Dalla fine della Seconda guerra mondiale, ci è stata data la versione
dei vincitori sui fatti bellici più importanti. Come tutti sanno, è
stato detto che le truppe di Hitler non si interessavano soltanto ai
combattimenti, ma mettevano in pratica un feroce piano di sterminio
rivolto soprattutto agli ebrei. Per molti anni tutti abbiamo creduto a
questa versione dei fatti, ci siamo commossi guardando film
sull’argomento, e siamo rimasti inorriditi dagli scheletri ammassati nei
pressi dei lager.
Ma negli ultimi anni diversi storici indipendenti hanno messo in dubbio
questa versione dei fatti, sostenendo che su molti aspetti di questa
versione non ci sono prove, o non ci sono fatti storici sufficienti a
suffragarla. Uno di questi studiosi è il prof. Robert Faurisson, di cui
pubblichiamo uno scritto suddiviso in due parti.
“Shoah con gas” o ” Shoah con pallottole”: nessuna prova materiale o medico-legale!
Del prof. Robert Faurisson
“In una sentenza resa il 26 aprile 1983 i magistrati francesi hanno riconosciuto il carattere scientifico delle mie ricerche e conclusioni su ciò che la storica Olga Wormser-Migot, nel1968, chiamava “il problema delle camere a gas“.
Hanno concluso che tutti dovevano avere il diritto di dichiarare, come
l’avevo fatto io, che quelle pretese armi di distruzione di massa non
erano esistite nè avrebbero potuto esistere. La sentenza della prima
camera, sezione A, della Corte d’Appello di Parigi, presidiata da
François Grégoire, è consultabile nell’Epilogo giudiziario dell’affare
Faurisson, di Jessie Aitken, edizioni de La Vieille Taupe, 1983
(riedizione nel 1986).Sono
stato io, il 19 marzo 1976 a scoprire, i piani [di costruzione] sino ad
allora cosi accuratamente nascosti, dei crematori di Auschwitz e di
Birkenau che presumibilmente avrebbero dovuto contenere camere a gas
(omicide). Questi piani hanno rivelato che quei crematori non hanno mai
avuto camere a gas ma, a seconda dei casi, o un deposito in superficie
(Leichenhalle), oppure dei depositi seminterrati per proteggere i
cadaveri dal calore (Leichenkeller), o altri ambienti inoffensivi. Avevo
rapidamente, constatato che gli storici e i giudici che trattavano il
“genocidio degli ebrei” e delle “camere a gas naziste” si
accontentavano, su questi soggetti, di “testimonianze” o di
“confessioni” e si esoneravano freddamente dalle prove materiali. In
particolare, malgrado si trattasse, di crimini atroci e sistematici,
innumerevoli e senza precedenti, nessuno aveva ricercato la prova medico-legale dell’esistenza e del funzionamento di una sola di quelle stupefacenti camere.
Eccezione fatta per la pretesa camera a gas dello Struthof, vicino
Strasburgo, avvenuta in Francia a partire dal 1944. Nessuna fortuna per
l’accusa! Il primo dicembre 1944, il professor René Fabre, decano della
Facoltà di farmacia di Parigi, incaricato della perizia, concludeva le
sue ricerche tossicologiche con una doppia negazione: non c’era nessuna traccia di HCN sia nella pretesa camera a gas dello Struthof, sia nei cadaveri degli ebrei, falsamenti gasati (e parzialmente conservati all’Ospedale civile di Strasburgo).
Fatto notevole: il rapporto della sua perizia, in una data
indeterminata, scompariva dagli archivi della Gendarmeria e della
Giustizia militare (Le Blanc, Indre), ma, fortunatamente nel 1982,
scoprii personalmente un rapporto firmato da esperti medici Simonin,
Fourcade e Piedelièvre che attestavano la doppia constatazione negativa
del professor Fabre. Fatto non meno importante: malgrado la
pubblicazione, da parte mia, all’inizio del 1980, di queste scoperte
riguardanti la perizia del citato professore, gli storici si ostinavano a
tacerla. A tal punto che, per esempio, lo storico Robert Steegmann non
ha nemmeno menzionato il nome di René Fabre nelle due opere di 875
pagine che ha consacrato allo Struthof nel 2005 e nel 2009 e dove
presenta come accertati sia l’esistenza che il funzionamento di una
camera a gas omicida in quello stesso campo.
(http://robertfaurisson.blogspot.fr/2013/05/il-est-temp-den-finir-avec-la-chambre.html).
Sono stato il primo e , durante lunghissimi anni, il solo a contestare
l’esistenza e il funzionamento della magica camera a gas nazista
presentando prove fisiche, chimiche, archichetturali e topografiche che
sono di uso abituale nelle ricerche criminali della polizia tecnica (con
indagine in situ sull’arma del crimine) e della polizia
scientifica (con analisi di laboratorio). Mi sono lanciato su numerosi
studi e consultazioni nel domini scientifici, nel Laboratorio centrale
della Prefettura di Parigi, consultando esperti di gas, in Francia o
all’estero, presso fabbricanti o utilizzatori di Zyklon B per
disinfezione, presso specialisti di camere a gas di disinfezione o
disinfestazione, di forni crematori ecc.. Mi sono particolarmente
interessato alle camere a gas di esecuzione utilizzate fino agli ’90 nei
penitenziari americani (funzionanti con HCN, che è l’elemento
essenziale dello Zyklon B). Mi ha sorpreso constatare che in Germania,
in Austria e negli Stati Uniti, paesi in cui non mancano certo né
ingegneri, né chimici, non ci si sia mai posti la domanda sulla
fattibilità del gasaggio di milioni di uomini, di donne e bambini con il
HCN cioè con un gas esplosivo, cosi pericoloso da manipolare che gli
Americani avevano dovuto, per l’esecuzione di una sola persona, mettere
a punto un locale completamente in acciaio, straordinariamente
complicato, munito di una porta a volante come nei sottomarini, dotato
di un macchinario sofisticato, soprattutto per la ventilazione del gas
da evacuare e da neutralizzare, in mancanza del quale, dopo
l’esecuzione, non si sarebbe potuto toccare un cadavere impregnato di
HCN e farlo uscire dalla camera. Negli Stati Uniti, per una sola
esecuzione, tutto il penitenziario era sul piede di guerra. Poiché il
gasaggio per l’esecuzione è oltremodo più pericoloso di quello per la
disinfezione. L’argomento della camera a gas americana si è rivelato di
una tale efficacia che in un certo qual modo, il mio studio della vera
camera a gas americana ha permesso di discreditare totalmente
l’immaginaria camera a gas tedesca. Detto questo, si resta perplessi
davanti al livello di credulità, a questo proposito, degli uomini sia
del XX secolo e dell’inizio del XXI secolo. In questi “secoli di
scienza” si è arrivati ad abbindolare miliardi di persone e a
convincerle di ciò per anni, i Tedeschi hanno utilizzato un’arma di
distruzione di massa che non è mai stata mostrata se non in forme vaghe o
fantasmagoriche. Ancora oggi, a Auschwitz si fa visitare ai turisti un
locale battezzato “camera a gas” mentre, come ha finalmente ammesso lo
storico Eric Conan nel 1955, “Tutto è falso” (“Le falsificazioni di Auschwitz secondo un dossier di L’Express“; “Note sulla rivista L’Histoire, dicembre 1999“, “La “Camera a gas”di Auschwitz“. Ma Padre Patrick Desbois non ha fatto lo stesso con la sua “Shoah da pallottole“?
Afferma di aver scoperto in Ucraina siti di 850 carnai contenenti un
milione e mezzo di cadaveri ebrei. Mostra le supposte aree di alcuni
carnai ma nessun cadavere, se non in un cimitero ebreo. Ci spiega che un
rabbino, da lui interpellato a Londra, gli ha assicurato che le vittime
della Shoah sono sante e che quindi, nessuno ha il diritto di disturbare il loro riposo con degli scavi.
E il gioco è fatto. E’ sufficiente avere la fede olocaustica e credere,
come nel Museo dell’Olocausto di Washington, nell’iscrizione che, nel
mezzo della sua esposizione permanente, sovrasta la fotografia di un
impressionante ammasso di “scarpe dei gasati” (sic), di scarpe parlanti
che ci dicono in coro: “Siamo gli ultimi testimoni”. Tutte le autorità
politiche, religiose, universitarie hanno all’inizio osannato Padre
Desbois. Con la sua “Shoah con pallottole” (e la sua “Shoah da
soffocamento” piumini o cuscini) non aveva trovato un sostituto a una
”Shoah con gas” che mostrava gravi segni di affanno? Sfortunatamente per
il taumaturgo, il discredito comincia a colpire anche lui, e la sua
stella sbiadisce (“Querelle intorno a Padre Desbois” Le Monde
19/06/09). La scienza non è altro che una lunga serie di errori
rettificati. Nella sua essenza è revisionista. Invece di punirlo come un
malfattore, l’apparato giuridico, dovrebbe proteggere il ricercatore
innamorato dell’esattezza. Quel ricercatore, che lo voglia o no, è un
benefattore dell’umanità.
è’ ora di finirla con gli 86 « gasati » nella « camera a gas » di Natzweiler-Struthof
Il vecchio campo di concentramento de Natzweiler-Struthof, è collocato
sul territorio del comune di Natzwiller (Basso- Reno), a 50 chilometri
da Strasburgo. Distante qualche centinaio di metri c’è un edificio che
si presume contenere una camera a gas d’esecuzione, funzionante ad acido
cianidrico. Nel 1951 è stato classificato come “monumento storico”,
una targa sulla facciata ne attesta la classificazione. L’impostura è
evidente. In ogni modo una perizia scientifica condotta dal Professor
René Fabre, decano della facoltà di farmacia a Parigi, ha provato che
non c’era traccia di acido cianidrico, né nei cadaveri o frammenti di
cadaveri accuratamente conservati a Strasburgo, né nel locale che si
suppone sia servito nell’agosto 1943 a gasare, in quattro sequenze, un
totale di 86 ebrei. E’ il 27 Marzo 1980, quando scopro l’esistenza di
questo rapporto, datato 1°dicembre 1945 e delle sue conclusioni, ma … il
rapporto stesso era sparito dagli archivi della Gendarmeria e della
Giustizia militare. Fortunatamente ho scoperto un’altra perizia, firmata
da tre medici e testimoniante del rapporto Fabre e del suo contenuto
doppiamente negativo. Penso sia inutile aggiungere quanto i nostri
storici di corte, si preoccupino di far passare sotto silenzio questo
documento, che disturba veramente troppo la tesi sterminazionista.
E’ ora di finirla con la « camera a gas » dello Struthof e i suoi 86 « gasati »
L’attualità mi costringe a tornare sulle voci relative al campo di
Natzweiler-Struthof, campo che per l’ennesima volta si tenta di
resuscitare. Già il 12 dicembre 2005, mi correva l’obbligo di scrivere
un testo intitolato « Resurrezione di un vecchio serpente di mare: la
camera a gas e gli 86 gasati dello Struthof » Come molte voci di guerra
questa ha conosciuto versioni estremamente variabili e contraddittorie
finendo per fissarsi sotto la seguente forma: nell’agosto del 1943 Josef
Kramer, il comandante di questo campo situato a 50 chilometri da
Strasburgo, vi avrebbe personalmente (!) giustiziato per mezzo di acido
cianidrico, in una piccola camera a gas, in diverse infornate, 86 ebrei,
inviati apposta da Auschwitz, su richiesta del professor August Hirt…
desideroso di arricchire la sua collezione di scheletri a Strasburgo.
Sono ormai più di sessantasei anni che una perizia tossicologica,
firmata dal Dott. René Fabre, decano della Facoltà di farmacia a Parigi,
ha stabilito, nelle conclusioni rese il 1°dicembre 1945, che né il locale, né i cadaveri (o resti dei cadaveri) presentavano tracce di acido cianidrico! Quindi
alla data del 1°dicembre 1945 le conclusioni erano perfettamente chiare
: non c’erano né armi (la pretesa camera a gas) né vittime (86 pretesi
gasati), per confermare la voce di queste uccisioni. La voce era quindi
solo una voce. L’esistenza di questa perizia era stata taciuta in modo
ostinato. Con quale diritto? E come si può continuare a scrivere di
questa pretesa camera a gas omicida e delle sue pretese vittime senza
tener conto della suddetta perizia e soprattutto avere l’accortezza di
non nominarne mai l’autore?
Le mie scoperte del 27 marzo 1980
Poiché, in realtà il crimine non è stato commesso, due misteri si
dissolvono in un colpo solo. Sin qui, in effetti, ci si chiedeva come
mai, alla fine del 1944, abbandonando il campo di Struthof, i Tedeschi
non si fossero preoccupati di far sparire l’arma del delitto e come mai a
Strasburgo, il Dottor Hirt avesse lasciato sul posto i cadaveri di
quelle vittime. La chiave di questi due “misteri” sta, si vede dalla
perizia Fabre, nel fatto che quell’arma prodigiosa e quelle vittime di
un omicidio abominevole, non sono mai esistite. Quella perizia ci spiega
anche un terzo “mistero”: il fatto che dopo la guerra, durante i
processi a carico dei medici dello Struthof (a Metz nel 1952 e a Lione
nel 1954), “sembrerebbe” che i tribunali francesi non abbiano condannato
questo “orrore nazista”, che se fosse veramente accaduto, sarebbe stato
il maggior crimine di Struthof. Sono costretto a dire “sembrerebbe”
perché non avendo avuto accesso ai dossier dei processi, malgrado la mia
richiesta scritta mi sono limitato:
1) innanzitutto agli articoli di stampa di questo processo
2) alle affermazioni di tre avvocati da me consultati (di cui Avv. Albert Naud e Avv. Raymond Geouffre de la Pradelle) e infine
3) alle opere concernenti lo Struthof.
In compenso, ho avuto accesso, nel modo che vi indicherò più sotto, a
consistenti dossier della Gendarmeria e della Giustizia militare
relativi a questo campo. E proprio li, il 27 marzo 1980, alla presenza
di tre persone che mi accompagnavano nell’ indagine, ho fatto una doppia
scoperta:
1) un documento firmato dai due professori di medicina (Piédelièvre e Simonin) e da un medico (Fourcade) che attestava l’esistenza sia delle conclusioni negative, che della perizia Fabre;
invece
2) la perizia stessa restava INTROVABILE nell’integralità dei dossier consultabili.
Dalla fine degli 1990 ad oggi, si può constatare come tra gli storici, ma
non sui media, né per il grande pubblico, le camere a gas naziste siano
in via di rarefazione o sparizione. Non c’è più fede (si vedano a
questo titolo, le mie osservazioni nel « Les chambres à gaz et Le Monde en perdition » “[http://robertfaurisson.blogspot.it/2012/09/les-chambres-gaz-et-le-monde-en.htmle « Serge Klarsfeld : à Auschwitz 1000 juifs déportés de France ont été gazés … au lit ! » [http://robertfaurisson.blogspot.it/2012/12/serge-klarsfeld-auschwitz-1000-juifs.html. Certo, alcuni storici affermano
ancora qui e lì, la presenza di camere a gas naziste ad Auschwitz o
altrove e continuano a usare le parole « gasare », « gasaggi » o
« gasati », ma solo come convenzione e automatismo di linguaggio. Non si soffermano più sul soggetto, lo schivano. E questo ad un punto tale, che verso la fine degli anni 1990, la moda del « la Shoah da gas » sembrò cedere il passo alla moda del « la Shoah da pallottole » ma quest’ultima invenzione, dovuta a Père Patrick Desbois (un sacré farceur !),( un grande burlone !) ha iniziato anch’essa a perdere lustro.
Nel 2005 e nel 2009, lo storico Robert Steegmann appoggia la tesi ufficiale
Tra gli storici che hanno poca fede nella camera a gas nazista, si noti
un’eccezione: quella di Robert Steegmann, storico dello Struthof. La sua
camera a gas, è vero, non misura nemmeno 9 mq, ma va bene, gli è
sufficiente. Il nostro storico vi si attacca e ne difende ancora
l’esistenza e l’autenticità, al contrario, per esempio dei suoi
colleghi, che nemmeno nel caso di Auschwitz, osano più pretendere di
possedere prove fisiche dell’esistenza e del funzionamento delle pretese
camere a gas omicide (si veda su Robert Jan van Pelt : http://robertfaurisson.blogspot.it/2011/09/les-victoires-du-revisionnisme-suite.html.Nei due grossi dotti libri che ha consacrato allo Struthof nel 2005 (Struthof, Strasbourg, La Nuée bleue 496 p.) e nel 2009 (Le camp de Natzweiler-Struthof,
Paris, Seuil, 379 p.) R. Steegmann ha parlato di questa « camera », con
insistenza nella prima delle due opere. Ma ci nasconde caparbiamente
l’arma del crimine: non ci mostra nessuna foto, nessun disegno tecnico, nessuno studio tecnico o scientifico! Eppure
quella prima opera conteneva circa 40 foto e nella seconda ci si dice
che «Solo lo stabile della camera a gas resta chiuso [ai visitatori ]”
(pag. 354), ciò che in realtà avrebbe dovuto spingere l’autore a
mostrarcela in foto. Infine, sulla scia dei suoi predecessori, ci
gratifica con l’orribile storia del Dottor Hirt, della sua “ordinazione”
di ebrei ad Auschwitz e del gasaggio degli stessi allo Struthof.
Rimessa in discussione della tesi ufficiale
Ho personalmente discusso molto della «camera a gas» dello Struthof, ho
potuto esaminarla nel 1974, prima di tornarci nel 1978 con l’Avvocato
Eric Delcroix e altri testimoni. Ho pubblicato delle fotografie e ne ho
spesso ricordato tanto la leggenda quanto la verità. Nel 1980, Serge
Thion ha riprodotto fedelmente numerosi miei scritti sul soggetto in
questione nella Vérité historique ou vérité politique ? / Le dossier de l’affaire Faurisson / La question des chambres à gaz, Paris,
la vielle Taupe. Si vedano le pagine 26, 61, 78, 82, 86, 89, 101, 104,
108-109, 111, 123, 173, 185, 207 (n.), 312-313, 335. Nella pagina 312
figurano due fotografie che da sole, mostrano l’assurdità della tesi di
un gasaggio in un locale simile: l’acido cianidrico avrebbe gasato lo
stesso gasante in mancanza di:
1) un isolamento draconiano,
2) di una porta a tenuta stagna come nei sommergibili,
3) dei ventilatori orientabili,
4) un estrattore potente o un neutralizzatore del gas da evacuare.
Tempi addietro avevo sfiorato il soggetto in una lettre au Monde (16 janvier 1979, p. 13) ; questa lettera fu in seguito riprodotta nel mio Mémoire en défense contre ceux qui m’accusent de falsifier l’histoire. Paris,
La Vielle Taupe, 1980, p. 83-88. Vi avevo sottolineato che alla stregua
di tutte le altre pretese camere a gas naziste, sia allo « stato
originario » sia allo stato di rovine, quella dello Struthof,
all’indomani della guerra, non era stata oggetto di nessuna perizia criminale completa. In seguito però, come ho scritto sopra, il 27 marzo 1980, scoprii
1) che la « camera a gas » dello Struthof era stata oggetto di una perizia in debita forma;
2) che le conclusioni della stessa perizia erano state negative;
3) che anche se il testo della suddetta perizia era sparito, la sua
esistenza era attestata da tre esperti che se non specialisti in
tossicologia, lo erano in medicina legale.
Per anni, instancabilmente sono tornato sul soggetto in questione, ma le
mie tre scoperte, i miei argomenti, le mie domande non hanno mai avuto
risposta; peggio, hanno fatto finta che il professor René Fabre, non avesse mai redatto la perizia. Mentre nei primi quattro volumi dei miei Ecrits révisionnistes, il nome del professore appare nelle pagine, 232,
253, 395, 519, 879, 1060, 1230, 1399, 1552-1553, 1576, 1682, il nome
dello Struthof appare in una sessantina di pagine annotate nel sommario.
Il 12 dicembre 2005, nelle pagine 87-88, ho riprodotto il mio articolo
sulla «Résurrection d’un vieux serpent de mer ».
Per approfondire: http://robertfaurisson.blogspot.it/
Dalla fine della Seconda guerra mondiale, ci è stata data la versione
dei vincitori sui fatti bellici più importanti. Come tutti sanno, è
stato detto che le truppe di Hitler non si interessavano soltanto ai
combattimenti, ma mettevano in pratica un feroce piano di sterminio
rivolto soprattutto agli ebrei. Per molti anni tutti abbiamo creduto a
questa versione dei fatti, ci siamo commossi guardando film
sull’argomento, e siamo rimasti inorriditi dagli scheletri ammassati nei
pressi dei lager.
Ma negli ultimi anni diversi storici indipendenti hanno messo in dubbio
questa versione dei fatti, sostenendo che su molti aspetti di questa
versione non ci sono prove, o non ci sono fatti storici sufficienti a
suffragarla. Uno di questi studiosi è il prof. Robert Faurisson, di cui
pubblichiamo uno scritto suddiviso in due parti.
Seconda parte:
Nel 2013 Le Monde rilancia la tesi ufficiale!
Nell’aprile 2013 è riapparso il serpente di mare (nel gergo
giornalistico il “castagno”) [tòpoi]. In quest’occasione e con una certa
prontezza, la stampa francese ha tentato di riproporci i rumori sullo
Struthof. Cosi nel suo supplemento « Télévisions » (28-29 avril 2013, p. 9), Le Mondepubblica un
articolo di Jean-Baptiste de Montyalon in cui si annuncia che, il
lunedì 29 Aprile, France 3 avrebbe diffuso un documentario di 55 minuti:
«In nome della razza e della scienza – Quando i nazisti volevano conservare tracce degli ebrei che sterminavano». Questi erano il titolo e il sottotitolo dell’articolo di cui ecco un estratto:
…“Una missione é inviata [nel 1943] ad Auschwitz per scegliervi 115
persone. I requisiti di quest’ultime sono indirizzati a Hirt, che ne
sceglie 87 e poiché i cadaveri rischierebbero di deteriorarsi con il
trasporto, gli ebrei sono convogliati verso il blocco 13 del campo dello
Struthof, in Alsazia. Al fine di dare loro un buon aspetto fisico,
vengono nutriti correttamente. Nello stesso tempo una piccola camera a
gas è allestita in una vecchia sala per le feste, distante 800 metri dal
campo. In una sera dell’agosto 1943, tutti vengono condotti li, in
quattro gruppi distinti. Una donna si ribella ed è uccisa, il suo corpo
sarà scartato dalla « collezione ». – Il primo dicembre 1944 quindi, nei
sottosuoli dell’Istituto di anatomia dell’università del Reich di
Strasburgo, gli alleati scoprono 86 corpi, di cui 16 cadaveri sono
interi, i restanti invece mutilati e irriconoscibili. Per delle ragioni
restate misteriose Hirt una volta preparata, non ha potuto fare la sua
« collezione ».Ha solo tentato di mascherare il crimine per poi
negarlo.”…
Nel 1979, la LICA(LICRA), alla quale si univano altre otto associazioni,
mi aveva intentato un vasto processo per “danni”, causati, dicevano,
“dalla falsificazione della storia” perché, ne Le Monde e altrove, al termine di una lunga e meticolosa inchiesta, avevo all’epoca concluso che le pretese camere a gas hitleriane (allo Struthof come altrove) e il preteso genocidio ebreo costituivano una sola e stessa menzogna storica. Non
è più possibile oggi, immaginare quanto questa conclusione avesse
indignato anche gli storici più esperti; i tempi sono cambiati e
specialmente grazie ad internet, ”gatta ci cova” e “l’ingranaggio non funziona più”: La LIC[R]A era partita in battaglia armi alla mano e sicura della sua vittoria. Ma dovette disilludersi presto. Due avvocati ebrei tra
cui Robert Badinter, erano tornati praticamente a mani vuote da una
missione in Polonia e in Israele dove erano andati a cercare prove
dell’esistenza di camere a gas naziste. Abbondanti in quantità, i
documenti raccolti però si rivelarono di una cosi cattiva qualità, che
nel dicembre 1992 davanti alla prima corte d’appello di Parigi, sezione
A, fecero disperare l’Avvocato Bernard Jouanneau, il corifeo della
LIC[R]A. Prendendo un’iniziativa che stava per ritorcersi contro di
loro, i miei avversari avevano chiesto alle autorità competenti il
diritto di accedere ai documenti giudiziari riguardanti il campo dello
Struthof e conservati al Blanc (Indre) dalla direzione della Gendarmeria
e della giustizia militare: Ne ignoravano il contenuto, ma contavano
sulla Provvidenza per fare scoprire alle autorità in un mucchio di
documenti, la prova che almeno nello Struthof era esistita e funzionava
una camera a gas nazista. Fu loro accordato l’accesso ai documenti e di
conseguenza anche a noi. Nel Palazzo di Giustizia, dal 27 marzo al 5
giugno 1980, per 8 lunghe sedute di consultazione, sotto la
sorveglianza, discretamente rilassata di un funzionario, l’Avvocato Eric
Delcroix, io e altre due persone che ci accompagnavano, avemmo la
possibilità di scoprire un certo numero di documenti che avrebbero
nettamente rinforzato le conclusioni revisioniste. Fummo costretti a
prendere appunti, poiché le fotocopie erano vietate. Dal primo giorno e
dal mio primo esame del primo dossier, m’imbattei su quelli che
chiamammo tra di noi «gli altarini» e che non erano altro che
la doppia conclusione del rapporto Fabre. Come costatammo,
sfortunatamente in seguito, il testo del rapporto restò introvabile sino
alla fine. La sua scomparsa era datata o recente?
Questo singolare rapporto era sparito, guarda caso l’antivigilia della
nostra consultazione, cioè il 25 marzo 1980, giorno in cui George
Wellers per conto della LIC[R]A, aveva ottenuto il privilegio di aprire
la serie di consultazioni?
Le conclusioni negative della perizia del Professor René Fabre
Il fatto certo è che noi abbiamo la prova circostanziata che René Fabre
avesse chiuso la sua inchiesta in maniera doppiamente negativa. Lo
stesso cartone n°1 conteneva in effetti, un “Documento 96/B”, consisteva in un “rapporto di perizia” del Professor Piédelièvre (Parigi) Dottor Simonin (Strasburgo) e del Dottor Fourcade (Strasburgo). Il rapporto era relativo
1) allo Struthof, la « camera a gas » che stranamente, i Tedeschi non si erano preoccupati di distruggere;
2) all’Ospedale civile di Strasburgo, i cadaveri o i loro resti che sempre stranamente, i Tedeschi non si erano preoccupati di far sparire.
Eppure, l’evacuazione del campo non era stata fatta in fretta: era
cominciata all’inizio del 1944 e gli Americani erano arrivati solo il 25
novembre; a titolo d’esempio, il Professor Hirt, come sempre in tempo di guerra,
aveva fatto distruggere dei documenti dalla sua segretaria, prima di
lasciare il posto (Steegmann 2009, p. 327). Nel loro rapporto i tre
esperti (che non erano tossicologi e deludevano le conclusioni del
prestigioso tossicologo R. Fabre) scrivevano:
Ricerche tossicologiche. Inventario dei reperti sottomessi all’esperto tossicologo, Professor FABRE della facoltà di Farmacia a Parigi.
– Reperto W. Prodotto di raschiamento del muro esterno della camera a gas, intorno al camino.
– Reperto X. Calcinaccio proveniente dal camino esterno della camera a gas nel momento della sua rimozione (pag. 52).
Ricerche farmacologiche. I prelievi di sangue dalle
viscere, fatti nel corso delle autopsie hanno dato luogo, da parte del
Dottor FABRE, a ricerche tossicologiche.
– Dal suo rapporto datato 1° dicembre 1945, riproduciamo le conclusioni:
“ Nelle viscere conservate nel liquido di conservazione (alcol + formalina) dati ai fini delle analisi, non sono state riscontrate sostanze volatili tossiche, e in particolar modo di acido cianidrico”. E’
opportuno ricordare che quella tossicità, secondo le prove preliminari,
non sarebbe stata riscontrata, se non presente in una dose superiore ai
6 milligrammi sul campione prelevato. (pag.61). [In seguito i medici
dando la loro opinione aggiunsero come commento ] :Le conclusioni
negative della perizia del professor FABRE non sono da ritenere false
nel quadro della possibilità, anzi della grande probabilità, di
intossicazione da acido cianidrico (pag. 67). Si noti come in quest’ultima affermazione, dove si trattava di “possibilità” o di “grande probabilità” e non di “certezza”,
non c’ era nemmeno un accenno di una qualunque giustificazione da parte
dei tre medici. Durante il processo intentatomi dalla LIC[R]A e altre 8
associazioni, la mia scoperta del 27 marzo 1980 mise i miei avversari
nell’imbarazzo e, suppongo, contribuì all’apprezzamento che i magistrati
della Corte d’appello fecero in seguito, per la qualità delle mie
ricerche, in generale, sulla questione delle camere a gas naziste. In
ogni modo, un’importante quantità di fatti da me riportati nei miei
numerosi scritti sul soggetto, rendeva impossibile l’esistenza,
soprattutto sul piano fisico in quel luogo di una camera a gas di
esecuzione con acido cianidrico. Vi rinvio su questo alle constatazioni
che ho potuto fare negli Stati-Uniti, sulla spaventosa complessità e
l’estrema pericolosità del’exécution d’un seul condamné au moyen précisément de ce gaz.. Al
processo i miei avversari, hanno in pratica rinunciato volontariamente a
citare l’argomento della «camera a gas» dello Struthof. Il
corso del processo volgeva manifestamente a mio favore a tal punto che
durante le udienze anche i nostri avversari non hanno potuto sfruttare
in nulla quegli archivi, archivi dai quali ho ricavato il più grande
profitto. Da qui la conclusion formulée, le 26 avril 1983,
dalla prima camera della Corte d’appello (presidente François
Grégoire), conclusione che nel linguaggio di un profano può essere
riassunta cosi : sul capitolo delle camere a gas naziste non ci
sono, nelle ricerche dl Signor Faurisson né leggerezza, né negligenza,
né ignoranza intenzionale, né menzogna; pertanto tutti (esperti, storici
e pubblico) devono avere il diritto di affermare eventualmente come
Faurisson che le camere a gas naziste non sono esistite. Certo
fui condannato, ma se si può riassumere cosi questa famosa sentenza,
cosi chiara e decisa nella prima parte e cosi confusa nella seconda,
sembrerebbe che sebbene il mio lavoro fosse impeccabile sulle camere a
gas naziste, agli occhi dei magistrati della corte, mi sia reso
colpevole di malevolenza.
Non si può persistere in una menzogna di questo calibro per oltre due generazioni
La Facoltà di farmacia di Parigi ha da tanto tempo una sala che porta il
nome di René Fabre (1889-1966) ornata da un busto dell’onorevole
decano, ma nel repertorio delle sue opere, consultabile presso la
Biblioteca interuniversitaria di farmacia, 4 Avenue de l’Observatoire di
Parigi (VI), la perizia è assente. Di questo rapporto ne è esistito più di un esemplare. Oggi che riemerge l’affare Struthof, occorre più di prima, intraprendere delle ricerche per trovare un esemplare del rapporto scomparso. Sono
cosciente della gravità del dilemma davanti al quale si troveranno gli
storici che sino a oggi hanno sostenuto la tesi ufficiale e immagino la
confusione delle associazioni e delle autorità che hanno chiesto e deciso l’iscrizione della camera a gas dello Struthof nella lista dei monumenti storici. Ma
non si può persistere in una menzogna che, con l’arrivo della terza
generazione, diventa sempre più fragile. Dal 1941 al 1944, lo Struthof è
stato testimone delle sofferenze degli uni , poi dal 1945 al 1948,
testimone delle sofferenze degli altri (chiamati “collaborazionisti”).
Riportato alla sua autenticità, costituisce l’emblema, tra i tanti, dei
veri orrori e delle vere sofferenze della guerra e della guerra civile.
Ecco, ora basta.
Il caso personale di R. Steegmann
Per quanto riguarda R. Steegmann, che scriveva a proposito della sua
opera nel 2009: « Questo libro è il risultato di un lungo lavoro di
vent’anni » (pag. 375) e che sicuramente conosce tutti i documenti del
dossier, ci piacerebbe che rispondesse alle seguenti domande :
1) Perché ha taciuto l’esistenza del rapporto Fabre e delle sue conclusioni negative ?
2) Perché ha citato i medici Piédelièvre, Simonin e Fourcade, ma non
quelli che hanno menzionato il rapporto Fabre? (Steegmann 2005 pagg.
313-316, cosi come le note 1261 – 1264, poste nelle pagine 479-480).
3) Perché ha citato The Struthof Album (New
York, The Beate Klarsfeld Foundation, 1985) di Jean-Claude Pressac senza
rivelare il contenuto dei passaggi devastanti dove Pressac, senza
citare René Fabre, ne cita le conclusioni, apparentemente approvandole
quando scrive : « toxicological testing was negative » (p. 12), « toxicological analyses, which seem to have yielded negative results » ou « the toxicological examination for cyanides did not yield any positive results » (p. 41)?
4) Perché non aver segnalato lo sbriciolamento da parte dello stesso J-C
Pressac di alcune “testimonianze” tra cui quella del preteso gasante
Josef Kramer, vecchio libraio, in particolare alle pagine 5, 9, 29,
30-36 del suo libro, dove si può leggere dalla piuma dell’autore, una
conclusione revisionista anche nella sua formulazione : « he would have ended up gassing himself » [se ciò che dice fosse vero,] avrebbe finito con il gasarsi da solo » (p. 5) ?
5) Perché nelle due opere del 2005 e del 2009, non ha mai dato la benché
minima rappresentazione fisica della « camera a gas dello Struthof »?
6) Perché non ha pubblicato la lettera integrale dove il Professor Hirt, chiamato in causa dalDaily Mail di Londra il 3 (e il 6) gennaio 1945, ha scritto da Tübingen, una e lunga e decisa « Presa di posizione » (Stellungnahme) in tre punti, cominciando con: «Questo reportage [del Daily Mail] è una tipica favola immaginaria di atrocità» (ein typisches Greuelmärchen) ?
7) Perché, invece di riprodurci questo testo (ciò che per una volta,
avrebbe permesso di dare la parola ad un perpetuo accusato), si è
accontentato di indicarci il riferimento e di riassumercene alcuni
frammenti in tono di presa in giro (in particolare 2009, p. 337)? A
proposito di Hirt si legge : « Molto provato dalla scomparsa della
moglie e di suo figlio, morti nel bombardamento di Strasburgo, il 25
settembre 1944, si suicida il 2 giugno del 1945 a Schönenbach nella
Foresta Nera (ora Schluschsee) » (p. 338); perché solo questa nota
umana (dove, lo sottolineo, è evocata l’atrocità – vera, quella lì – del
bombardamento sistematico delle popolazioni civili da parte degli
Anglo- Americani).
Perché è coperta dai facili oltraggi indirizzati alla memoria dell’uomo che si è ucciso per disperazione: « vanitoso » « orgoglioso », « ossequioso », « mostruoso », « criminale»?
R. Steegmann, ha avuto il merito di correggere le formidabili
esagerazioni diffuse da certi storici dello Struthof e da Henri
Amouroux, che davano a credere che la minuscola «camera a gas»
di questo campo era servita a carneficine massicce e regolari. Negli
anni 1970, mentre fiorivano ancora i più sfrenati racconti sulla «barbarie nazista»,
si accoglieva in maniera favorevole l’opera di Henry Allainmat, citato
da R. Steegmann e intitolata in maniera significativa: Auschwitz en France/La vérité sur le seul camp d’extermination nazi en France,
Presses de la Cité, 1974, 249 p.OR R. Steegman, rivedendo e correggendo
quel punto di vista, é portato a concludere cosi:« Per quanto
considerevole, sia la mortalità, soprattutto in cinque anni, e malgrado
la presenza di una camera a gas, ciò non é sufficiente a fare di
Natzweiler (o dello Struthof) un campo di sterminio. L’espressione è
ricorrente dal 1945,perpetuata con le menzogne e i racconti dei superstiti.
Che dilemma crudele tra storia e memoria!
Il dibattito non ha ragione di esistere. Poiché, se c’é stato sterminio,
è stato percepito e vissuto come tale, per effetto del lavoro,
dell’usura, del non-rispetto dei diritti più elementari dell’uomo,ma non deriva certo dalla condanna a morte pianificata e sistematica di interi gruppi»
(2009; pagg. 308-309.) Peccato che R. Steegmann qualche volta sia
fermo, come si è già visto, al linguaggio vendicativo degli anni 1950 e
alle semplificazioni estremiste degli storici dell’epoca. Citando un
passaggio del libro di François Bayle apparso nel 1955 sotto il titolo
diCroix gammée contre caducée, sull’affare Hirt fa sua la seguente conclusione (metto alcune parole in grassetto): «Cosi la mostruosa idea di un solo criminale [Hirt ], affidata ad ungrande idiota ben collocato [Brandt] e un demoniaco violento [Sievers], distribuita da un capo crudele, ottuso, curioso e insensibile [Himmler], fu realizzata con cura da una bruta disciplinata(al
femminile nel testo originale N.d.T.) [Kramer]» (2009, p. 338). E’
giustificabile che, per ragioni personali, l’odio che R. Steegmann nutre
verso il nazionalsocialismo lo porti ad approvare, nei testi di F.
Bayle, tali eccessi di pensiero, ma il nostro storico dovrebbe avere la
buona idea di andare a vedere un po’ meglio quegli scritti revisionisti
che molto probabilmente non ha letto, ma si accontenta di chiamare “la spregevole produzione dei negazionisti” (2009,
p. 329). Vi potrebbe attingere considerevoli insegnamenti sul modo di
condurre un’inchiesta storica, diversamente da come fanno coloro che io
chiamo gli «storici di carta», i quali si preoccupano troppo
poco della consistenza dei fatti, soprattutto quando si tratta di
studiare un crimine. Gli ricorderebbe che bisogna stabilire i fatti
prima di commentarli e che conviene prima di tutto, essere concreti,
terra terra e materialista come lo sono, in principio, uno specialista
di polizia tecnica (sulla scena del crimine) e uno specialista di
polizia scientifica (in laboratorio). Imparerebbe ugualmente a leggere
con più attenzione i documenti e, nel caso in questione, tra gli altri
« les « aveux » du SS Kramer nelle
diverse versioni, che sono assurde e inconciliabili. Forse prenderebbe
in considerazione, la ferma negazione dei tedeschi interrogati dalla
Giustizia francese della camera a gas falsamente omicida e del preteso
gasaggio degli 86 ebrei. Presterebbe più attenzione alle testimonianze
secondo le quali questa miserabile camera a gas, cosi semplice,cosi
artigianale, con i suoi giunti di « feltro » (!), era stata in realtà
utilizzata per l’inoffensiva esercitazione delle reclute al porto della
maschera antigas (con passaggio in atmosfera semplicemente viziata),
quando non utilizzata per le ricerche del Dottor Bickenbach
sull’urotropina o altro antidoto destinato alle sfortunate vittime del
tifo o dei bombardamenti al fosforo. Nei miei scritti apprenderebbe che,
durante l’estate del 1943, le autorità del campo, stavano ancora
considerando l’installazione di una semplice camera a gas di
disinfestazione e che il piano che avevano sottoposto a Berlino e a
Francoforte gli era stato rinviato con osservazioni scortesi sulla
mancanza di serietà del loro progetto (lettera della ditta di
disinfestazione Heerdt-Lingler del 3 settembre 1943). A questo proposito
ci si chiede come, poco prima, Kramer, libraio di professione nella
vita civile, avrebbe potuto, munito di qualche consiglio, improvvisarsi
maestro nel costruire camere a gas omicide al punto tale da accumulare quattro esecuzioni di gruppi umani, per un totale di 86 vittime e questo con un materiale e una tecnica che avrebbero normalmente provocato una serie di catastrofi sia per l’esecutore sia per la cerchia vicina e lontana.
Il dovere di esattezza
R. Steegmann dovrebbe abituarsi all’idea che viviamo in tempi in cui le
nuove generazioni mal sopportano che gli si faccia la morale con cosi
tanta insistenza. Sorridono o si irritano nel vedere che ci ostiniamo,
al liceo o altrove, a inculcare loro delle scelte di ordine morale e a
filosofeggiare sull’«innominabile », o l’importanza di «dire l’indicibile »
(2009, p. 311). L’odio del nazista con il coltello tra i denti,
l’obbligo morale, che ci è imposto, di andare a sputare sulle tombe dei
vinti, la ripugnante abitudine presa dal vincitore di ergersi al
contempo accusatore e giudice di un vinto totalmente alla mercé , il
cinismo che consiste nel dichiarare a priori : «Il Tribunale non é tenuto alle regole tecniche relative all’amministrazione delle prove…» o ancora : «Il Tribunale non esigerà che sia resa la prova di fatti di notorietà pubblica, ma la considererà come scontata… »
(articoli 19 e 21 dello Statuto del Tribunale di Norimberga), tutto
questo, che persiste da cosi tanto tempo dopo la guerra, comincia a
datare e stancare. Gli americani chiamano questo fenomeno di rigetto « Holocaust Fatigue ». Già tra il 1938-1939 i giovani Francesi avevano le orecchie stanche sia dai ritornelli della Prima Guerra mondiale su « les Boches » (Crucchi ndt,) le loro « fabbriche di cadaveri », « i bambini belgi con le mani tagliate » e dagli slogan troppo spesso bellici su « l’amore per la patria », « la gloria delle armi » o il mito de « la tranchée des baïonnettes ».
I ritornelli di oggi sono riciclati da quelli di ieri, riportano lo
stesso tono di esagerazione, di falso e di indottrinamento.
R. Steegmann ripete spesso che lo storico non è né giudice né accusatore
ma la sfortuna vuole, che da un capo all’altro delle sue due opere
principali sullo Struthof, abbia adottato il linguaggio di un
giudice-accusatore troppo poco preoccupato di dichiarare “la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità”. Ha soprattutto nascosto al suo lettore l’esistenza e il contenuto di una perizia scientifica di primaria importanza e ha ignorato troppi
fatti essenzialmente di ordine materiale che, da soli, erano
sufficienti a convincere che il racconto dei pretesi gasaggi omicidi
dello Struthof non poteva che essere un’impostura.Il futuro ci dirà se quest’impostura andrà presto a raggiungere tanti altri racconti sulle “camere a gas naziste”, che dal 1960 ai giorni nostri, sono finiti nelle immondizie della storia.
Si renderebbe giustizia per il rispetto che meritano le vere sofferenze
di tutte le vere vittime della Seconda Guerra mondiale.
N.B.: R. Steegmann valuta il numero dei detenuti morti
allo Struthof in un totale di circa 20 000, che gli sembrava
« plausibile, di cui 3 000 nel « campo-madre » (2009, pag. 287). Era
proprio alla cifra di 3 000 che si era fermato nel suo atto di accusa,
al processo di Metz, nel 1952, il tenente colonnello della Giustizia
militare Guyon, commissario del governo al Tribunale militare permanente
delle forze armate, che dichiarava: « In tre anni e mezzo di esistenza del campo, lo Struthof che è da classificare tra i più temibili,
è stato la tomba di 2165 vittime calcolate, fatta eccezione per una
trentina di esecuzioni clandestine e di tutti i Russi, Polacchi, Ebrei
morti tra metà settembre del 1943 e il 29 maggio 1944. Il numero dei
decessi deve avvicinarsi a 3 000, la media effettiva dei deportati
durante lo stesso periodo è stata di 1983».R. Steegmann è giunto
alla stima dei 20 000 solo con l’aggiunta di elementi eterocliti e non
accompagnati da giustificazioni verificabili. La « nebulosa » dei campi
satelliti, con i suoi propri morti, occupava a volte spazi geografici
notevolmente lontani dallo Struthof, che potevano andare per esempio dal
Lussemburgo all’Austria. Per quanto riguarda le vittime delle « marce della morte »,
sono difficilmente imputabili a una Germania che, in preda ai
bombardamenti e alle epidemie, era agonizzante e sul bordo del caos,
soprattutto nei trasporti. Infine, per tornare al cuore del nostro
soggetto, la camera a gas dello Struthof, è opportuno sapere che durante
il processo di Metz, secondo un giornale, il capitano Henriez,
sostituto del commissario del governo, avrebbe dichiarato: « Non posso fornire la prova che ci siano stati dei morti da avvelenamento allo Struthof » (Dernières Nouvelles d’Alsace, 18 décembre 1952, p. 15).
Fonte originale: http://robertfaurisson.blogspot.it/2013/05/il-est-temps-den-finir-avec-la-chambre.html