La caduta di Raqqa e le implicazioni geopolitiche del conflitto siriano oggi
di Dagoberto
Husayn Bellucci
Era il lontano
2008 quando l'allora amministrazione USA a guida Obama premeva verso Damasco per
cercare di convincere Assad ed il suo governo a sganciarsi da quello che - da
allora - i media di mezzo pianeta chiamarono "l'asse militare sciita" che da
Teheran, passando per Baghdad e Damasco, arrivava fino a Beirut.
'Mezzaluna
sciita', 'asse del male', 'alleanza del terrore': i media embedded hanno
utilizzato qualsiasi clichè's per delegittimare i rapporti esistenti fra la
laica e nazional-socialista Siria (a guida Ba'ath) e la teocrazia iraniana. E a
Washington, dopo il fallimento dell'aggressione israeliana al Libano nell'estate
2006, i toni polemici e le critiche verso Assad aumentarono a partire dal marzo
2011 mentre sottobanco gli americani ed i loro alleati arabi del Golfo armavano
i gruppi terroristici della cosiddetta "opposizione democratica" siriana.
Opposizione che
di 'democratico' non aveva proprio un bel niente e di 'siriano' ancora meno
essendo rappresentata dai più feroci terroristi raccattati nella galassia
internazionale salafita-wahabita e al-qaedista.
Terroristi che
dopo la caduta del regime libico e la morte di Gheddafi nel successivo autunno
si riversarono da mezzo mondo islamico in Siria con l'obiettivo neanche troppo
nascosto di abbattere il governo nazionale di Assad.
Ora con la
caduta di Raqqa gli americani, pel tramite delle formazioni combattenti curde,
portano a casa un successo militare dopo mesi di bombardamenti. L'annuncio dell'S.F.D.
(Forze Democratiche Siriane), eterogenea alleanza siro-curda, conferma: «A Raqqa
l'operazione militare è terminata, adesso portiamo a termine l'operazione di
pulizia per porre fine alle ultime cellule dormienti di Daesh» (l'acronimo arabo
con il quale viene chiamato il sedicente Califfato Islamista dell'ISIS oramai in
rotta su tutti i fronti), ha spiegato all'agenzia di stampa spagnola 'Efe' il
portavoce dell'SFD Talal Salu.
Nella città
martire si sarebbero trincerati molti dei foreign fighters (i combattenti
stranieri dell'ISIS). Quelli che non hanno accettato la resa non avranno
ulteriori salvacondotti. Dalle prime stime dell'Osservatorio siriano per i
diritti umani (organismo controllato da Londra e Washington che da anni racconta
ciò che i suoi padroni d'oltremanica e d'oltre atlantico vogliono sentirsi dire)
le vittime della battaglia finale per la liberazione di Raqqa - iniziata nel
giugno scorso - si aggirerebbero attorno alle 3200 delle quali almeno 1100
civili.
Difficile dire
se queste stime siano vicine alla realtà.
Da Italia Sociale
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