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VIETATO PENSARE
Il Centro Documentazione Ebraica Contemporanea pubblica il suo capzioso "Ostrakon"
2016
“Cogito,
ergo sum”, sosteneva Cartesio nei suoi "Principi di Filosofia" a
dimostrazione che l’uomo, soggetto pensante, se vuole giungere alla
conoscenza e alla verità, deve necessariamente dubitare di ogni certezza e
indagare senza sosta per distinguere il vero dal falso.
Orbene, tale intuizione cartesiana,
dotata di grande forza razionale, pare essere del tutto estranea al dna
culturale dei dirigenti del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea,
per i quali sembra invece essere più calzante la massima: “vae iis qui
cogitant”.
Lo si evince chiaramente dalla
lettura della recente pubblicazione del loro artificioso “rapporto
sull’antisemitismo in Italia nel 2016” (d'ora in avanti citato come RA)
che cade oltretutto nel decennale di fondazione di questa organizzazione,
una sorta di "inquisizione giudaica", il cui scopo è mettere alla berlina
gli "eretici" del pensiero, della parola e dello scritto
http://www.osservatorioantisemitismo.it/approfondimenti/rapporto-sullantisemitismo-in-italia-nel-2016/.
Tutte le settanta pagine del testo
da loro licenziato sono una straziante geremiade sulla cattiveria - tutta
antisemita - dei perfidi gentili. Un fenomeno, quello del "pregiudizio
antiebraico", che va "democraticamente" combattuto con la demonizzazione di
ogni virgola, mezza parola, esclamazione, respiro, alzata di spalle, colpo
di tosse, starnuto e persino peto che non siano allineati al pensiero unico
dominante (storia, politica, economia, religione), alla mitografia talmudica
e agli interessi politici ed economici dell'entità sionista chiamata
Israele.
Insomma gli occhiuti e spocchiosi
inquisitori nostrani hanno compilato la nuova edizione delle liste di
proscrizione dei "pericolosi antisemiti" d'Italia, facendo furbescamente,
more solito, di tutta un'erba un fascio, con lo scopo di colpire al
cuore ciò che il giudaismo internazionale (di stretta osservanza sionista)
teme di più al giorno d'oggi: la denuncia documentata, incontrovertibile e
montante, persino da organismi come l'Onu e l'Unesco, dei crimini contro
l’etnia palestinese perpetrati quotidianamente in Palestina dall’eroico
Tsahal e dal governo israeliano, anche contro i bambini.
Si
veda a mo' d'esempio il recente lucidissimo articolo del giornalista e
scrittore cattolico Maurizio Blondet
http://www.maurizioblondet.it/agli-israeliani-prude-la-voglia-genocidio/
che non poteva certo mancare tra gli "antisemiti" schedati dal CDEC (così è
"taggato" il Blondet dai membri del Sinedrio: «il più attivo polemista
antisemita italiano». Cfr. RA p. 58).
Scorrendo il pamphlet castigamatti,
siamo subito attratti da un classico esempio di equazione antisionismo =
antisemitismo rappresentato da un articolo apparso sul quotidiano
Metro del 4 novembre 2016 (citato in RA p. 13), il giornale distribuito
gratuitamente nelle principali città italiane (Roma, Milano; Torino,
Firenze, Bologna ecc.) e subito marchiato a fuoco come "antisemita".
Il pezzo, dal titolo "Le parole
sono importanti", è a firma del giornalista e scrittore Maurizio Z. (gli
inquisitori ne indicano il cognome con la sola prima lettera), timorosi
forse che la loro schedatura, accompagnata dalla ridicola accusa di
"antisemitismo" mossa contro il giornalista possa essere oggetto di
querela).
Orbene, quale sarebbe il peccato
mortale addebitato allo Z.? (pur conoscendo la sua identità come giornalista
per i suoi articoli che leggiamo, lo citiamo anche noi con la sola iniziale
per non "rovinargli la piazza", come forse spererebbero i sinedriti).
Diamine, ma la sua sacrosanta
denuncia della questione palestinese e la più netta condanna dell'entità
sionista, no? Probabilmente per i suoi censori la parte più indigesta del
testo dell'articolo è questa: «Che
la Palestina sia occupata da Israele non sono i terroristi islamici a dirlo
ma l’Onu, che non ha mai riconosciuto l’occupazione manu militari di buona
parte del territorio palestinese, compresa Gerusalemme Est, con le guerre
del ’48 e del ’67.
Buon ultima,
l’Unesco ha ribadito che per rispetto dei luoghi santi per le tre fedi
monoteiste, sulla spianata della moschea di Al Aqsa lo stato occupante —
Israele, appunto —dovrebbe astenersi da ogni provocazione verso le altre
fedi e tantomeno impedire agli arabi l’accesso al luogo a loro sacro».
E per raggiungere il loro obiettivo
(demonizzazione degli oppositori della politica sionista in Palestina), i
propagandisti dell'osservatorio utilizzano la sempre efficace e potente
formula magica dell'"antisemitismo" e del "pregiudizio antiebraico"
(«query al primo posto nel motore di ricerca di Google», affermano
con enfasi nel loro libello).
In altre parole la formula del "chiagni
e fotti" (l'espressione partenopea che deplora il vittimismo ipocrita
degli individui) ricordata da Ernesto Marzano, fratello dell'ex ministro del
governo Berlusconi (citata tra l'altro anche nel suddetto articolo di
Metro), in un suo saggio del 2015 dal titolo Israele il killer che piange
(subito bollato - e ti pareva - come "antisemita" dagli implacabili
moralizzatori in kippah), viene disinvoltamente messa in pratica per
rilevare la pagliuzza negli occhi degli altri e celare così l'immensa trave
nei propri (il riferimento al passo evangelico è puramente casuale onde
evitare accuse di antisemitismo anche al povero Matteo, 7, 3-5).
Nella puntigliosa schedatura - che
si trasforma, pagina dopo pagina, in un pot-pourri di luoghi comuni dove le
parole "negazionismo", "antisionismo", "antisemitismo" e addirittura anche "complottismo"
(come nel caso incredibile di Enrica Perucchietti, di cui si parlerà più
avanti), costituiscono il condimento principale del rancido minestrone - ai
nomi di ricercatori e studiosi, (spregiativamente chiamati "negazionisti"),
che si occupano da decenni del problema storico-scientifico conosciuto come
"olocausto ebraico" (Carlo e Gian Pio Mattogno, Gianantonio Valli, Robert
Faurisson, ecc.), d'intellettuali e docenti universitari (Antonio Caracciolo
da Seminara, Claudio Moffa, Ida Magli, antropologa e accademica italiana
scomparsa l'anno scorso, additata come colei che «ripropone antichi
stereotipi antigiudaici». Cfr. RA, p. 11), politologi di varie tendenze,
testate giornalistiche e case editrici, anche di un certo spessore culturale
per i testi e i periodici oggetto delle loro pubblicazioni politicamente
scorrette e non in sintonia con la vulgata corrente, tutte scaraventate in
un unico calderone bollente "neonazista", "tradizionalista cattolico",
"negazionista", "cospirativista" (sic!), ecc. (a iniziare dalla nostra
testata giornalistica Italia Sociale, da Rinascita a Effedieffe, Arianna
Editrice, L'Uomo LIbero, Eurasia, Edizioni Radio Spada, Thule Italia,
Edizioni all'insegna del Veltro, Edizioni di AR, Settimo Sigillo, Il
Giornale, per aver quest'ultimo pubblicato, dopo il successo della ristampa
in Germania, il testo Mein Kampf, definita «operazione di marketing
indecente», ecc. Cfr. RA, pp. 11, 35-36, 53-63) - bloggers,
analisti di politica internazionale, in particolare medio-orientale,
fortemente critici nei confronti di Israele per la sua politica
discriminatoria e vessatoria contro il popolo palestinese confinato nel
Lager di Gaza, persino religiosi cattolici (chiamati, anche in questo caso
con intento cripto denigratorio, "tradizionalisti preconciliari") che si
dichiarano antimodernisti e fedeli al magistero tradizionale della Chiesa
che contempla la conversione degli ebrei (don Curzio Nitoglia), sono
associati personaggi, siti internet, mail, blog tra i più stravaganti ed
esaltati o psichicamente labili, che non fanno altro che portare acqua al
Sinedrio dei censori e perfettamente rispondenti alla locuzione retorica del
"cui prodest?".
Dagli insulti antiebraici gratuiti
e idioti (in particolare quelli partoriti in ambito calcistico e sportivo in
generale), come chi li pronuncia, scrive, graffisce o diffonde in rete,
all'esaltazione di episodi funesti e deprecabili, fino ai criminali atti di
devastazione perpetrati contro sepolture cimiteriali ebraiche (cfr. RA, pp.
18-26), sono tutte manifestazioni intollerabili che vanno condannate e
represse ma che non hanno nulla in comune con la critica, la ricerca storica
rigorosa, l'analisi geopolitica, l'approfondimento culturale e religioso
che, seppur non aderenti al pensiero unico dominante secondo la visione
ebraica, non per questo debbono essere oggetto di persecuzione e damnatio
memoriae da parte di un organismo privato che si auto investe di
funzioni inquisitorie e poliziesche.
La schizofrenia censoria del CDEC
non risparmia nemmeno testate come il Sole 24 Ore, Avvenire e il Fatto
Quotidiano (cfr. RA, p. 15), bollati come antisionisti (come se
l'antisionismo fosse un peccato mortale) perché «manifestano di frequente
una preconcetta ostilità verso Israele [il verbo incarnato?] ed il
sionismo che, nel caso de Il Fatto, spesso assume toni cospirativisti»
(sic!).
Un caso a parte, che sconfina nella
vera e propria maniacalità, è quello già accennato di Enrica Perucchietti,
autrice del libro "False Flag - Sotto falsa bandiera", per i tipi di
Arianna Editrice, con prefazione di Pino Cabras. Orbene, manco a farlo
apposta, la Perrucchietti è stata additata come "antisemita" dai nostri
giudici al servizio d'Israele. Ma lasciamo all'autrice del volume la
narrazione del fatto ai confini della realtà:
«La caccia alle streghe
continua. Il mio nome è finito nell'elenco dell'Osservatorio
sull'Antisemitismo in quanto sarei “complottista”. Sarei inoltre antisemita
a causa del mio saggio False Flag (non se ne capisce il motivo). È evidente
che è in atto ed è sempre più violenta una campagna denigratoria e censoria
volta a denigrare, censurare, distruggere, piegare chiunque non si allinei
con il pensiero unico, il politicamente corretto e soprattutto il potere. Io
non ho mai parlato di “ebrei”, semmai ho parlato di personaggi come Soros, o
dinastie come i Rothschild non in quanto ebrei ma in quanto addentro a certe
dinamiche di potere, dove troviamo molti eminenti cristiani e musulmani loro
pari. Se parlo di Soros non è perché ebreo ma in quanto speculatore
finanziario. Se non concordo con alcune politiche di Israele, ciò non
avviene in virtù di qualche mio spirito antisemita o perché io sia fascista
(cosa che tra l'altro, a differenza di personaggi ben più famosi di me, non
sono). Di fatto non dovrei nemmeno stare qui a giustificarmi di non essere
qualcosa che non sono, se non fosse che il mio nome è stato messo senza
senso in mezzo a quello di altri colleghi. Ed è inoltre un danno
all'immagine, soprattutto ora che viviamo in una società sempre più fondata
sull'immagine, sulla forma, sullo spettacolo. È sempre più evidente che sta
operando alla luce del sole la psicopolizia in stile orwelliano: ti spiano,
leggono quello che scrivi o che pubblichi per poi metterti alla berlina.
Aspettano un tuo passo falso per screditarti come dei parassiti che si
nutrono del sangue altrui. E se il passo falso non c’è, pazienza, basta
accusare gli altri di “fake news” facendosi coprire le spalle dai potenti.
Se parli di gender sei omofobo, se contesti la maternità surrogata sei
nazista, se attacchi Soros sei antisemita. Praticamente non siamo più liberi
nemmeno di pensare. Si svuotano inoltre i termini e li si riempiono con
quello che vuole il Potere. Potere che vuole subissare ogni testa con i suoi
contenuti. Devi dire fare e pensare quello che il Potere vuole e illuderti
di essere libero. Altrimenti dovrai vergognarti di esistere e verrai
processato, additato, perseguitato e magari bruciato in pubblica piazza.
Siamo dentro la distopia di
“1984” e forse ben oltre».
Una chicca tra il comico e il
farneticante spinto riguarda poi la Casa Editrice Zambon (vedi RA, p. 59) «specializzata
nella pubblicazione di testi antisionisti» [peccato mortale che condanna
irrimediabilmente l'editore al fuoco della Geenna dell'apocalittica
giudaica], rea di aver inserito nel proprio catalogo le principali opere del
celebre scrittore e musicista israeliano, nonché fervente antisionista,
Gilad Atzmon.
Gli estensori della lista di
proscrizione ci tengono a precisare che il loro correligionario è stato
recentemente incluso nel novero degli "antisemiti". Lo si può leggere negli
atti del seminario internazionale "Old and New Religious and National
Aspects in Contemporary Antisemitism", organizzato dal Kantor Center
dell'università di Tel Aviv a maggio del 2015. Il suo libro "L'errante
chi?" è stato, infatti, giudicato - udite, udite - «uno dei più
importanti testi antisemiti contemporanei».
È
l'esatta quadratura del cerchio: un semita antisemita.
Citiamo da ultimo, come pezzo
finale della collezione, l'affermazione, che vale come certificazione di
autenticità della già citata equazione antisionismo = antisemitismo,
di tale Giorgio Napolitano, quell'amerikano a Roma che fu presidente della
repubblica della colonia Italia (attualmente sembra essere anche il tutore
dell'attuale inquilino del colle) e principale sponsor di tutti e quattro i
governi italioti sinistrati non eletti dal popolo (Monti, Letta, Renzi,
Gentiloni) che si sono succeduti a Palazzo Chigi dopo la defenestrazione
dalla presidenza del consiglio dell'ex satiro di Arcore.
Secondo l'ex comunista, tifoso dei
carri armati sovietici durante la repressione del 1956 in Ungheria,
l'antisionismo è: «vero e proprio travestimento dell'antisemitismo, al
cui rifiuto si rende formale ossequio, ma che in realtà si esprime negando
le ragioni storiche della nascita stessa dello Stato di Israele e quindi
della sua via indipendente e della sua sicurezza».
Amen!
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