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La
gita a Latina della presidenta Boldrini
di
Mario Consoli
19 luglio, per dar risalto al cambio del nome dei giardini di Latina (da
Parco Arnaldo Mussolini a Parco Falcone e Borsellino) è arrivata anche la
presidenta Boldrini.
Non
tutti si sono dimostrati entusiasti della sua partecipazione: un enorme
striscione salutava la «BOLDRINI TALEBANA» e su molti palazzi era stata
esposta la scritta «OBBIETTIVO SENSIBILE». Evidentemente ci si riferiva alla
questione di abbattere i monumenti e i simboli del fascismo, della quale si
è molto detto in questa settimana, e Latina a buon titolo si sente tutta un
simbolo fascista.
Ma,
già, lei ci ha dichiarato, proprio nel viale dei giardini ex Arnaldo
Mussolini, che si è trattato tutto di una bufala; che lei queste cose «non
le ha mai dette».
In
effetti, si è semplicemente lamentata dell’esistenza di queste testimonianze
architettoniche perché «ci sono alcune persone, che hanno dedicato la loro
giovinezza a liberare il nostro paese, che si sentono poco a loro agio
quando passano sotto certi monumenti». E ha aggiunto: «Non accade
altrettanto in Germania, dove i simboli del nazismo non ci sono più».
E
questa non è una «bufala»! Ci sono filmati e registrazioni e non può
negarlo.
«È
evidente che in Italia questo passaggio non c’è stato» si è quindi
rammaricata la Boldrini.
Ma,
vede. presidenta, in Germania non c’è più niente perché le città sono state
rase al suolo dai bombardieri anglo-americani. Le 40 maggiori città tedesche
sono state distrutte in una percentuale che va dal 50 al 94%. In Italia
l’effetto delle bombe cadute dal cielo è stato pesante e devastante, ma,
grazie-a-dio, in proporzioni nettamente inferiori.
Cos’è,
è proprio questo il fatto che le dà cruccio?
Ma,
tornando alla cerimonia di Latina, lei si è compiaciuta del cambio di
intestazione dei «giardinetti» (come li hanno sempre chiamati gli abitanti
del posto) e ha dichiarato: «Hanno voluto dedicare il Parco a due grandi
figure del nostro paese, due magistrati che hanno dato la vita per la
legalità. E nel nostro paese c’è bisogno di educare alla legalità, che vuol
dire tante cose, il rispetto dell’altro, il rispetto del bene comune e anche
il rispetto dei valori della nostra Costituzione, che nasce dalla resistenza
e dalla liberazione dal regime nazi-fascista».
Eh
già, il rispetto degli altri. Cosa saggia e preziosa, ma quando gli altri
sono «tutti gli altri», proprio tutti, anche i fascisti. Sennò non vale.
E
allora perché non ha detto che uno dei due magistrati era un fascista o,
come spesso si dice per addolcire la parola, di «estrema destra»? Cos’è,
adesso che è sugli altari lo volete dipingere a modo vostro?
Come
hanno fatto i comunisti con Che Guevara che da vivo lo consideravano un
pazzo esaltato e da morto un eroe e un martire. O come la Chiesa con Padre
Pio che, dopo averlo carcerato in cella per un sacco di tempo, oggi lo hanno
fatto santo.
Paolo
Borsellino ha sempre avuto le sue idee, ben precise, e le ha coerentemente
conservate, fino alla fine. E non le ha mai nascoste.
Negli
anni dell’Università divenne dirigente del FUAN di Palermo, l’organizzazione
neofascista che operava negli atenei di tutta Italia.
Entrato in magistratura, fu ligio al dovere di non partecipare direttamente
alla politica, ma continuò, da uomo libero, a manifestare le proprie idee. E
proseguì a leggere i giornali di quel mondo che lei, presidenta, dipinge
come il male-assoluto: con ogni probabilità lesse anche articoli miei e dei
miei amici.
Scherzosamente, entrando nel suo ufficio, qualche collega era solito
salutarlo col braccio destro romanamente levato.
Nel
settembre del 1990 intervenne alla Festa nazionale del Fronte della Gioventù
a Siracusa.
Il 19
maggio del 1992, nell’undicesima votazione per il presidente della
Repubblica, fu il candidato ufficiale del MSI e prese 47 voti. Alla fine,
dopo 16 scrutini, fu eletto Oscar Luigi Scalfaro. Peccato.
Ai
suoi funerali, secondo i suoi desideri, non furono invitati governanti e
politici: Scalfaro, Cossiga e Martelli, infilatisi ugualmente, alla
chetichella, tra la gente, dovettero scappare da una porta secondaria della
chiesa, per il terrore di essere linciati dalla folla che aspettava sul
piazzale. L’unico a sedere in prima fila, tra i familiari, regolarmente
invitato, fu il segretario del MSI in carica. Povero Borsellino, gli toccò
quell’arnese mal riuscito di Gianfranco Fini!
Fu un
magistrato integerrimo e di grande valore che non smise mai di combattere la
mafia, anche quando (e lui lo sapeva bene) voleva dire andare incontro alla
morte.
Borsellino credeva fermamente in uno Stato pulito e al servizio del popolo e
della Nazione e sapeva che lo Stato fascista aveva combattuto la mafia e ne
aveva distrutto il potere. Poi, aveva visto che i boss erano stati riportati
in Sicilia dai «liberatori» americani e aveva scoperto che da allora la
mafia aveva operato in collusione con politici e governi.
Quando
i «liberatori» erano arrivati a sfilare per le strade di Palermo, la
famiglia Borsellino rimase chiusa in casa. «Non c’è nulla da festeggiare –
disse la madre di Paolo – stanno passando i nostri nemici».
Altro
che «resistenza e liberazione dal regime nazi-fascista». Le idee di
Borsellino erano diametralmente opposte.
Falcone no, lui era un uomo di sinistra, ma da persone intelligenti ed
equilibrate quali erano, con Paolo si rispettavano e si stimavano. Ed erano
molto amici.
Loro
sì, erano «rispettosi dell’altro». Non come lei, presidenta Boldrini, che le
idee di Borsellino non ha avuto nemmeno il coraggio di nominarle. Cos’è, il
suo ufficio-stampa non l’aveva opportunamente informata?
Ma,
portiamo pazienza, ormai la legislatura è agli sgoccioli e tutto lascia
presagire, per lei, un implacabile e triste tramonto; un ritorno a quel
nulla politico dal quale è venuta. Sbaglio o non è stata nemmeno eletta
dalle preferenze dei suoi elettori, ma imposta da Nichi Vendola come
capolista in tre circoscrizioni?
Forse,
però, un domani, di una presidenta che le spara così grosse, come fa lei,
cabarettisticamente parlando, potremmo anche sentire la mancanza!
21/07/2017
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