mercoledì 11 dicembre 2019

LA PRIMA REPUBBLICA SOCIALE DELLA STORIA



 
LA PRIMA REPUBBLICA SOCIALE DELLA STORIA
 
 
    Nel quadro dei suoi compiti statutari, la FNCRSI ripropone alla riflessione degli aderenti e simpatizzanti la sentenza n.747 emessa dal Tribunale Supremo Militare in data 26 aprile 1954, unitamente al competente commento del guardasigilli della RSI. In tal modo, questa Federazione intende contribuire ad una più profonda comprensione dell’essere oggi, alle soglie del XXI secolo, Combattenti della RSI, nel senso che nel presente si condensa e rivive il loro passato e germoglia il futuro dei loro Ideali. Nel buio del pensiero politico contemporaneo, i Combattenti della RSI hanno il compito di continuare nella difesa e nell’affermazione del fascismo repubblicano e sociale, onde esso possa liberamente venir apprezzato, condiviso e convissuto domani, nonché nell’opporsi alla "svolta antropologica" che la cieca avidità plutocratica va attuando per soffocare la dignità dell’uomo, esaltandone soltanto gli istinti animaleschi. Questo e non altro è il nostro orizzonte d’azione. Questa è la consegna affidataci dai nostri Caduti. Ricordiamoli!
    Ricordiamo i loro volti ora gravi e pensosi, ora scanzonati e sorridenti e la loro spontanea dedizione per una patria più civile e più giusta per tutti, avversari compresi, e non quella di umiliarci nella sterile ricerca di voti in favore di uomini e partiti comunque aggiogati ad interessi opposti a quelli del popolo italiano.
    Detto ciò, coloro i quali, pur essendo stati valenti combattenti della RSI, assumano oggi atteggiamenti che li pongono fuori e contro quell’orizzonte, non ci appartengono più, perché non rispettano la memoria dei Caduti, negano la dignità dei vivi e non lasciano un retaggio di serietà e di fierezza alle generazioni a venire.
    Pertanto, l’autoproclamarsi vinti nei confronti di soggetti non belligeranti, i quali hanno ridotto la Nazione così come la vediamo e viviamo, è semplicemente blasfemo. L’aderire (ma anche il solo non levarsi contro) una pacificazione che pretende avvilirci nel ruolo di sostenitori volontari della parte sbagliata e persino quali scortatori di convogli di ebrei diretti ai lager (L. Violante), costituisce atto di mera perversione masochistica. Ove siffatti comportamenti, assunti ora soltanto da pochi sprovveduti, si estendessero ai più, si configurerebbe l’ultima nostra mortificazione, poiché, se si considera che l’età media dei Combattenti della RSI si aggira sui tre quarti di secolo, quell’ultimo mortem facere non è precisamente un eufemismo. Taluni, peraltro, hanno smarrito la consapevolezza del fatto che il comunismo non è crollato nel 1989, bensì nell’atto stesso dell’alleanza di Stalin con il capitalismo internazionale. Infatti, mentre noi difendevamo la prima repubblica sociale della Storia, Togliatti adempiva l’incarico di guardasigilli dei Savoia e, tutt’ora, i suoi continuatori perseverano nella squallida opera di subalterni fiancheggiatori degli oppressori e affamatori di popoli inermi.
    Noi dunque rappresentiamo la Rivoluzione, mentre l’antifascismo incarna la conservazione di anacronistici privilegi e l’egoismo dei ricchi e dei potenti; conservazione che, in quanto portatori di un Nuovo Ordine spirituale e umano, ci è istintivamente estranea, ideologicamente nemica e repellente sotto il profilo politico-sociale.
    La storia, i cui verdetti non sono inappellabili, ha registrato la nostra sconfitta. Ciò nulla toglie al fatto incontestabile che noi innalzammo al cospetto del mondo il vessillo di una più umana giustizia internazionale e quello della partecipazione di tutti i popoli ai beni della Terra, e che lo difendemmo con estrema determinazione.
    È opportuno riflettere, altresì, sulle seguenti circostanze. 
    Fermamente affermando di fronte a nemici e alleati le proprie intenzionalità volte alla radicale trasformazione dell’assetto sociale ed economico nazionale e internazionale, la RSI realizzò uno Stato legittimo e riconosciuto da una pluralità di Nazioni; Stato che non si è arreso perché, pur avendone la possibilità e il diritto, non ha mai chiesto la resa. Questo importantissimo fatto può avere anche oggi significative conseguenze etiche e giuridiche.
    Preso atto del tradimento dei tedeschi, Mussolini - in quanto Capo della RSI - non chiese la resa perché, fino alla sua soppressione fisica, sperò sempre di consegnare la RSI con la sua legislazione sociale e con il suo tesoro ai socialisti italiani.
Se gli esponenti del socialismo, asserviti al capitalismo anglo-americano, rifiutarono l’offerta a lungo preparata, anche attraverso la protezione diretta e indiretta attuata da Mussolini stesso su molti di loro per tutta la durata del conflitto, non fu accolta, non è certamente colpa nostra. Per contro, quasi l’intero governo della RSI fu massacrato sulle rive del lago di Como.
    Il Maresciallo Graziani, già prigioniero, il primo maggio ‘45, proclamò la resa limitatamente all’Armata Liguria (3 divisioni italiane e 3 tedesche). Altri reparti deposero le armi nelle mani delle nuove autorità, ma, nell’attesa di essere consegnati agli alleati, vennero massacrati dai partigiani, scesi dai monti a cose fatte. Ai primi di maggio 1945, v’erano ancora molte nostre formazioni in armi che, in atteggiamento difensivo, attendevano l’ordine di resa; arresesi successivamente, pochi dei loro componenti si salvarono dagli eccidi. È doveroso ricordare che l’Ispettorato Alta Italia della FNCRSI, sotto la guida del Comandante R. Barbesino provvide, tra mille difficoltà, al recupero di numerosissime salme di nostri Caduti, un gran numero delle quali tuttavia fu fatto passare dalle autorità locali come appartenenti a partigiani.
    Nè gli scampati si comportarono mai come sconvolti e resi imbelli dai colpi ricevuti. All’opposto, solo dopo qualche anno, arditamente e con notevole successo nelle piazze e nelle università, contestarono ai preti e ai comunisti il diritto di governare l’Italia. Non a caso fu subito varata la legge Scelba e celebrati i primi processi per apologia del fascismo e per la ricostituzione del partito fascista.
    Lo sciagurato passaggio del MSI nell’area della destra atlantica, confindustriale e golpista, che riduceva il fascismo a puro e semplice anticomunismo, segnò la frattura fra quel partito e i Combattenti della RSI. Più volte la FNCRSI ha pubblicato l’ultima dichiarazione del P.F.R. del 5 aprile 1945, che reca orientamenti essenziali e avverte, fra l’altro, che: "Sono da avversare decisamente tanto gli sbandamenti verso il collettivismo bolscevico quanto i tentativi plutocratici di sopravvivenza attraverso il compromesso". Ma già il Duce aveva inequivocabilmente definito i nuovi provvedimenti assunti dalla RSI in campo sociale come "la realizzazione italiana, umana, nostra, effettiva del socialismo nostro". Essa, inoltre, ha dimostrato che il nostro nemico reale (ben altra cosa è il principio barbarico di nemico assoluto da criminalizzare e annientare assunto dalle nazioni demobolsceviche il quale, risospingendo l’umanità alle sue origini belluine, è estraneo alla nostra spirituale e religiosa visione del mondo e dell’uomo), era ed è l’antifascismo nella sua funzione di coacervo di forze conservatrici sottomesse ai detentori delle ricchezze del mondo.
    Fermo restando che, per noi, l’8 settembre 1943 rappresenta anche lo spartiacque fra i discendenti degli antichi schiavi e la progenie dei legionari romani, dobbiamo domandarci qual è l’importanza storica e morale di questi fatti in relazione alla sentenza del TSM, e quali sono le implicazioni che sorgono dalla circostanza che la RSI non si arrese. Le conseguenze giuridico-politiche che possono trarsi dalla sentenza sono molteplici. Le più importanti per noi sono quelle di conservare un legame ideale con quello Stato repubblicano-sociale che, pur travolto nei suoi Istituti e nei suoi uomini, è ancora vivo nell’animo di quanti contribuirono a fondarlo e a difenderlo, e nel non poter e non voler essere equiparati ai partigiani del nemico invasore. Poiché la nostra sconfitta fu dovuta alle armate anglo-americane e non ai loro cooperatori italiani non belligeranti (cf. F. di O. N.2/98, promemoria di accordo fra il comando alleato e il CLNAI).
    In realtà, la sentenza non ci fa alcun regalo; tuttavia, con esemplare coerenza giuridica, riconosce la nostra specifica qualità di belligeranti, in quanto appartenenti alle Forze armate di uno Stato che "emanava le sue leggi e suoi decreti senza l’autorizzazione dell’alleato tedesco", e disconosce tale qualità ai partigiani, perché operarono al di fuori delle leggi militari internazionali di guerra. Riconosce altresì che il governo monarchico del sud esercitava il suo potere sub conditione del comando alleato. Condizione di sovranità limitata che perdura per la supina acquiscenza dell’attuale Stato italiano, malauguratamente deciso a restare in aeternum nella servile posizione di ex nemico vinto, sebbene assurdamente alleato dell’ex nemico vincitore.
    Manca attualmente un terreno di reciproca intesa fra i Combattenti della RSI. Ad avviso di questa Federazione, un nuovo e più saldo accordo potrà concretizzarsi soltanto nella serena coscienza di essere stati - nella stragrande maggioranza - non soltanto dei militari in servizio di uno Stato qualsiasi, bensì dei Combattenti perfettamente consapevoli di battersi per una ben definita visione del mondo, e non dei rivoltosi faziosi e vendicativi tesi ad una rivincita per mezzo di complotti e di colpi di stato.
    Infine, la FNCRSI esorta tutti i Combattenti della RSI (a qualsivoglia organizzazione o associazione d’arma essi appartengano) a soppesare la saggia proposta - ancorché formulata in un contesto analogo - offerta da un democratico sincero: "I sospetti di mutua usurpazione devono cedere il posto ad invocazione di reciproca complementarietà. Ognuno deve operare in presenza degli altri; ciascuno per ricevere e per dare correzione, verifica, promozione a tutti gli altri" (cf. Sartori L. Le scienze delle religioni oggi Ed. EDB, Bologna 1983).
    Nella libera e responsabile espressione delle idee (nostre e altrui) e nel comune sentire il portato politico, etico e sociale della Dottrina - ma senza sincretismi che ne svilirebbero l’originaria unicità - risiede il nostro destino politico e la nostra dignità di uomini e di Combattenti per una causa nobile e giusta.
 
F.N.C.R.S.I.

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