lunedì 2 ottobre 2017

Italia-Somalia, una testimonianza

“Perchè siete andati via? Si stava bene quando c’eravate voi. C’era lavoro e non c’era la guerra”

Una testimonianza dall’aeroporto di Mogadiscio.
Qualche tempo fa mi trovavo in volo verso Mogadiscio.
Subito dopo l’atterraggio, appena sceso dall’aereo, incontro un cruciff (l’addetto dell’aeroporto che indica al pilota dove “parcheggiare” l’aereo).
Era un ragazzo sulla ventina, somalo, che accorgendosi del fatto che ero italiano, si avvicina e comincia a parlarmi. Mi parlava con un’enfasi particolare e non capivo inizialmente il perché, mentre io mi mantenevo un pò diffidente. Presentazioni, poi mi chiede da dove vengo.
A quel punto inizia a farsi più appassionato nelparlarmi, poi capisco perché e mi si apre un mondo. Qualche anno addietro ero ancora un pò restio a credere alla “storia non raccontata”, tendendo più invece a quella che troviamo sui libri…
Somalo: “Quindi sei italiano? Bella l’Italia! Belle macchine! Sono fatte bene e durano tanto!”
Io: “Ma perché, avete macchine italiane qui?”
S: “Non più tante ormai, qualche camion ancora c’è e funziona. Adesso sono tutte cinesi” (penso si riferisse alle auto orientali in genere)
Io: “Capisco…”
.
Qualche secondo di pausa poi mi fa all’improvviso una domanda, quella che mi ha sorpreso di più:
“Perchè siete andati via? Si stava bene quando c’eravate voi. C’era lavoro e non c’era la guerra” (civile).
Parecchio stupito, resto un attimo in silenzio. Ammetto di essermi sentito in imbarazzo… E anche un pò confuso. E io che pensavo che ci odiassero!
Mi mantengo sul vago e chiedo:
“Come vanno le cose qui in Somalia?”
“Non bene, c’è la guerra, la fame e tiriamo a campare. A nessuno interessa di noi.”
“Adesso qui ci sono solo cinesi e turchi che costruiscono.”
Io: “Beh sò che stanno facendo ad esempio la ferrovia Addis Abbeba – Gibuti, è un bene no?”
Non mi risponde, fa la faccia vaga. Io stesso realizzo che forse avrebbero preferito vedere altre facce da quelle parti.
Va via perché arriva un altro aereo ma dopo poco ritorna e mi dice,tutto contento:
Sorrido, di cuore e rispondo: “Ma davvero? Mi fa piacere sentirti dire questa cosa!”
S: “Si e anche i pesci, li chiamiamo come voi in Italia!”
Segue a elencarmene alcuni in un italiano molto accentato… Poi mi elenca i nomi di alcuni tipi di coltivazioni che abbiamo importato, sempre in italiano.
A questo punto devo andare.
Lo saluto, è stato un vero piacere conoscerlo. Lui mi saluta con un mesto sorriso.
Se non lo avessi mai incontrato forse non avrei aperto gli occhi su questa vicenda, continuando stupidamente a credere solo a certe cose e rifiutarne altre per partito preso. Per non pensare differentemente da quanto ci insegnano.
 Sicuramente non tutti saranno della stessa opinione del ragazzo somalo che ho incontrato. Ma una cosa è certa: durante l’era coloniale, qualsiasi stato ha giocato sporco, altri hanno giocato sporchissimo ma questo i
libri non lo dicono. Non che sia una giustificazione, ma la differenza se non altro sta nel “dopo”. Leggevo che ad esempio gli italiani abolirono la schiavitù da quelle parti a differenza di altri e che si lavorava spesso insieme, non con la frusta in mano.
Gli italiani hanno costruito strade, ponti, porti, fari, città e reso la loro vita un pochetto migliore forse.
Io non c’ero, non posso affermarlo per certo ma le testimonianze restano e quella che ho toccato con mano io mi ha sorpreso.
Senz’altro abbiamo preso con la forza alcuni territori africani, in un periodo dove la corsa coloniale era attualità ed era ben giustificata, era sinonimo di grandezza e di potenza.
Ma ci sono persone lì che ci ricordano tutt’ora così e le conclusioni le lascio a voi.
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