lunedì 10 luglio 2017

VIETATO PENSARE


 


VIETATO PENSARE
 
Il Centro Documentazione Ebraica Contemporanea pubblica il suo capzioso "Ostrakon" 2016

di Gianlorenzo Dettori

Cogito, ergo sum”, sosteneva Cartesio nei suoi "Principi di Filosofia" a dimostrazione che l’uomo, soggetto pensante, se vuole giungere alla conoscenza e alla verità, deve necessariamente dubitare di ogni certezza e indagare senza sosta per distinguere il vero dal falso.

Orbene, tale intuizione cartesiana, dotata di grande forza razionale, pare essere del tutto estranea al dna culturale dei dirigenti del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, per i quali sembra invece essere più calzante la massima: “vae iis qui cogitant”.

Lo si evince chiaramente dalla lettura della recente pubblicazione del loro artificioso “rapporto sull’antisemitismo in Italia nel 2016” (d'ora in avanti citato come RA) che cade oltretutto nel decennale di fondazione di questa organizzazione, una sorta di "inquisizione giudaica", il cui scopo è mettere alla berlina gli "eretici" del pensiero, della parola e dello scritto http://www.osservatorioantisemitismo.it/approfondimenti/rapporto-sullantisemitismo-in-italia-nel-2016/.

Tutte le settanta pagine del testo da loro licenziato sono una straziante geremiade sulla cattiveria - tutta antisemita - dei perfidi gentili. Un fenomeno, quello del "pregiudizio antiebraico", che va "democraticamente" combattuto con la demonizzazione di ogni virgola, mezza parola, esclamazione, respiro, alzata di spalle, colpo di tosse, starnuto e persino peto che non siano allineati al pensiero unico dominante (storia, politica, economia, religione), alla mitografia talmudica e agli interessi politici ed economici dell'entità sionista chiamata Israele.

Insomma gli occhiuti e spocchiosi inquisitori nostrani hanno compilato la nuova edizione delle liste di proscrizione dei "pericolosi antisemiti" d'Italia, facendo furbescamente, more solito, di tutta un'erba un fascio, con lo scopo di colpire al cuore ciò che il giudaismo internazionale (di stretta osservanza sionista) teme di più al giorno d'oggi: la denuncia documentata, incontrovertibile e montante, persino da organismi come l'Onu e l'Unesco, dei crimini contro l’etnia palestinese perpetrati quotidianamente in Palestina dall’eroico Tsahal e dal governo israeliano, anche contro i bambini.

Si veda a mo' d'esempio il recente lucidissimo articolo del giornalista e scrittore cattolico Maurizio Blondet http://www.maurizioblondet.it/agli-israeliani-prude-la-voglia-genocidio/ che non poteva certo mancare tra gli "antisemiti" schedati dal CDEC (così è "taggato" il Blondet dai membri del Sinedrio: «il più attivo polemista antisemita italiano». Cfr. RA p. 58).

Scorrendo il pamphlet castigamatti, siamo subito attratti da un classico esempio di equazione antisionismo = antisemitismo rappresentato da un articolo apparso sul quotidiano Metro del 4 novembre 2016 (citato in RA p. 13), il giornale distribuito gratuitamente nelle principali città italiane (Roma, Milano; Torino, Firenze, Bologna ecc.) e subito marchiato a fuoco come "antisemita".

Il pezzo, dal titolo "Le parole sono importanti", è a firma del giornalista e scrittore Maurizio Z. (gli inquisitori ne indicano il cognome con la sola prima lettera), timorosi forse che la loro schedatura, accompagnata dalla ridicola accusa di "antisemitismo" mossa contro il giornalista possa essere oggetto di querela).

Orbene, quale sarebbe il peccato mortale addebitato allo Z.? (pur conoscendo la sua identità come giornalista per i suoi articoli che leggiamo, lo citiamo anche noi con la sola iniziale per non "rovinargli la piazza", come forse spererebbero i sinedriti).

Diamine, ma la sua sacrosanta denuncia della questione palestinese e la più netta condanna dell'entità sionista, no? Probabilmente per i suoi censori la parte più indigesta del testo dell'articolo è questa: «Che la Palestina sia occupata da Israele non sono i terroristi islamici a dirlo ma l’Onu, che non ha mai riconosciuto l’occupazione manu militari di buona parte del territorio palestinese, compresa Gerusalemme Est, con le guerre del ’48 e del ’67.

Buon ultima, l’Unesco ha ribadito che per rispetto dei luoghi santi per le tre fedi monoteiste, sulla spianata della moschea di Al Aqsa lo stato occupante — Israele, appunto —dovrebbe astenersi da ogni provocazione verso le altre fedi e tantomeno impedire agli arabi l’accesso al luogo a loro sacro».

E per raggiungere il loro obiettivo (demonizzazione degli oppositori della politica sionista in Palestina), i propagandisti dell'osservatorio utilizzano la sempre efficace e potente formula magica dell'"antisemitismo" e del "pregiudizio antiebraico" («query al primo posto nel motore di ricerca di Google», affermano con enfasi nel loro libello).

In altre parole la formula del "chiagni e fotti" (l'espressione partenopea che deplora il vittimismo ipocrita degli individui) ricordata da Ernesto Marzano, fratello dell'ex ministro del governo Berlusconi (citata tra l'altro anche nel suddetto articolo di Metro), in un suo saggio del 2015 dal titolo Israele il killer che piange (subito bollato - e ti pareva - come "antisemita" dagli implacabili moralizzatori in kippah), viene disinvoltamente messa in pratica per rilevare la pagliuzza negli occhi degli altri e celare così l'immensa trave nei propri (il riferimento al passo evangelico è puramente casuale onde evitare accuse di antisemitismo anche al povero Matteo, 7, 3-5).

Nella puntigliosa schedatura - che si trasforma, pagina dopo pagina, in un pot-pourri di luoghi comuni dove le parole "negazionismo", "antisionismo", "antisemitismo" e addirittura anche "complottismo" (come nel caso incredibile di Enrica Perucchietti, di cui si parlerà più avanti), costituiscono il condimento principale del rancido minestrone - ai nomi di ricercatori e studiosi, (spregiativamente chiamati "negazionisti"), che si occupano da decenni del problema storico-scientifico conosciuto come "olocausto ebraico" (Carlo e Gian Pio Mattogno, Gianantonio Valli, Robert Faurisson, ecc.), d'intellettuali e docenti universitari (Antonio Caracciolo da Seminara, Claudio Moffa, Ida Magli, antropologa e accademica italiana scomparsa l'anno scorso, additata come colei che «ripropone antichi stereotipi antigiudaici». Cfr. RA, p. 11), politologi di varie tendenze, testate giornalistiche e case editrici, anche di un certo spessore culturale per i testi e i periodici oggetto delle loro pubblicazioni politicamente scorrette e non in sintonia con la vulgata corrente, tutte scaraventate in un unico calderone bollente "neonazista", "tradizionalista cattolico", "negazionista", "cospirativista" (sic!), ecc. (a iniziare dalla nostra testata giornalistica Italia Sociale, da Rinascita a Effedieffe, Arianna Editrice, L'Uomo LIbero, Eurasia, Edizioni Radio Spada, Thule Italia, Edizioni all'insegna del Veltro, Edizioni di AR, Settimo Sigillo, Il Giornale, per aver quest'ultimo pubblicato, dopo il successo della ristampa in Germania, il testo Mein Kampf, definita «operazione di marketing indecente», ecc. Cfr. RA, pp. 11, 35-36, 53-63) - bloggers, analisti di politica internazionale, in particolare medio-orientale, fortemente critici nei confronti di Israele per la sua politica discriminatoria e vessatoria contro il popolo palestinese confinato nel Lager di Gaza, persino religiosi cattolici (chiamati, anche in questo caso con intento cripto denigratorio, "tradizionalisti preconciliari") che si dichiarano antimodernisti e fedeli al magistero tradizionale della Chiesa che contempla la conversione degli ebrei (don Curzio Nitoglia), sono associati personaggi, siti internet, mail, blog tra i più stravaganti ed esaltati o psichicamente labili, che non fanno altro che portare acqua al Sinedrio dei censori e perfettamente rispondenti alla locuzione retorica del "cui prodest?".

Dagli insulti antiebraici gratuiti e idioti (in particolare quelli partoriti in ambito calcistico e sportivo in generale), come chi li pronuncia, scrive, graffisce o diffonde in rete, all'esaltazione di episodi funesti e deprecabili, fino ai criminali atti di devastazione perpetrati contro sepolture cimiteriali ebraiche (cfr. RA, pp. 18-26), sono tutte manifestazioni intollerabili che vanno condannate e represse ma che non hanno nulla in comune con la critica, la ricerca storica rigorosa, l'analisi geopolitica, l'approfondimento culturale e religioso che, seppur non aderenti al pensiero unico dominante secondo la visione ebraica, non per questo debbono essere oggetto di persecuzione e damnatio memoriae da parte di un organismo privato che si auto investe di funzioni inquisitorie e poliziesche.

La schizofrenia censoria del CDEC non risparmia nemmeno testate come il Sole 24 Ore, Avvenire e il Fatto Quotidiano (cfr. RA, p. 15), bollati come antisionisti (come se l'antisionismo fosse un peccato mortale) perché «manifestano di frequente una preconcetta ostilità verso Israele [il verbo incarnato?] ed il sionismo che, nel caso de Il Fatto, spesso assume toni cospirativisti» (sic!).

Un caso a parte, che sconfina nella vera e propria maniacalità, è quello già accennato di Enrica Perucchietti, autrice del libro "False Flag - Sotto falsa bandiera", per i tipi di Arianna Editrice, con prefazione di Pino Cabras. Orbene, manco a farlo apposta, la Perrucchietti è stata additata come "antisemita" dai nostri giudici al servizio d'Israele. Ma lasciamo all'autrice del volume la narrazione del fatto ai confini della realtà:

«La caccia alle streghe continua. Il mio nome è finito nell'elenco dell'Osservatorio sull'Antisemitismo in quanto sarei “complottista”. Sarei inoltre antisemita a causa del mio saggio False Flag (non se ne capisce il motivo). È evidente che è in atto ed è sempre più violenta una campagna denigratoria e censoria volta a denigrare, censurare, distruggere, piegare chiunque non si allinei  con il pensiero unico, il politicamente corretto e soprattutto il potere. Io non ho mai parlato di “ebrei”, semmai ho parlato di personaggi come Soros, o dinastie come i Rothschild non in quanto ebrei ma in quanto addentro a certe dinamiche di potere, dove troviamo molti eminenti cristiani e musulmani loro pari. Se parlo di Soros non è perché ebreo ma in quanto speculatore finanziario. Se non concordo con alcune politiche di Israele, ciò non avviene in virtù di qualche mio spirito antisemita o perché io sia fascista (cosa che  tra l'altro, a differenza di personaggi ben più famosi di me, non sono). Di fatto non dovrei nemmeno stare qui a giustificarmi di non essere qualcosa che non sono, se non fosse che il mio nome è stato messo senza senso in mezzo a quello di altri colleghi. Ed è inoltre un danno all'immagine, soprattutto ora che viviamo in una società sempre più fondata sull'immagine, sulla forma, sullo spettacolo. È sempre più evidente che sta operando alla luce del sole la psicopolizia in stile orwelliano: ti spiano, leggono quello che scrivi o che pubblichi per poi metterti alla berlina. Aspettano un tuo passo falso per screditarti come dei parassiti che si nutrono del sangue altrui. E se il passo falso non c’è, pazienza, basta accusare gli altri di “fake news” facendosi coprire le spalle dai potenti. Se parli di gender sei omofobo, se contesti la maternità surrogata sei nazista, se attacchi Soros sei antisemita. Praticamente non siamo più liberi nemmeno di pensare. Si svuotano inoltre i termini e li si riempiono con quello che vuole il Potere. Potere che vuole subissare ogni testa con i suoi contenuti. Devi dire fare e pensare quello che il Potere vuole e illuderti di essere libero. Altrimenti dovrai vergognarti di esistere e verrai processato, additato, perseguitato e magari bruciato in pubblica piazza.

Siamo dentro la distopia di “1984” e forse ben oltre».


Una chicca tra il comico e il farneticante spinto riguarda poi la Casa Editrice Zambon (vedi RA, p. 59) «specializzata nella pubblicazione di testi antisionisti» [peccato mortale che condanna irrimediabilmente l'editore al fuoco della Geenna dell'apocalittica giudaica], rea di aver inserito nel proprio catalogo le principali opere del celebre scrittore e musicista israeliano, nonché fervente antisionista, Gilad Atzmon.

Gli estensori della lista di proscrizione ci tengono a precisare che il loro correligionario è stato recentemente incluso nel novero degli "antisemiti". Lo si può leggere negli atti del seminario internazionale "Old and New Religious and National Aspects in Contemporary Antisemitism", organizzato dal Kantor Center dell'università di Tel Aviv a maggio del 2015. Il suo libro "L'errante chi?" è stato, infatti, giudicato - udite, udite - «uno dei più importanti testi antisemiti contemporanei».

È l'esatta quadratura del cerchio: un semita antisemita.

Citiamo da ultimo, come pezzo finale della collezione, l'affermazione, che vale come certificazione di autenticità della già citata equazione antisionismo = antisemitismo, di tale Giorgio Napolitano, quell'amerikano a Roma che fu presidente della repubblica della colonia Italia (attualmente sembra essere anche il tutore dell'attuale inquilino del colle) e principale sponsor di tutti e quattro i governi italioti sinistrati non eletti dal popolo (Monti, Letta, Renzi, Gentiloni) che si sono succeduti a Palazzo Chigi dopo la defenestrazione dalla presidenza del consiglio dell'ex satiro di Arcore.

Secondo l'ex comunista, tifoso dei carri armati sovietici durante la repressione del 1956 in Ungheria, l'antisionismo è: «vero e proprio travestimento dell'antisemitismo, al cui rifiuto si rende formale ossequio, ma che in realtà si esprime negando le ragioni storiche della nascita stessa dello Stato di Israele e quindi della sua via indipendente e della sua sicurezza».

Amen!


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