificio adibito ad accantonamento
delle allieve. Le ausiliarie uscite da questi tre corsi vengono
scherzosamente chiamate "Balilline" in quanto la loro età minima di
arruolamento è di soli 16 anni. In prevalenza, esse presteranno servizio
alla Guardia Nazionale Repubblicana.
Anche le "Balilline", come le sorelle maggiori, non esitano ad
abbandonare la casa, la scuola, gli affetti e le comodità della
famiglia. Scelgono, temperando l'esuberanza dell'adolescenza, una vita
di disciplina e di sacrificio, pur di poter essere anche loro utili alla
Patria.
La loro divisa è costituita da: giacca sahariana senza collo e gonna
pantaloni, entrambe di colore kaki, camicia nera, basco, e fregi della
doppia M della G.N.R. sulla fibbia dei cinturone di pelle e sul bavero.
Dal Memoriale della Vicecomandante Cesaria Pancheri
I volti si confondono nel ricordo. Balzano incontro in file serrate
come quando marciavano e sembravano un unico volto nel riflesso della
passione comune. Nel cuore hanno un solo nome: che racchiude in sé
dolore e ardimento, sofferenze e ribellioni: ausiliarie.
I nomi dei corsi sono come bandiere in raccolta, i nomi dei campi di
concentramento e delle prigioni sono i cartelli indicatori, attorno a
cui i volti emergono dalla nebbia del tempo.
Una fraternità creata da un anno di vita militare ha stretto le
volontarie del S.A. in una compatta unità, rendendo comuni le
sofferenze, i ricordi, le speranze. Oggi, la vita borghese ha
riassorbito le ausiliarie. Camminano nelle infinite strade del destino
inseguendo il sogno che spinge ognuno di noi a portare il fardello della
vita. Incontrandoci su queste strade non ci riconosciamo più. Abbiamo
smesso la divisa, orgoglio del soldato, e non c'è più nulla di esteriore
a rivelare la vita militare. Nel periodo dell'insurrezione, raminghe
portavamo su di noi ancora un'impronta del passato, quella che bastava a
farci, riconoscere anche se non eravamo compagne di corso.
Erano le scarpe che non avevamo potuto cambiare che tradivano una
comune origine, o le calze o quel modo strano di vestire gli abiti
borghesi, dopo un anno di grigioverde. E da quel particolare nasceva il
desiderio di rivelare l'identità. Salivi in tram e scrutavi i volti dei
vicini, i giornali che leggevano, pensavi che sarebbe andata bene anche
questa volta, ed ecco che al momento di scendere una ragazza si
avvicinava furtivamente e sussurrava: “Comandante, corso "18 Aprile",
corso "Roma", ed aveva un sorriso felice, un sorriso che voleva dire:
sono ancora qui, non sono riusciti a pescarmi”.
Era come incontrare un'oasi nel deserto, come bere a una fresca sorgente, quella dell'amicizia.
Hanno gettato fango e sangue sulle ausiliarie. Hanno odiato in esse
l'espressione del coraggio e della decisione in un periodo in cui molti
trovarono, nella vigliaccheria dello spirito, rifugio alla paura.
Non conoscevano le ausiliarie, non sapevano la forza di volontà,
l'entusiasmo e anche un pizzico di follia che faceva sfidare il destino e
che dava alla vita un senso, pauroso e dolce nello stesso tempo, e che
era per l'ausiliaria il viatico necessario in un mondo dove l'amore era
morto.
C'era una canzone delle ausiliarie che parlava dei loro vent'anni. Ma
molte ne avevano ancora meno. Avevano disertato i banchi della scuola
per essere presenti ad una scuola di sacrificio e di disciplina, avevano
chiuso i libri per leggere nel gran libro della vita una storia di
tradimento e di morte, dove i sogni non avrebbero trionfato nella
realtà. Ragazze adolescenti come Nadia, Lucia, Luciana e tutte le
allieve dei corsi dell'Opera Balilla di [Castiglionel Olona, Noventa e
Milano, si forgiarono nel duro addestramento militare, piegando
l'esuberanza alla disciplina, costituendo una sorgente di fresca
speranza. E molte avevano i segni degli anni sul volto e i segni del
lutto sulle vesti. Erano madri e spose di caduti. Vestendo la divisa
grigioverde esse rivivevano i sogni di gloria del figlio o del marito,
un povero sogno insidiato dal tarlo del disfattismo.
Intellettuali e donne del popolo avevano trovato nell'amore della Patria il cimento all'amicizia e alla solidarietà.
Era un amore purificatore che dissolveva le incrostazioni artificiose
della cultura per lasciare l'animo ardente. Nel richiamo scaturito
dalle profondità dello spirito c'era il comune senso della solidarietà.
Tutte le ausiliarie dalla comandante alla donna di fatica che puliva i
pavimenti avevano un solo fine: servire l'Italia.
Oggi, nella vita borghese, se un'ausiliaria ti passa accanto tu non
la conosci perché non ha lo zaino troppo gonfio, né il basco troppo
inclinato, o i capelli ribelli da riprendere. Così quando in una città
dell'Abruzzo mi avvicinai ad un'edicola per comprare un giornale, in
attesa del treno, il volto aureolato della fiammata dei capelli rossi
non mi disse nulla. Ma lei riuscì a mettersi sull'attenti anche nei
pochi decimetri quadrati di pavimento e balzò anche il suo nome dal
ricordo. Era l'ausiliaria emiliana, che ci aveva fatto ammattire con le
sue trovate, destinate a drammatizzare la vita monotona del Comando.
Quando vi era giunta era reduce da un brutta avventura. Era stata
catturata dai partigiani sull'Appennino e liberata da un reparto nostro.
Della prigionia aveva conservato un'impronta indelebile che prendeva
vita nei sonni agitati da incubi, in cui riviveva l'orrore della
cattura. Al Comando, dove era stata tenuta a riposo, si annoiava. Fu per
questo che un pomeriggio la sede del Comando fu scossa da
un'esplosione. Trovai la ragazza nell'atrio semisvenuta, attorniata da
un gruppo di compagne. Aprì gli occhi e li richiuse. Aveva raccontato di
essere stata aggredita da un partigiano, che le aveva lanciato una
bomba a mano. Uno spigolo del pilastro e del cancello mostrava una
sbrecciatura. Più tardi, sotto il torchio di un interrogatorio fatto
dalla comandante confessò di essere stata lei. Voleva mantenere il ruolo
di protagonista e non cadere nella folla anonima delle comparse.
Ridemmo ricordando il fatto. Ora vendeva giornali e sigarette alla borsa
nera e stava benone.
Sembrava una belvetta fulva in una gabbia troppo stretta.
La divisa rendeva simili le ausiliarie, dalla testa ai piedi tutto
era regolamentare, compresa l'inclinazione del basco, il famoso basco
“all'invasore” come lo definì un'ispettrice dei fasci femminili, non
troppo tenera verso di noi.
Era un mondo femminile difficile da guidare e capire, perché è sempre
difficile sondare l'impulso del sentimento piuttosto che quello della
ragione. In epoche in cui l'equilibrio si rallenta per il prevalere
delle passioni contrastanti, i contorni delle cose si deformano ed è
difficile cogliere l'essenza della realtà.
Il clima spirituale di queste ragazze era arroventato dal riflesso
delle passioni, che avevano diviso il paese. Esse erano intransigenti,
come la giovinezza, incapaci di comprendere i compromessi di cui la vita
è intessuta.
Era un mondo dove metalli diversi cercavano, nel comune crogiuolo, un'unica tempra: la tempra che creò l'ausiliaria.
Ognuna recava un bagaglio di idee e d'illusioni, ognuna credeva nei
miracoli e disprezzava il buon senso come indice di debolezza.
Nel comando vedevano un organo burocratico, che creava difficoltà ai loro piani, che gettava acqua sulle loro passioni.
Ed era anche un cospirare continuo, un brontolare affettuoso, il
tradizionale malcontento della “naia” contro gli uffici dei comandi.
Ausiliarie strampalate inviavano piani che avrebbero dovuto mettere
in sesto qualche servizio della repubblica. Altre, nell'entusiasmo verso
i soldati, chiedevano di raggiungere il fronte e magari trascinate dal
loro sogno, abbandonavano il posto per raggiungerlo. Poi erano fermate
sotto l'accusa di diserzione e il tribunale militare applicava come
punizione proprio quello che desideravano: il fronte. E allora colloqui
con i generali per spiegare che le ausiliarie disertavano per
raggiungere il fronte e che quindi bisognava punirle diversamente per
l'indisciplina.
E tra le ausiliarie c'erano comandanti inquiete a cui non bastava la
responsabilità del comando, ma spiravano a realizzazioni più ampie.
Rimproveravano al comando un'azione senza voli di fantasia, non
approvavano la selezione degli elementi, il controllo dei requisiti,
avrebbero aperto le fila a tutte coloro che lo richiedevano perché
consideravano la partecipazione alla guerra una catarsi rigeneratrice.
La “Stampa” di Torino iniziò un attacco dicendo che il Comando generale
aveva una concezione monacale del S.A., mentre decine di migliaia di
donne avrebbero potuto entrare nei quadri del S.A. Ispiratrice
dell'articolo era stata una comandante che univa ad un ingegno brillante
un pizzico di spavalderia. Furono anche le sue insistenza a porre il
problema dei nuclei di assistenza presso le divisioni al fronte. E molte
erano, come lei, pronte allo sbaraglio e insofferenti a ogni voce di
prudenza.
Esse credevano di non essere capite, ma c'era invece a frenare
l'impulso quel sentirsi arbitri di decisioni che potevano mutare i
destini.
E c'erano le ausiliarie che ovunque vedevano il tradimento, il
disfattismo, la sfiducia e invocavano interventi, che non avvenivano per
l'impossibilità di agire in base a semplici intuizioni, anche se in
tutti era la convinzione che molte cose andassero a rovescio per il
tradimento annidato negli stessi comandi militari. Ma se esistevano
contrasti essi erano aperti e non scavavano abissi tra noi, eravamo una
famiglia, dove il vincolo del sangue era sostituto dallo spirito di
corpo. Scambiavamo le scarpe in buone condizioni con quelle a buchi
delle ausiliarie in partenza. In ogni accantonamento cedevano la
brandina e dormivano per terra per ospitarci nelle ispezioni.
L'eroismo dell'ausiliaria non si è manifestato solo di fronte alla
morte, che non fu una libera scelta, non nella prigionia che fu
inevitabile, ma nel sopportare giorno per giorno la disciplina e la vita
dura, la gavetta e la branda, la vita incerta, i trasferimenti.
E tutto questo non avveniva tra il consenso della gente, tra il
festoso saluto del popolo, ma tra l'ostilità e la minaccia, con la
sensazione del pericolo sulle spalle. Un capo partigiano mi disse, dopo
l'insurrezione, che aveva sempre avuto terrore delle ausiliarie. Un
giorno che una lo aveva fissato per strada, concluse, il cuore gli batté
all'impazzata. “Se mi guardava ancora un pò sparavo”. E pensare che
forse lo guardava solo perchè era un bel ragazzo, non poteva leggere in
viso che era un partigiano. Quando glielo dissi ammise che poteva essere
così, ma loro ci pensavano a caccia di partigiani, mentre la realtà era
che loro cacciavano le ausiliarie. Eleganti, sorridenti, trovarono
l’amore tra i bombardamenti e le avventure. Quando le vedo nelle divise
attillate penso all’ausiliaria curva sotto il sacco da montagna, ferma
ai posti di blocco in attesa di un camion,sola con la sua fede contro
tutti. Forse anche l’amore è nato nella solitudine delle Alpi, o nelle
corsie di un ospedale, un amore tra disperati, senza avvenire. Storie di
ausiliarie fioriscono nella memoria.
Tutte ne hanno una da raccontare ai figli o ai nipoti. Alcune sono
diventate patrimonio comune di cui siamo orgogliose, tale è la storia di
M. Luisa. Viveva in una città oltre il Po, già conquistata dagli
alleati. Frequentava il liceo, ma il suo pensiero si rodeva nella vita
tranquilla pensando alla guerra che ancora continuava. L'odio per i
conquistatori e l'ansia di partecipare alla lotta ardevano nella sua
anima adolescente con tragica violenza. La guerra si era spostata
qualche chilometro verso nord, lasciando dietro di sé le tracce dei
combattimenti. M. Luisa volle raggiungere il territorio della
repubblica. Attraverso la radio sa che si combatte ancora, sa che vi
sono le ausiliarie. Sul tavolo vi sono i libri preparati per la scuola,
ma lei ha deciso di non andarci più.
All'alba esce sulla strada dove le macchine rombano senza riposo, portando i rifornimenti alle linee.
Un camion alleato rallenta. La solita faccia di negro si apre nel
sorriso come un cocomero spaccato. “Tu dove andare?” “Andare a A. a
trovare parenti”. Sale sul camion, il negro canta un ritmo bizzarro.
M. Luisa pensa al mondo chiuso dietro di sé, alla gentilezza del
negro, all'avvenire. Ad A., M. Luisa toccò il braccio del soldato: “Io
scendere qui”. A tre chilometri c'erano le linee. Il difficile era
passare. Una nebbia leggera copriva il terreno, gli alberi sembravano
galleggiare su un mare fluttuante, come fantasmi. Più in là una
sentinella piegò verso una casupola diroccata e vi entrò. La ragazza
continuò ad avanzare come un automa, col cuore che batteva furiosamente.
Il tempo non contava più nel terrore di non riuscire, quanto camminò?
Ore, minuti, forse, ma sembrarono secoli. Da una buca balza un soldato e
l'afferra. Ha un volto duro e spietato e urla: “C'è una spia”. Lei
singhiozza, ride, i soldati accorsi non capiscono. Dopo spiega
all'ufficiale che vuol andare a Milano ad arruolarsi: conosce il
generale Diamanti. Viene accompagnata a Milano. Il generale telefona al
Servizio ausiliario, l'indomani M. Luisa è allieva ausiliaria. Dopo il
corso riprende la strada per prestare servizio ad un posto di ristoro
verso le linee. Era una ragazza tranquilla, con qualche cosa d'infantile
nel viso, solo gli occhi avevano una ferma risolutezza, che le trecce
allungate sulle spalle non riuscivano a cancellare.
Tutte le ausiliarie ricordano Giovanna Deiana. Era rimasta cieca in
un bombardamento e aveva supplicato di essere accolta nel S.A.
Venne con una sorella più giovane. Attorno a sé rifletteva la
serenità del suo spirito non piegato dalla prova. Era come se vedesse
più profondamente di tutte. Quando Giovanna Deiana conversava col
tenente Infantino, cieco e mutilato delle mani, ospite talvolta delle
ausiliarie, sembrava di assistere ad un colloquio tra due anime, che
oltre il martirio della carne, vivessero negli spazi senza limiti dello
spirito.
Per essi s'era spenta la luce delle cose, ma splendeva dietro le pupille arse la luce della fede e della speranza.
La storia dell'ausiliaria Franca Barbieri, proposta per la medaglia
d'oro, è quella d'un soldato. Catturata dai partigiani, le viene offerta
la vita a condizione di passare nei ranghi delle loro formazioni.
L'ausiliaria rifiuta. Di fronte al plotone di esecuzione grida “viva
l'Italia” e cade sotto le raffiche dei mitra.
Il Servizio ausiliario aveva pochi mesi di vita, ma già un esperienza di dolore e di morte gravava lo spirito delle volontarie.
Le imboscate diradavano le fila, lasciando un senso di desolazione. I
nomi diventavano elenchi, freddi elenchi che riassumevano una tragedia.
La capogruppo Forni fu uccisa dai partigiani mentre tentava, con
mezzi di fortuna, di raggiungere il fratello ferito in un ospedale del
Piemonte. Fu trovata in un bosco crivellata di colpi.
L'ausiliaria F., del Comando di Novara, prese una breve licenza per
salutare la madre e la famiglia. Si recò al posto di blocco per trovare
un mezzo. Fu la macchina del prefetto Manganiello che diede un passaggio
alla ragazza. Ma non arrivò a destinazione. Il suo corpo seviziato e
irriconoscibile fu tratto dallo stagno in cui era stato gettato insieme a
quello del prefetto. Non rivide più sua madre. Incominciarono in
seguito le catture. La vita delle ausiliarie prigioniere dipese dal
caso, dalle vicende e dall'umanità dei partigiani. Non vi era legge di
guerra a salvaguardare il diritto del soldato. Era una guerra piena di
incognite.
La comandante di Novara con due ausiliarie fu catturata con un gruppo
di soldati in una stazione sulla linea Novara-Torino. Un gruppo di
partigiani assalì il treno. Soldati e ausiliarie sotto la minaccia dei
mitra dovettero scendere e seguire i partigiani verso la montagna.
Furono tolte le scarpe ai prigionieri, che camminarono scalzi, nella
notte, dormirono di giorno nei pagliai per riprendere la tragica marcia.
La notizia arrivò al comando suscitando dolore e sbalordimento. Poi
un giornale pubblicò la notizia della fucilazione. Una volta tanto la
notizia non era vera. Arrivarono invece le proposte dei partigiani per
lo scambio. Chiedevano 18 partigiani, ostaggi nelle carceri. Molti erano
in mano dei tedeschi. Pregammo il federale Porta, che ci pose a
contatto col generale Tensfeld a Monza.
I tedeschi mollarono quattro partigiani, otto i nostri, e lo scambio
si effettuò sulla base di 12. Le ausiliarie tornarono alla vita
sconvolte per aver assistito alla fucilazione di un volontario della
Nembo.
Esse subirono umiliazioni, furono schiaffeggiate, ma ritornarono
salve. Fu don Riva, il nostro cappellano, che andò a prenderle in
consegna.
Ripresero il loro posto. L'ultimo ostaggio fu costituito dalla
comandante della Spezia, una ragazza piena di coraggio, che voleva i
posti più avanzati e pericolosi. Fu fermata dai partigiani ad un posto
di blocco tra la Liguria e il Piemonte. Fu rimessa in libertà dopo
l'insurrezione. La cattura delle ausiliarie aveva messo in allarme gli
ambienti militari per le conseguenze che ne derivavano.
La richiesta degli ostaggi per lo scambio era in forti proporzioni. Il Comando proibì le licenze, raccomandò misure di prudenza.
Ma le ausiliarie non vollero costituire una preoccupazione.
Arrivarono in quei giorni, sempre più numerose, le lettere che dicevano:
“In caso di cattura prego il comando a non far passi per ottenere la
liberazione con lo scambio di ostaggi”.
Così erano, materia incandescente da cui si sprigionavano scintille di fede, bagliori di entusiasmo.
Così erano impastate di eroismo e di follia, in un mondo di compromesso e di malignità.
Così cantavano, e mai canzone fu cantata con tanta spavalda
consapevolezza, e mai canzone fu così vera. Fidanzate della morte,
suggellarono l'amore nel sangue perché durasse eterno.
Nelle sanguinose giornate dell' Aprile-Maggio 1945 il SAF è il
reparto dell'esercito repubblicano che, in proporzione ai suoi organici,
paga il più alto tributo di sangue alla causa della R.S.I..
Centinaia di ausiliarie vengono catturate, martirizzate, seviziate e massacrate.
MILANO - Dicembre 1944
Il discorso del Duce alle Ausiliarie
Savona marzo 1945
Ausiliarie delle Brigata Nere di Savona distribuiscono
generi di conforto
a Reparti di Bersaglieri lungo la riviera
ANGELINA MILAZZO
Angelina Milazzo, Medaglia
d'oro al VM, era un' Ausiliaria della Repubblica Sociale Italiana. Aveva solo
22 anni quando cadde a Garbagnate facendo scudo con il proprio corpo ad una
donna incinta già ferita, durante il successivo ripassaggio dell' infame "Pippo"
di turno. Il gesto le valse una copertina della "Domenica del
Corriere" del Febbraio 1945.
Nacque ad Aidone, un piccolo
paese a pochi chilometri da Enna, in Sicilia, il 18 aprile del 1922. Il padre,
Filippo Lucio, mutilato di guerra e decorato con Medaglia al Valor Militare, e
la madre, Nerina Bruno, gestivano un negozio di stoffe in centro. Sin da
piccola, Angelina Milazzo, guardava con fascino e ammirazione le imprese
compiute, dagli eroi e patrioti italiani, nella conquista dell’Unità d’Italia e
successivamente nel corso della Prima Guerra Mondiale con la vittoria
sull’esercito austro – ungarico. Con la Marcia su Roma, 28 ottobre del 1922, e
la presa di potere da parte del Regime Fascista di Benito Mussolini, Angelina
Milazzo, formò carattere e personalità grazie alla rigida e sana disciplina
culturale del fascismo. Dotata di rara intelligenza si iscrisse presso
l’istituto magistrale con l’obiettivo di diventare insegnate di scuole
elementari. In seguito alla mozione di Dino Grandi, il 24 luglio del 1943, che
determinava la caduto del Governo Fascista, l’arresto e la liberazione di
Benito Mussolini con la successiva nascita della Repubblica Sociale Italiana,
Angelina Milazzo, decise di abbandonare gli studi per arruolarsi, come
volontaria, nel Servizio Ausiliario Femminile e seguire così la strada
dell’Onore.
Già durante il corso di
addestramento, Angelina Milazzo si mise in evidenza come esempio per le sue
commilitoni per fede e disciplina. Terminato il periodo di addestramento, fu
assegnata al Comando del Sevizio Ausiliario Femminile di Vicenza ottenendo
subito una citazione all’ordine del giorno per la capacità e lo spirito di
iniziativa dimostrati nel portare a termine una difficile impresa. Intanto i
cacciabombardieri angloamericani aveva il compito di mitragliare e colpire
qualsiasi cosa si muovesse sul territorio. Arrivavano all’improvviso, in città
e nelle campagne, attaccando treni, corrieri, autovetture e persone.
L’obiettivo era di spezzare il morale alla popolazione civile italiana. Il 21
gennaio del 1945, Angelina Milazzo, durante un viaggio di servizio in treno,
nei pressi di Garbagnate, pochi chilometri da Milano, i cacciabombardieri
iniziarono a fare fuoco. I passeggeri del treno, prontamente fermato, cercarono
riparo nei prati lungo la linea ferroviaria. Una viaggiatrice, in stato di
gravidanza, cadde a terra e Angelina Milazzo, invece di cercare scampo,
sprezzante del pericolo si lanciò in soccorso della donna ferita, facendo scudo
con il proprio corpo. Nella scorreria dei mitragliatori, la giovane volontaria
del Servizio Ausiliario Femminile, fu colpita a morte da una scarica, salvando
con il suo sacrificio la vita di una madre. Il gesto le valse una copertina sul
giornale della Domenica del Corriere nel febbraio del 1945. Il Comandante di
Brigata del Servizio Ausiliario Femminile, Piera Gatteschi Fondelli, propose ed
ottenne, il conferimento della Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria di
Angelina Milazzo.
ELEONORA SOMMARIVA, AUSILIARIA X MAS ASSASSINATA A THIENE, IN UNA
IMBOSCATA, DAI PARTIGIANI, IL 29 APRILE 1945, A GUERRA FINITA. SEPOLTA A
MILANO, CAMPO X CAMPO DELL'ONORE, CIMITERO MAGGIORE
LE AUSILIARIE CADUTE
Questo elenco solo una parte dei nominativi delle ausiliarie
cadute, in quanto non è mai stato possibile giungere ad una
documentazione completa per quanto riguarda le ausiliarie uccise nelle
sanguinose giornate dell' Aprile-Maggio 1945. In questo elenco sono
incluse comunque le ausiliarie appartenenti alla Decima Flottiglia Mas,
alle Brigate nere, alle formazioni autonome e che dipendevano
direttamente dal Servizio ausiliario femminile(SAF).
Per dare un idea del martirio cui furono sottoposte tante ausiliarie,
rimaste ignote, e che vennero trucidate a Torino nei giorni conclusivi
del conflitto. I dati di queste autopsie swono stati desunti dal
registro apposito tenuto presso l' Istituto di Medicina Legale dell'
Università di Torino.
1 ALESSI INES Cervia 26/4/45
2 AMODIO ROSA Savona Agosto 45
3 ANNIBALI ROSA Venezia 26/7/44
4 ANTONUCCI VELLA caduta 1945
5 ARISTA ANNAMARIA Intra 7/1/45
6 AUDISIO MARGHERITA Nichelino 26/4/45
7 BACCHI ANNA Modena 6/4/45
8 BALDI IRMA Schio 7/7/45
9 BALDINI IRIDE caduta 1945
10 BALDUZZI NORMA Vercelli 29/4745
11 BANDINI-POZZI VIRGINIA Cambiasco 16/4/45
12 BADO Milano nel 1945
13 BARALE MARIA Cuneo 3/5/45
14 BARBIER FRANCA Aosta 27/7/44
15 BARDI CARLA 9/5/45
16 BARONI ANGELA Buia 7/11/44
17 BATACCHI MARCELLA Mongrado 3/5/45
18 BELLENTANI MARIA Modena 26/4/45
19 BELLISSIMO ANTONIETTA Milano 26/4/45
20 BENAGLIA LUCINDA Monfalcone Maggio 45
21 BENELLI BIANCA Modena 17/2/45
22 BIANCHI ANNAMARIA S. Maria Rezzonico 4/7/45
23 BLONDET ELENA Milano 29/4/45
24 BOCCHI-MORISI ITALINA Modena 16/3/45
25 BOERO CATERINA Alassio 27/4/45
26 BIONDO ANNAMARIA dispersa
27 BOFFELLI CLORINDA Crema 29/4/45
28 BONAGLIA GIUDITTA caduta 1945
29 BONINI BIANCA dispersa a Modena
30 BOSIA LIDIA Omeglia 7/5/45
31 BOSIO EMILIA caduta 1945
32 BRESSANINI CATERINA Milano 16/3745
33 BRESSANINI ORSOLA madre della precedente Milano 10/5/45
34 BIAMONTI ANGELA MARIA Savona Maggio 45
35 BRAZZOLI VINCENZA Milano 28/4/45
36 BRUSA ZELANDA Novara 15/2/45
37 BURRISER GIANCARLA Suno 30/1/45
38 BURZONI ADELE Casalpusterlengo 27/4/45
39 BURZONI MARIA sorella della precedente Casalpusterlengo 27/4/45
40 CALLAINI BRUNA Langosco 6/5/45
41 CAMORANI-MOLINARI EDA Lavagnola 25/4/45
42 CAMOTTO MARIA Torino 6/3/45
43 CARLINO ANTONIETTA Cuneo 3/5/45
44 CARPEGGIANI BRUNA caduta 1945
45 CASSOLO MARIUCCIA Palestro 8/4/45
46 CASTALDI NATALIA Cuneo 9/5/45
47 CASTELLINI GIULIA mirandola Aprile 45
48 CENTAZZO MARIA Venezia 26/7745
49 CHIAVAZZA MARIA Cuneo 3757$5
50 CHIANDRE RINA Graglia 2/5/45
51 CHIODI RAFFAELLA caduta 1945
52 COCCHI VITTORINA caduta 1945
53 COLOMBO CECILIA caduta 1945
54 COMETTO MARIA 3/3/45
55 CORTESI JOLE Arona nel 45
56 CONTE ADELINA Maggio 1945
57 CORPO MARGHERITA Vercelli 1945
58 CORRADI DEFAIS 23/3/45
59 CORNOTTO MARIA Marzo 45
60 COTTI MARIA Milano 29/4/45
61 CRAVERO AGNESE Torino 3/5/45
62 CROVELLI-MUTTI LUIGIA Casalpusterlengo 27/4/45
63 CRIVELLI JOLANDA caduta 1945
64 DE ANGELIS ITALA caduta 1945
65 DEGANI GINA Aprile 1945
66 DE NITO ANGELA Scandiano per malattia contratta in servizio 14/2/49
67 DE SIMONE ANTONIETTA Revine Lago nel 1945
68 DE VECCHI caduta nel 45
69 DHO LIDIA Mondovi 11/5/45
70 DE GLANDI GIUSEPPA Bergamo 28/3/45
71 DROVETTO LUCIANA Inverso Pinasca 7/4/45
72 FANANI DOLORES Treviso 30/4/45
73 FERRARI GIUSEPPINA Savona Gennaio 45
74 FERRARIS FLAVIA Novara 4/9/44
75 FERRI GABRIELLA Venezia Luglio 1944
76 FERRI GIULIA Milano 28/4/45
77 FERRONI MARIA caduta 1945
78 FIUMANA ERNESTA caduta 1945
79 FIENI LUIGIA 17/4/45
80 FIORAVANTI ROSA Cilavagna 28/2/45
81 FORLANI BARBARA Rosasco 6/5/45
82 FORNI ANNA Sezzzadio Febbraio 45
83 FORCELLLINI-BORTOLUZZI LEA Fagarè di Piave 24/3/45
84 FRAGIACOMO LIDIA Nichelino 26/4/45
85 FRIGERIO CAMILLA MARIA Pusiano 26/4/45
86 FRIZZON CATERINA Buia 7/11/45
87 GARZENI MARIA Graglia 2/5/45
88 GASTOLDI NATALINA Imperia 3/5/45
89 GAZZIOLA REGINA Venezia 26/7/44
90 GENESTRONI MICHELINA Fossano nel 1945
91 GIACOBBE MARGHERITA Orsara Bormida 14/4/45
92 GIOLO LAURA Torino 30/4/45
93 GABOLI ADELE Suno 22/10/44
94 GLAREY-BERLINGHIERI EMMA Aprile 45
95 GOZZI INES 21/1/45
96 GIORGETTI RITA caduta 1945
97 GIORGETTI madre della precedente caduta 1945
98 GIRAUDI ITALA Graglia 2/5/45
99 GIRAUDO BIANCA Cuneo 3/5/45
100 GIUBERTONI CATERINA Adorno Micca 23/3/45
101 GRECO EVA Medolla 31/5/45
102 GRILL MARILENA Torino 3/5/45
103 INTRAINO ANITA Milano 2874/45
104 LANDINI LINA Milano 11/5/45
105 LANTIERI VINCENZA Genova 1/5/45
106 LAVISE BLANDINA Schio 7/7/45
107 LUMINOSO GIOVANNA Milano 27/5/45
108 MALAGOLI TIZIANA Collegarala Aprile 45
109 MANDER TERESA Venezia 26/7/44
110 MANRUTTO NELLA Monfalcone 15/3/45
111 MARCHIOLI ROISINA Parma 27/4/45
112 MASSARINI RINA Monfalcone 15/3/45
113 MENEGHETTI NORA Parma 27/4/45
114 MERLINI LUCILLA Cremona 1/5/45
115 MILAZZO ANGELINA Garbagnate 21/1/45
116 MINARDI LUCIANA Cologna Veneta 24/5/45
117 MINETTO ELENA Callizzano 13/4/45
118 MONTEVERDE LICIA Torino 6/5/45
119 MORARA MARTA Bologna 25/5/45
120 MORICHETTI ANNA PAOLA Milano 27/4/45
121 MORSETTI MIRKA caduta 1945
122 NASSARI DESOLINA Casalpusterlengo 27/4/45
123 OLIVIERI LUCIANA FANNY Cuneo Maggio 45
124 OTTAVANA ROSETTA Casalpusterlencgo 27/4/45
125 PAGANI EDVIGE Milano 1/5/45
126 MAGLIARINI MARISA Como 17/1/45
127 PALTRINIERI ROSALIA caduta 27/4/45
128 PANNI ROSA dispersa 1945
129 PARENTI DINA Maggio 1945
130 PAROLI IRIDE Arona 26/4/45
131 PEVERATI LILIANA Cantù 4/5/45
132 PICCINELLI GIUSEPPINA caduta 1945
133 PICCINELLI SILVIA caduta 1945
134 PITTALIS MARIA Fossoli 8/3/45
135 POLETTINI SILVIA Rovigo 20/1/45
136 PONTREMOLI ZARA Milano 27/4/45
137 PORTESAN MARIA Ciriè 3/5/45
138 PROVETTO LUCIANA caduta 1945
139 RADAELLI LUCIA Vizzola Ticino 26/4/45
140 RAIMONDO MADDALENA S. Gillio Canavese 2/12/44
141 RAMELLA GIOVANNA Imperia Maggio 45
142 RAMELLA MARIA Muzzano 1945
143 RANACCHIA GISELDA Schio Luglio 45
144 RATTI GEA Stradella 12/3/45
145 RAVILOLI ERNESTA Torino 3/5/45
146 RECALCATI GIUSEPPINA Milano 27/4/45
147 RECALCATI MARIUCCIA figlia della precedente Milano 27/4/45
148 RIGO FELICITA Tricerio nel 1945
149 RIOLI ROMA Gorizia Marzo 45
150 ROCCHETTI LUCIA Graglia 2/5745
151 ROMANO LEA Lubiana 30/10/47
152 ROSSI AMELIA Bologna nel 1945
153 ROVIDA MARIA Invorio nel 1945
154 RUFFILI LINDA Torino nel 1945
155 SACCHI ALBERTINA Seriate 27/4/45
156 SAIU GRAZZIELLA Taleggio 12/4/45
157 SANTAMARIA ORNELLA Bologna 24/4/45
158 SCAPAT SANTINA Venezia 26/7/44
159 SCARQAMELLI ALFONSINA Parma 26/4/45
160 SECONDO ANGELA Calice Ligure 12/12/44
161 SILVESTRO IDA Torino 1/5/45
162 SCALFI LAURA Vercelli 7/5/45
163 SCALFI ELSA sorella della precedente Vercelli 7/5/45
164 SIMONI-CAPARRINI ARMIDA Fornaci 26/1/45
165 SOFFREDINO LUCIANA caduta nel 1945
166 SOMMARIVA ELEONORA Thiene 29/4/45
167 SPERIANI TULIA Cesano Maderno nel 1945
168 SPITZ JOLANDA Mongrando 3/5/45
169 TAM ANGELA MARIA Buglio in Monte 6/5/45
170 TANZI BRUNILDE Milano Gennaio 46
171 TAVERNI CARLA Milano caduta nel 1945
172 TIBERIO MARIUCCIA Milano 2774/45
173 TIBERIO PASQUINA Milano 27/4/45
174 TRIMBOLI CLORINDA Omegna 26/1/45
175 TRIMBOLI GIANNA figlia della precedente Omegna 26/1/45
176 UGAZIO CORNELIA Galliate 28/4/45
177 UGAZIO MIRELLA sorella della precedente Galliate 28/4/45
178 VALDORA MARIA Villa Piana 26/4/45
179 VECCHI LORENZA Seriate 29/4/45
180 VIGO FELICITA Nichelino Maggio 45
181 ZANINI LUISA Modena 17/2/45
182 ZARA caduta 1945
183 IGNOTA Tradate 20/4/45
184 IGNOTA Parma 26/4/45
185 IGNOTA Nichelino 26/4/45
186 IGNOTA Nichelino 26/4/45
187 IGNOTA Nichelino 26/4/45
188 IGNOTA Cuneo 29/4/45
189 IGNOTA Tirano 29/4/45
190 IGNOTA Muzzano 03/5/45
191 IGNOTA Torino 3/5/45 (Autopsia n° 7065 : entrata 3,5, uscita
11.5: Provenienza stazione Porta Nuova, lato via Vizza. Diagnosi :
omicidio per arma da fuoco. Causa della morte: lesioni alcranio, torace e
addome. Indossa la divisa militare della Repubblica con mostrine
recanti fascetti roossi. Una "M" rossa sulla tasca sup. sx. Si tratta
del cadavere di una giovane domma dell' apparente età di 18-20 anni,
capelli neri rasati a zero; presente ferite multiple d' arma da fuoco al
viso, toraceve addome)
192 IGNOTA Rosacco 5/5/45
193 IGNOTA Torino 6//5/45 (Autopsia n° 7071: entrata 6.5, uscita 9.5.
Provenienza Fiume Po. Diagnosi : omicidio per arma da fuoco. Causa
della morte: lesioni agli organi del capo e dell' addome. E' stata
uccisa e buttata nel fiume Po. Si tratta del cadavere di giovane donna
dell'apparente età di 25-30 anni; il viso è ricoperto di una spessa
patina di terriccio melmoso; sono visibili numerosi forami
irregolarmente tondeggianti in corrispondenza del capo, della regione
anteriore e laterale del tarace e del basso ventre)
194 IGNOTA Imperia 7/5/45
195 IGNOTA Torino 8/5/45 (Autopsia n° 7083: entra 8.5, esce 11.5.
Provenienza: Corso Tassoni angolo strada Pellerina. Diagnosi: omicidio
per arma da fuoco. Causa della morte : lesioni al cervello. Notizie : fu
uccisa dai parigiani: Si tratta del cadavere di una donna dall'
apparente età di 35 anni, il capo è completamente rasato dai capelli; in
corrispondenza della regione zigomatica sx ferita da taglio, a forma di
barca con estremo arrotondato rivolto anteriormente, limitata ai piani
superficiali con scarsa reazione vitale. Scoppio del cranio in
corrispondenza della regione occipitale dove esiste squarcio ampio con
margini irregolari ed extroflessi da cui fuoriecse sostanza nervosa
mista a sangue. Nella regione sopraclaveare sx forro tondeggiante della
dimensione di una moneta di un soldo con orletto escoriativo
concentrico.)
196 IGNOTA Torino 15/5/45 (Autopsia n° 7103: entrata 15,5, uscita
22.5. Provenienza : strada Santa Margherita presso villa Genero.
Diagnosi: omicidio per arma da fuoco: Causa della morte: lesioni al
cervello: Si tratta del cadavere di una donna dell'apparente età di
36-40 anni in condizioni generali dsi nutrizione buone con capelli
biondo chiaro rasati.Sono rilevabili un gruppo di 4-5 ecchimosi di forma
irregolarmente tondeggianti in corrispondenza delle superfici anteriori
delle cosce, grandi quanto una moneta di mezza lira. all' angolo
mandibolare dx è presente un forame di margini irregolari circondato da
un alone di affumicatura ampio quanto una moneta di mezza lira. Il
corrispondente forame di uscita si trova nella metà sx della regione
frontale: l' osso frontale è frantumato. Da quest'ultimo forame
fuoriesce sostanza celebrale.)
197 IGNOTA Torino 125/5/45 (Autopsia n° 7105: entrata 15.5, uscita
19.5. Provenienza: griglia dell' Arsenale di Borgo Dora. Diagnosi:
omicidio per arma da fuoco. Causa della morte: lesioni al cervello.
Notizie: fu uccisa nelle strage dell'insurezzione di fine Aprile. Si
tratta del cadavere di una donna dell'apparente età di 30 anni. Corpo
ricoperto da una patina di fango. In corrispondenza del lato dx del
volto numerosi fori tondeggianti d' arma da fuoco con orletto
escoriativo. Frattura comminuta del cranio, lesioni al cervello.)
198 IGNOTA Torino 11/6/45 (Autopsia n° 7143: entra 11.6, esce 17.6.
Provenienza : fiume Po dietro Caserma dei Pompieri Barriera Milano.
Diagnosi: omicidio per arma da fuoco. Causa della morte: lesioni
cranio-celebrali e toraco-addominali. Notizie: si dice che questa
giovane donna già Ausiliaria presso i reparti della Repubblica sia stata
prelevata e collocata in un canale di via Nizza, indi prelevata ed
uccisa per colpi d'arma da fuoco. Veste una gonna grigia ed un giubbetto
rosso a grosse fasce bianche trasversali, ha i capelli di color castano
scuri rasati. Si tratta del cadavere di giovane donna dell'apparente
età di 17-19 anni incinta al settimo mese circa di gestazione. All'
ispezione sono rilevabili numero sei (6) forami tondeggianti d' arma da
fuoco del diametro di circa 1 centimetro circondati da orletto
escoriativo nerastro situati rispettivamente: due vicini alla regione
laterale sx del collo, un terzo alla regione precordiale; gli altri al
basso ventre.)
Ausiliarie assassinate dopo il 25 aprile 1945
e dopo che si erano arrese
Amodio Rosa 23 anni, assassinata nel luglio del 1947, mentre in bicicletta andava da Savona a Vado.
Antonucci Velia due volte prelevata, due volte rilasciata a Vercelli, poi fucilata.
Audisio Margherita Fucilata a Nichelino il 26 aprile 1945
Baldi Irma Assassinata a Schio il 7 luglio 1945
Batacchi Marcella e Spitz Jolanda 17 anni, di Firenze. Assegnata
al Distretto militare di Cuneo con la coetanea Jolanda Spitz e altre 7
ausiliarie, molto religiosa, come del resto la sua collega Spitz, e in
particolare devota della Madonna, il 30 aprile 1945, con tutto il
Distretto di Cuneo, pochi ufficiali, 20 soldati e 9 ausiliarie, si mette
in movimento per raggiungere il Nord, secondo gli ordini ricevuti. La
colonna è però costretta ad arrendersi nel Biellese ai partigiani del
comunista Moranino. Interrogate, sette ausiliarie, ascoltando il
suggerimento dei propri ufficiali, dichiarano di essere prostitute che
hanno lasciato la casa di tolleranza di Cuneo per seguire i soldati. Ma
Marcella e Jolanda non accettano e si dichiarano con fierezza ausiliarie
della RSI. I partigiani tentano allora di violentarle, ma le due
ragazze resistono con le unghie e con i denti. Costrette con la forza
più brutale, vengono violentate numerose volte. In fin di vita chiedono
un prete. Il prete viene chiamato ma gli è impedito di avvicinare le
ragazze. Prima di cadere sotto il plotone di esecuzione, sfigurate dalle
botte di quelle belve indegne di chiamarsi partigiani, mormorano:"
Mamma" e "Gesu' ". Quando furono esumate, presentavano il volto
tumefatto e sfigurato, ma il corpo bianco e intatto. Erano state sepolte
nella stessa fossa, l'una sopra l'altra. Era il 3 maggio 1945.
Bergonzi Irene Assassinata a Milano il 29 aprile 1945
Biamonti Angela Assassinata il 15 maggio 1945 a Zinola (SV) assieme ai genitori e alla domestica.
Bianchi Annamaria Assassinata a Pizzo di Cernobbio (CO) il 4 luglio 1945
Bonatti Silvana Assassinata a Genova il 29 aprile 1945
Brazzoli Vincenza Assassinata a Milano il 28 aprile 1945
Bressanini Orsola Madre di una giovane fascista caduta durante la guerra civile, assassinata a Milano il 10 maggio 1945
Buzzoni Adele, Buzzoni Maria, Mutti Luigia, Nassari Dosolina,
Ottarana Rosetta, Facevano parte di un gruppo di otto ausiliarie, (di
cui una sconosciuta), catturate all'interno dell'ospedale di Piacenza
assieme a sei soldati di sanita'. I prigionieri, trasportati a
Casalpusterlengo, furono messi contro il muro dell'ospedale per essere
fucilati. Adele Buzzoni supplico' che salvassero la sorella Maria, unico
sostegno per la madre cieca. Un partigiano afferro' per un braccio la
ragazza e la sposto' dal gruppo. Ma, partita la scarica, Maria Buzzoni,
vedendo cadere la sorella, lancio' un urlo terribile, in seguito al
quale venne falciata dal mitra di un partigiano. Si salvarono, grazie
all'intervento di un sacerdote, le ausiliarie Anita Romano (che
sanguinante si levo' come un fantasma dal mucchio di cadaveri) nonche'
le sorelle Ida e Bianca Poggioli, che le raffiche non erano riuscite ad
uccidere.
Carlino Antonietta Assassinata il 7 maggio 1945 all'ospedale di Cuneo, dove assisteva la sua caposquadra Raffaella Chiodi.
Castaldi Natalina Assassinata a Cuneo il 9 maggio 1945
Chandre' Rina, Giraldi Itala, Rocchetti Lucia Unitamente a Lucia
Rocchetti, aggregate al secondo RAU (Raggruppamento Allievi Ufficiali)
furono catturate il 27 aprile 1945 a Cigliano, sull'autostrada Torino -
Milano, dopo un combattimento durato 14 ore. Il reparto si era arreso
dopo aver avuto la garanzia del rispetto delle regole sulla prigionia di
guerra e dell'onore delle armi. Trasportate con i loro camerati al
Santuario di Graglia, furono trucidate il 2 maggio 1945 assieme ad oltre
30 allievi ufficiali con il loro comandante, maggiore Galamini, e le
mogli di due di essi. La madre di ITala ne disseppelli' i corpi.
Chiettini (si ignora il nome) Una delle tre ausiliarie trucidate nel massacro delle carceri di Schio il 6/7 luglio 1945
Collaini Bruna, Forlani Barbara Assassinata a Rosacco (Pavia) il 5 maggio 1945 assieme alla sua camerata Forlani Barbara
Conti - Magnaldi Adelina Madre di tre bambini, assassinata a Cuneo il 4 maggio 1945
Crivelli Jolanda Vedova ventenne di un ufficiale del Battaglione
"M" costretta a denudarsi e fucilata a Cesena, sulla piazza principale,
dopo essere stata legata ad un albero, ove il cadavere rimase esposto
per due giorni e due notti.
De Simone Antonietta Romana, studentessa del quarto anni di
Medicina, fucilata a Vittorio Veneto in data imprecisata dopo il 25
aprile 1945
Degani Gina Assassinata a Milano in data imprecisata dopo il 25 aprile 1945
Ferrari Flavia 19 anni, assassinata l' 1 maggio 1945 a Milano
Fragiacomo Lidia, Giolo Laura Fucilata a Nichelino (TO) il 30
aprile 1945 assieme a Giolo Laura e ad altre cinque ausiliarie non
identificate, dopo una gara di emulazione nel tentativo di salvare la
loro comandante.
Gatsaldi Natalia Assassinata a Cuneo il 3 maggio 1945
Genesi Jole, Rovilda Lidia Torturata all'hotel San Carlo di Arona
(Novara) e assassinata con la sua camerata Lidia Rovilda il 4 maggio
1945. era in servizio presso la GNR di Novara. Catturate alla Stazione
Centrale di Milano, ai primi di maggio, le due ausiliarie si erano
rifiutate di rivelare dove si fosse nascosta la loro comandante
provinciale.
Greco Eva Assassinata a Modena assieme a suo padre nel maggio del 1945
Grilli Marilena 16 anni, assassinata a Torino la notte del 2 maggio 1945
Landini Lina Assassinata a Genova l'1 maggio 1945
Lavise Blandina Una delle tre ausiliarie trucidate nel massacro delle carceri di Schio il 6/7 luglio 1945
Locarno Giulia Assassinata a Porina (Vicenza) il 27 aprile 1945
Luppi - Romano Lea Catturata a Trieste dai partigiani comunisti,
consegnata ai titini, portata a a Lubiana, morta in carcere dopo lunghe
sofferenze il 30 ottobre 1947
Minardi Luciana 16 anni di Imola. Assegnata al battaglione
"Colleoni" della Divisione "San Marco"m attestati sul Senio, come
addetta al telefono da campo e al cifrario, riceve l'ordine di indossare
vestiti borghesi e di mettersi in salvo, tornando dai genitori. Fermata
dagli inglesi, si disfa, non vista, del gagliardetto gettandolo nel Po.
La rilasciano dopo un breve interrogatorio. Raggiunge così i genitori,
sfollati a Cologna Veneta (VR). A meta' maggio, arriva un gruppo di
partigiani comunisti. Informati, non si sa da chi, che quella ragazzina
era stata una ausiliaria della RSI, la prelevano, la portano sull'argine
del torrente Gua' e, dopo una serie di violenze sessuali, la
massacrano. "Adesso chiama la mamma, porca fascista!" le grida un
partigiano mentre la uccide con una raffica.
Monteverde Licia Assassinata a Torino il 6 maggio 1945
Morara Marta Assassinata a Bologna il 25 maggio 1945
Morichetti Anna Paola Assassinata a Milano il 27 aprile 1945
Olivieri Luciana Assassinata a Cuneo il 9 maggio 1945
Ramella Maria Assassinata a Cuneo il 5 maggio 1945
Ravioli Ernesta 19 anni, assassinata a Torino in data imprecisata dopo il 25 aprile 1945
Recalcati Giuseppina, Rcalcati Mariuccia, Recalcati Rina
Assassinata a Milano il 27 aprile 1945 assieme alle figlie Mariuccia e
Rina, anch'esse ausiliarie
Rigo Felicita Assassinata a Riva di Vercelli il 4 maggio 1945
Sesso Triestina Gettata viva nella foiba di Tonezza, presso Vicenza
Silvestri Ida Assassinata a Torino l'1 maggio 1945, poi gettata nel Po
Speranzon Armida Massacrata, assieme a centinaia di fascisti nella
Cartiera Burgo di Mignagola dai partigiani di "Falco". I resti delle
vittime furono gettati nel fiume Sile.
Tam Angela Maria Terziaria francescana, assassinata il 6 maggio
1945 a Buglio in Monte (Sondrio) dopo aver subito violenza carnale.
Tescari -Ladini Letizia Gettata viva nella foiba di Tonezza, presso Vicenza
Ugazio Cornelia, Ugazio Mirella Assassinata a Galliate (Novara) il
28 aprile 1945 assieme al padre e alla sorella Mirella, anch'essa
ausiliaria
Tra le vittime del massacro compiuto dai partigiani comunisti
nelle carceri di Schio (54 assassinati nella notte tra il 6 ed il 7
luglio 1945) c'erano anche 19 donne, tra cui le 3 ausiliarie (Irma
Baldi, Chiettini e Blandina Lavise) richiamate nell'elenco precedente.
In via Giason del Maino, a Milano, tre franche tiratrici furono
catturate e uccise il 26 aprile 1945. Sui tre cadaveri fu messo un
cartello con la scritta "AUSIGLIARIE". I corpi furono poi sepolti in una
fossa comune a Musocco. Impossibile sapere se si trattasse veramente di
tre ausiliarie.
Nell'archivio dell'obitorio di Torino, il giornalista e storico
Giorgio Pisanò ha ritrovato i verbali d'autopsia di sei ausiliarie
sepolte come "sconosciute", ma indossanti la divisa del SAF.
Cinque ausiliarie non identificate furono assassinate a Nichelino
(TO) il 30 aprile 1945 assieme a Lidia Fragiacomo e Laura Giolo
Al cimitero di Musocco (Milano) sono sepolte 13 ausiliarie sconosciute nella fossa comune al Campo X.
Un numero imprecisato di ausiliarie della "Decima Mas" in servizio
presso i Comandi di Pola, Fiume e Zara, riuscite a fuggire verso
Trieste prima della caduta dei rispettivi presidii, furono catturate
durante la fuga dai comunisti titini e massacrate.
LIANA MALAVENDA TRUCIDATA A PADOVA IL 30/04/1945
Il Generale di Brigata Piera Gatteschi Fondelli è l’unico generale di
brigata donna che le forze armate abbiano avuto in Italia. Piera
Gatteschi Fondelli è rimasta nella memoria di chi le è stata vicina
soprattutto per il suo fascino, la sua eleganza, il suo coraggio e il
suo entusiasmo. Piera nasce a Pioppi in Toscana all’inizio del
Novecento, in una di quelle belle famiglie allargate di una volta. Suo
padre muore prima della sua nascita; tuttavia la bambina ha un ottimo
rapporto con la mamma con la quale si trasferisce a Roma alla vigilia
della grande guerra. Le vicende del dopoguerra la coinvolgono a tal
punto che, fin dal 1921, si iscrive al Fascio di combattimento di Roma;
il 19 ottobre 1922 prende parte al congresso che si svolge a Napoli e il
28 ottobre la ventenne Piera è a capo di un gruppetto di venti donne
che formano la “squadra d’onore di scorta al gagliardetto” e con loro
partecipa alla Marcia su Roma. Le sue doti organizzative la portano a
diventare ispettrice della Federazione dell’Urbe, occupandosi dell’Opera
nazionale maternità e infanzia, della Croce Rossa, delle colonie
estive. Ma sulla politica prevale l’amore: nel 1936 lascia tutto per
seguire in Africa l’ingegner Mario Gatteschi che ha sposato e che dirige
i lavori della strada Assab-Addis Abeba. Quando, tre anni dopo, rientra
in Italia, Mussolini la nomina Fiduciaria dei Fasci femminili dell’Urbe
che conta 150.000 iscritte. Nel 1940 diventa ispettrice nazionale del
partito.
Caduto il fascismo, Piera si rifugia dai suoceri nel Casentino,
mentre il marito, tornato in Africa come combattente, è in Kenia
prigioniero dagli inglesi. Ma non è da lei nascondersi e stare in
disparte: quando viene informata che Mussolini è stato liberato e ha
fondato la Repubblica sociale italiana nel Nord, Piera si trasferisce a
Brescia e avvia una nuova collaborazione con Alessandro Pavolini, il
segretario del partito. Qui, alla fine del 1943, la Gatteschi manifesta
al Duce il desiderio delle donne fasciste di avere un ruolo più incisivo
nella difesa del paese. Il progetto è appoggiato da Pavolini e
accettato da Graziani. Servono uomini per la guerra e le donne diventano
necessarie per assisterli e per sostituirli nei tanti ruoli non di
prima linea.
LETTERA ALLA MADRE SPEDITA DA UN’AUSILIARIA CONDANNATA A MORTE DAI PARTIGIANI POCO PRIMA DI ESSERE FUCILATA
24/07/1944
Mamma mia adorata,
Purtroppo è giunta la mia ultima ora. E’ stata decisa la mia
fucilazione che sarà eseguita domani, 25 luglio. Sii calma e rassegnata a
questa sorte che non è certo quella che avevo sognato. Non mi è neppure
concesso di riabbracciarti ancora una volta. Questo è il mio unico,
immenso dolore. Il mio pensiero sarà fino all’ultimo rivolto a te e a
Mirko. Digli che compia sempre il suo dovere di soldato e che si ricordi
sempre di me. Io il mio dovere non ho potuto compierlo ed ho fatto
soltanto sciocchezze, ma muoio per la nostra Causa e questo mi consola.
E’ terribile pensare che domani non sarò più; ancora non mi riesce di
capacitarmi. Non chiedo di essere vendicata, non ne vale la pena, ma
vorrei che la mia morte servisse di esempio a tutti quelli che si fanno
chiamare fascisti e che la nostra Causa non sanno che sacrificare
parole.
Mi auguro che papà possa ritornare presso di te e che anche Mirko non
ti venga a mancare. Vorrei dirti ancora tante cose, ma tu puoi ben
immaginare il mio stato d’animo e come mi riesca difficile riunire i
pensieri e le idee. Ricordami a tutti quanti mi sono stati vicini.
Scrivi anche ad Adolfo, che mi attendeva proprio oggi da lui. La mia
roba ti verrà recapitata ad Aosta. Io sarò sepolta qui, perché neppure
il mio corpo vogliono restituire. Mamma, mia piccola Mucci adorata, non
ti vedrò più, mai più e neppure il conforto di una tua ultima parola, né
della tua immagine. Ho presso di me una piccola fotografia di Mirko:
essa mi darà il coraggio di affrontare il passo estremo, la terrò con
me. Addio mamma mia, cara povera Mucci; addio Mirko mio. Fa sempre
innanzitutto il tuo dovere di soldato e di italiano. Vivete felici
quando la felicità sarà riconcessa agli uomini e non crucciatevi tanto
per me; io non ho sofferto in questa prigionia e domani sarà tutto
finito per sempre.
Della mia roba lascio a te, Mucci, arbitra di decidere. Vorrei che la
mia piccola fede la portassi sempre tu per mio ricordo. Addio per
sempre, Mucci!
FRANCA
Venezia, Campo san Luca, 1944.
Volontarie fasciste
rispondono alla chiamata del S. A.F.
Lido di Venezia - Maggio 1944
Ausiliarie del 1° Corso "ITALIA" La prima a sinistra è Margherita Audisio
anni 19 fucilata a Nichelino (TO) il 5 Maggio 1945
La storia di Pasca,
la ragazza della Decima Mas
( di Barbara Spadini)
Pasca Piredda, nuorese,
proviene da una famiglia molto conosciuta. La madre è cugina di Grazia
Deledda mentre lo zio Franceschino Pintore, medico dei poveri,
diverrà uno dei primi sindaci democratici di Nuoro. Franceschino è comunista,
la famiglia Piredda è antifascista e frequenta noti antifascisti come Emilio Lussu e Mario Berlinguer; Pasca,
invece, già da ragazzina è una fascista
entusiasta. Verso la seconda metà degli anni Trenta, mentre frequenta
l’istituto magistrale, svolge un tema sulla
mistica fascista che attira l’attenzione di Fernando Mezzasoma, ministro
della cultura popolare. Il gerarca fascista la vuole a Roma, dove Pasca
frequenta un collegio del partito che forma assistenti sociali esperte di
problemi femminili. Pasca, nonostante il paese sia in guerra, per le campagne
romane svolge un importante servizio in favore delle “massaie rurali”,
insegnando loro i rudimenti dell’igiene. Nel mentre si laurea, alla “Sapienza”,
in Scienze politiche e poi in Scienze coloniali, come consigliatole dal
ministro Mezzasoma, per il quale
continua a svolgere lavori di segreteria,
scrive discorsi e lettere, corregge bozze. La stima di Mezzasoma per Pasca è così
radicata che quando, dopo l’otto settembre del 1943, Mussolini organizza la
Repubblica Sociale italiana e richiama Mezzasoma al ministero della cultura
popolare, questi la invita a seguirlo al Nord: Pasca accetta di buon grado
l’incarico di segretaria di Mezzasoma. Un giorno si presentano da Mezzasoma tre
ufficiali della Decima Mas per proporre la diffusione di un comunicato radio, da far trasmettere
dall’Eiar, per invitare i giovani ad arruolarsi nell’esercito repubblicano: i
tre ufficiali “giovanissimi, bellissimi nelle loro divise, ardenti di amore
patrio”, invitano a cena la bella Pasca, che risplende di mediterraneità:
questa bellezza sarda poco più che ventenne, minuta, dai capelli corvini, dal
sorriso dolce e leale viene da loro “rapita”
e portata a La Spezia, dove la
Decima ha il comando. Appena arrivati inviano un laconico comunicato via
telegrafo al ministro Mezzasoma: “Abbiamo arruolato nella Decima Flottiglia
Mas Pasca Piredda con l’incarico di capoufficio stampa e propaganda”. Pasca
è la prima donna che entra nella Decima,
rimanendo al comando di Borghese fino alla caduta della R.S.I. Borghese le
assegna il grado di sottotenente di vascello e il relativo stipendio (mille
lire, una miseria, otto volte inferiore a quanto guadagnava al ministero). Ai primi del 1944 Pasca passa a
Milano, dove dirige il giornale della Decima, “La Cambusa”, stampato sotto i
bombardamenti alleati in mezzo a mille peripezie e sempre guardato a vista
tanto dai servizi fascisti quanto dagli alleati tedeschi. Il 25
aprile, il nome di Pasca figura in un
elenco di nominativi di ufficiali della Decima consegnato, per vie traverse
quanto oscure, ai partigiani e subito
individuata e scoperta, viene condotta a San Vittore. A mezzanotte è condannata
a morte da un tribunale di guerra, all’alba viene fatta scendere in cortile con
altri undici, forse dodici compagni di sorte: ”Tutti giovani, non so se fossero
o no della Decima” e messa al muro: prima che il plotone d’esecuzione aprisse
il fuoco, compare d’improvviso il partigiano «Neri», commissario politico della
52ª Divisione garibaldina, che la porta via: i servizi segreti inglesi e
americani se la contendono per sapere da lei dove si è rifugiato Borghese. Dopo
un altro mese passato in cella a San Vittore, Pasca è processata e assolta per
insufficienza di prove: tuttavia non
viene liberata, ma deve subire una serie di trasferimenti da un campo di
concentramento all’altro finché- mentre viaggia verso Taranto guardata a vista
da due carabinieri- improvvisamente viene fatta scendere alla stazione di
Civitavecchia. Qui l’aspetta lo zio Franceschino. Le fa poche feste, ma la
riporta a casa. Nuoro non l’accoglie a braccia aperte: le strade della città
sono tappezzate di manifesti che dicono: “Tornano gli assassini”. Su consiglio
del prefetto il padre la manderà a “villeggiare” sull’Ortobene: quando
finalmente potrà tornare a Roma sarà di nuovo a fianco di Borghese nel lungo
processo che il Comandante subirà fra il 1945 e il 1949. La storia di Pasca è
ben raccontata in un libro-intervista, «La ragazza della “Decima”», con prefazione di Luciano Garibaldi.
L’autrice non ha potuto vedere
il libro a lei dedicato: è morta a Roma all’inizio del 2009.
“La tosatura pubblica delle donne ritenute vicine alla Repubblica
Sociale, o collaborazioniste dei tedeschi, fu una violenza di massa che in
Italia è ancora avvolta nel buio. Vennero punite, con una crudeltà che aveva
gradi diversi. In molti casi, ebbero la testa coperta di catrame , o di vernice
nera, e spesso con un fascio dipinto sulla fronte, in modo rozzo. Tante vennero
denudate e costrette a passare tra due ali di gente che le insultava. Le più
giovani furono stuprate. La “camminata all’aria aperta”, così veniva chiamata
dai vincitori, doveva garantire alla folla che la colpevole fosse stata
trattata come meritava. Spesso la passeggiata diventava la parte più violenta
della cerimonia. Per le strade centrali di un paese o ci una città, prendeva
vita un sabba volgare, dove la strega da far soffrire era soltanto una donna
accusata di essere stata dalla parte dei vinti. La strega veniva sputacchiata,
insultata, malmenata, presa a calci, pungolata ad avanzare, senza tentare di
coprirsi se era stata spogliata di tutti gli indumenti. Poteva anche essere
incatenata. In quel caso, i ferri erano quelli usati per le bestie. Lo scopo
era dimostrare che la vittima esposta al pubblico ludibrio non era più un
essere umano ,bensì un animale. L’Italia moderna non aveva mai conosciuto una
ferocia simile”
(Giampaolo Pansa,
“La guerra sporca dei partigiani e dei fascisti”,
Milano 2012)
FRANCA BARBIER AUSILIARIA.
SERVIZI
SEGRETI DELLA RSI. MEDAGLIA D’ORO.
24-7-44-
XXII
Mamma mia adorata,
purtroppo è giunta la mia ultima ora. E’ stata decisa la mia fucilazione che
sarà eseguita domani, 25 luglio. Sii calma e rassegnata a questa sorte che non
è certo quella che avevo sognato. Non mi è neppure concesso di riabbracciarti
ancora una volta. Questo è il mio unico, immenso dolore. Il mio pensiero sarà
fino all’ultimo rivolto a te e a Mirko. Digli che compia sempre il suo dovere
di soldato e che si ricordi sempre di me. Io il mio dovere non ho potuto
compierlo ed ho fatto soltanto sciocchezze, ma muoio per la nostra Causa e
questo mi consola.
E’ terribile pensare che domani non sarò più; ancora non mi riesce di
capacitarmi. Non chiedo di essere vendicata, non ne vale la pena, ma vorrei che
la mia morte servisse di esempio a tutti quelli che si fanno chiamare fascisti
e che per la nostra Causa non sanno che sacrificare parole.
Mi auguro che papà possa ritornare presso di te e che anche Mirko non ti venga
a mancare. Vorrei dirti ancora tante cose, ma tu puoi ben immaginare il mio
stato d’animo e come mi riesca difficile riunire i pensieri e le idee.
Ricordami a tutti quanti mi sono stati vicini. Scrivi anche ad Adolfo, che mi
attendeva proprio oggi da lui. La mia roba ti verrà recapitata ad Aosta. Io
sarò sepolta qui, perché neppure il mio corpo vogliono restituire. Mamma, mia
piccola Mucci adorata, non ti vedrò più, mai più e neppure il conforto di una
tua ultima parola, né della tua immagine. Ho presso di me una piccola
fotografia di Mirko: essa mi darà il coraggio di affrontare il passo estremo,
la terrò con me.
Addio mamma mia, cara povera Mucci; addio Mirko mio. Fa sempre innanzitutto il
tuo dovere di soldato e di italiano. Vivete felici quando la felicità sarà
riconcessa agli uomini e non crucciatevi tanto per me; io non ho sofferto in
questa prigionia e domani tutto sarà finito per sempre.
Della mia roba lascio te, Mucci, arbitra di decidere. Vorrei che la mia piccola
fede la portassi sempre tu per mio ricordo. Salutami Vittorio. A lui mi rivolgo
perché in certo qual modo mi sostituisca presso di te e ti assista in questo
momento tragico per noi Addio per sempre, Mucci! Franca
MARIELLA GRILL
nata a Torino il 26 settembre 1928. Le condiscepole
ricordano ancora che, fin dai banchi della scuola elementare, la piccola
Mariella commentando i fatti della storia, più di una volta ebbe a dire: “io
vorrei essere martire fascista” . A chi gli chiedeva il perché, rispondeva :”
perchè morire per l’ ideale è molto bello”. La data per lei decisiva è la
caduta di Roma nel giugno ’44. Ha solo sedici anni ma ottiene ugualmente di
vestire la divisa di Ausiliaria, di cui sarà poi sempre orgogliosa. In divisa
va quell’ anno a sostenere gli esami presso il liceo Massimo D’ Azzeglio. Quale
Ausiliaria viene assegnata all’ Ufficio Assistenza Ricerca Dispersi dove
assolve un compito delicato. Vengono le giornale dell’ aprile ’45. Il giorno
26, prima di deporre la sua divisa, stacca la piccola fiamma dal berretto e la
cuce sul taschino della camicetta dicendo alla mamma, che è angosciata: “ho
messo proprio sul cuore” e la bacia. Il giorno 28 quattro partigiani la
prelevano da casa. Poiché Mariella ha un contegno fiero e vuole mettere la sua
divisa, le dicono : “Vuoi mettere la tua divisa ai dove vai? Vai alla
fucilazione”. Risponde con ostentata meraviglia: “davvero?”. Viene trattenuta
cinque giorni alla caserma Valdocco, nella notte dal 2 e 3 maggio affronta la
morte con un colpo alla nuca. La mamma ricorda una confidenza che la figlia
le fece nel giugno ’44, appena tornata
dalla cerimonia del giuramento prestato quale Ausiliaria. Alla ceremonia era
presente il teologo Don Edmondo De Amicis, l’ eroico cappellano che cadrà pure
a Torino qualche giorno prima di lei. Il sacerdote tra l’ altro aveva spiegato
che il giuramento poteva comportare il sacrificio della vita. La giovane
confidava alla mamma: “ho avuto un grande brivido nel cuore, ma ho gridato Si”.
Sotto una sua fotografia il giorno prima del martirio ha scritto : ” Resistere
fino al sacrificio supremo. Per l’ Italia! Marilena”
ANGELA MARIA TAM
E' “la francescana d’ Italia”. Nella patria di San
Francesco dove non esiste la pena di morte (tuttavia nel ’45, con e senza
processo, sono avvenute tante esecuzioni capitali, quante forse in nessuna
nazione) non si conosce immolazione più francescana di quella della terziaria
di Sondrio. Angela Maria Tam che dopo
una vita spesa nobilmente nella scuola, è condannata morte solo perché si e
schierata a favore della R.S.I., viene gettata in carcere a Buglio in Monte e
sottoposta a sevizie. Per tutta risposta intona un canto religioso così da stupire i carnefici e
consegna al sacerdote che l’ assiste nella morte questo suo congedo: E’ uccisa
il 6 maggio del ’45:
Muoio perdonando a tutti e chiedo perdono se ho
offeso e disgustato qualcuno.
Sono lieta di
raggiungere in cielo i nostri Eroi. Sarà così bello in cielo! Ho cantato
durante tutto il viaggio da Sondrio a Buglio in Monte le canzoni della Vergine.
Ho passato in
prigione ore di raccoglimento e di vicinanza a Dio.
Viva l’ Italia!
Gesù la benedica e la riconduca all’ amore
e all’ unità per il nostro sacrificio.
E così sia.
in:”LETTERE
DEI CADUTI DELLA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA” L’Ultima Crociata Editrice. 1990.
Associazione Nazionale Famiglie Caduti e Dispersi della RSI
TRE DONNE ACCUSATE DI COLLABORAZIONISMO RAPATE A ZERO
"BERGAMO REPUBBLICANA DEL 25 APRILE 1945
ARTICOLO : "FEDE ED ENTUSIASMO DELLE AUSILIARIE BERGAMASCHE"
"BERGAMO REPUBBLICANA DEL 10/11 NOVEMBRE 1944
ARTICOLI SULLE AUSILIARIE BERGAMASCHE
PIERINO SASSO, nome di battaglia "Pierin d'la Fisa (1923-1980)
Spietato comandante partigiano.
Dolo la liberazione uccise giovanissime Ausiliarie, come Marilena Grill, poco
più che adolescente e Agnese Cravero di 15 anni (3 Maggio 1945)
(Giampaolo Stella -"I
grandi killer della liberazione")