CIVILTA’ E DENARO
Nel
nostro mondo cosiddetto civilizzato esistono regole e leggi che
coordinano la vita degli individui, delle società, delle istituzioni e
del mercato.
Più
o meno buone esse regolano i parametri di ogni aspetto della vita dei
cittadini e determinano, più o meno direttamente anche i costi delle
varie produzioni industriali in quanto obbligano chi produce a seguire
regole sulla mano d’opera, sull’inquinamento, sulla concorrenza, sulle
condizioni di lavoro ecc. ecc.
Ci
sono poi i sindacati che vigilano affinché vengano rispettati i
contratti di lavoro, i rapporti con la proprietà, i diritti dei
lavoratori e tutto quanto attiene al mondo del lavoro.
Lo
stato, da parte sua, aggrava i costi sia con una tassazione
vergognosamente oppressiva che con una inefficienza burocratica che si
trasforma anche lei in costi aggiuntivi e soprattutto in carenza di
investimenti finanziari dall’estero.
Tutto normale, tutto logico e tutto anche espressione di civiltà e di progresso sociale.
Senonché
tutto questo mondo che si regge su regole ben precise e tassative deve
sopportare, in nome della cosiddetta “globalizzazione mondiale dei
mercati” la concorrenza di altri Paesi che riescono ad offrire le stesse
merci prodotte nel mondo civilizzato a prezzi di gran lunga inferiori
creando così una difficoltà oggettiva e spesso la impossibilità di
proseguire l’intraprendere con le conseguenze che la disoccupazione
aumenta vertiginosamente, il PIL diminuisce ed i Paesi impoveriscono in
una spirale senza fine!
Noi
non abbiamo nulla contro la concorrenza che anzi stimiamo essere uno
stimolo a migliorare le produzioni ed a trovare sempre nuove vie per
ridurre i costi ed aumentare la qualità, ma la concorrenza, per essere
accettabile e positivamente inserita nel contesto produttivo, deve
essere LEALE E TRASPARENTE.
Se
analizziamo la situazione dei Paesi del terzo mondo che sono poi quelli
che maggiormente ci fanno una concorrenza spietata, risulta che in quei
Paesi non esistono né sindacati, né regole sindacali, che nelle
fabbriche gli orari di lavoro sono a discrezione dei padroni, che i
salari sono al limite del sostentamento, che si adopera mano d’opera
infantile in condizioni a dir poco inaccettabili, che non esistono quasi
spese di depurazione perché l’inquinamento ambientale non è né
regolamentato, né punito, che nemmeno i controlli sulla tossicità delle
produzioni sono effettuati con regolarità e che in conclusione mancano
completamente quelle minime garanzie merceologiche, sociali, se non
addirittura umane, che caratterizzano le nostre produzioni e che sono
naturalmente dei costi aggiuntivi rispetto a quelle di quei Paesi.
Per questi motivi, se la concorrenza è di per se una condizione accettabile ed anzi desiderabile, la concorrenza SLEALE E DISUMANA
di quei Paesi non lo è e pertanto sarebbe giusto e logico che nei
trattati sul mercato globalizzato esistesse la regola che esso è
possibile SOLAMENTE tra quei Paesi che rispettano le normali
regole di civiltà e di umanità che regolano da noi il mondo del lavoro e
che invece le importazioni da quei Paesi che tali regole NON RISPETTANO siano vietate, considerate CONTRABBANDO e PUNITE SEVERISSIMAENTE..!!
Così facendo si difenderebbero i nostri posti di lavoro, il benessere dei Paesi civili e si COSTRINGEREBBERO i Paesi che non lo sono a diventarlo per non soccombere e per partecipare al mercato mondiale!
Certamente
per decidere in tal senso bisogna riacquistare il senso delle priorità e
ritornare ad anteporre l’uomo al denaro ed il sangue all’oro altrimenti
l’ingordigia dei guadagni farà aggio sulla giustezza della logica e
sulla forza dell’Umanità.
Ma forse per fare questo è necessaria una rivoluzione..
Avremo la forza, la capacità e la volontà di farla..??
Alessandro Mezzano
I VIDEO -- DI RNCR-RSI CONTINUITA' IDEALE-- PUGLIA--
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