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Altro che Misericordia
di Claudio Moffa
accoltellamento, forse ripetuto più volte, della foto del
piccolo Ali, uno dei bambini palestinesi uccisi dagli israeliani. Una bella
“festa”, Israele doc, quella dei coloni che occupano porzioni di terra al di
là degli stessi confini del 1967, e dunque assolutamente illegittimi. Uno
scempio, un atto bestiale, che ricorda quel passo di Spinoza che denuncia lo
“zelo religioso” che avvolge l’atavico odio degli Ebrei contro i popoli ‘goym’.
E ricorda la
nascita di Gesù: crocifisso di nuovo, nel XXI secolo? Razzisti, luridi
criminali, è l’unico attributo che queste canaglie meritano, gente che in
barba a ogni legge e a ogni diritto umano ammazza bambini e continua a
reiterare il suo assassinio, festeggiando gioiosa di morte.
Sono gli stessi
che aggrediscono l’ebreo giusto Ariel Toaff che scrive il suo Pasque di
sangue, una decina di anni fa.
Gli stessi che
lanciano le campagne d’odio e di incarceramento contro i cosiddetti
negazionisti.
Gli stessi che
minorenni italiani intervistati da una TV oggi mediaset, alla giornalista
che chiedeva loro – ragazzi di 10 12 anni – cosa festeggiavano con la
Pasqua, rispondevano, nel secolo ventunesimo o forse negli ultimi anni
Novanta: celebriamo l’uccisione dei primogeniti egizii durante la fuga
dall’Egitto. Pazzesco.
Poi sullo schermo
TV scorrono i servizi su Natale, e qui e là i accenni fugaci sul Giubileo
aperto dal papa nel nome della Misericordia. Misericordia con quelle bestie?
La mia reazione istintiva è, confesso, “altro che Misericordia” … Mi fermo,
e come è giusto, vado a leggere la Misericordiae Vultus dell’aprile scorso,
base ‘ideologica’ dell’anno del Giubileo che finirà nel novembre 2016.
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ricchi di citazioni e di annotazioni preziose: la bolla di papa Francesco si
baserebbe anche su un codice liturgico che risale a Papa Gelasio, VIII o IX
secolo, forse di origine berbera. Il perché viene ricordato, sta forse nella
sua ‘alterità’, ma la questione richiederebbe un approfondimento.
Leggo le
citazioni, le parabole di riferimento e tutto quel che può servire a capire
meglio , e qui la faccio breve: nella maggioranza dei casi si afferma che
tutta la vita di Gesù è improntata alla misericordia, e cioè al perdono, “di
ogni peccato”. A me non pare: le frustate nel Tempio non erano un perdono,
ma il segnale di un disprezzo e l’affermazione di una alterità irriducibile
nei confronti dei blasfemi che violavano incuranti la sacralità del luogo.
Tutto pare
confondersi. Nella Misericordiae Vultus, la Bibbia appare dimezzata: non c’è
il Libro di Ester, non c’è la Torre di Babele voluta da un popolo di Dio che
rifiuta l’ “altro” fin dalla sua nascita storica, non c’è il Deuteronomio
con l’usura si per i goym e no per il “prossimo” tribale, non c’è una
lettura appropriata del “prossimo”: che non è solo o soltanto “anche il
nemico”, ma è anche e prima ancora – a mò di statuto fondativo di certa
religione ebraica - il “non ebreo”. E si cita la festa dell’Hellel, i cui
Salmi di riferimento narrano però del popolo di Israele che fugge
dall’Egitto e dunque riducono la misericordia da atto di bontà universale, a
atto benefico solo per gli eletti geneticamente determinati in quanto figli
di madre ebrea.
Epperò ecco che
alcune citazioni diverse danno ragione al buon senso, e lì si trova un Dio
che perdona i peccatori minori, ma punisce i “malvagi”. Finalmente. Ma
allora … Allora mi aspetterei che Papa Francesco citasse in un suo prossimo
discorso quell’episodio, e lo additasse come un esempio di malvagità nei cui
confronti non puo’ esserci alcun perdono. Perché quella festa è stata una
festa satanica, e satana – utilizzo il linguaggio religioso – non può essere
certo perdonato, né i suoi seguaci dovrebbero sfuggire alla legge di Cesare.
Ma temo che questo non accadrà mai: nella Misericordiae vultus il cosiddetto
‘legalismo’ è disprezzato, a danno del buon senso in politica interna –
l’immigrazione senza regole – e estera – le violazioni senza fine delle
risoluzioni ONU da parte di Israele. Così stanno le cose.
E inoltre, il
discorso non corre solo sul filo della percentuale di citazioni giuste e di
quelle parziali: c’è anche il problema della comunicazione mediatica, che
Papa Francesco mostra di conoscere bene. Le dotte argomentazioni e
articolazioni della bolla papale contano ben poco rispetto all’effetto
mediatico di una parola, che stando allo Zanichelli vuol dire solo e
semplicemente: “Sentimento che induce alla comprensione, alla pietà e al
perdono verso chi soffre o chi sbaglia”.
Dunque sembra non
esserci scampo, è il disarmo delle coscienze cristiane. Per lungo tempo, non
solo decenni e forse nemmeno solo per secoli, la Chiesa ha offerto ai
cristiani immagini di loro stessi come obbligati a perdonare e a porgere
l’altra guancia: perché mai il Giubileo della Misericordia non dovrebbe
spingerli a non cogliere l’inaudita gravità di quanto successo nella festa
di matrimonio di un gruppo di coloni israeliani, e ad abbassare la testa di
fronte alla arroganza dei “fratelli maggiori”, nel giorno del Natale di
"nostro signore Gesù Cristo"?
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