MONETA E DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA
Di : Anonimo Pontino
E'
tempo che l'opinione pubblica si renda conto che chi crea il valore
della moneta non è chi la stampa o la emette, ma chi l'accetta come
mezzo di pagamento, cioè la collettività dei cittadini. La mancanza di
questa consapevolezza, fa si che ad appropriarsi del valore monetario
non siano i popoli, ma il sistema bancario internazionale, in virtù del
monopolio culturale della categoria dei valori convenzionali. Chi emette
la moneta (banchiere) non è proprietario di alcun controvalore o
corrispettivo di valore reale pari al nominale della moneta appena
creata. Quando un banchiere afferma che la sua moneta è rappresentativa
di un qualcosa, quel qualcosa è o falso o appena rubato, sottratto al
legittimo proprietario che è la collettività.
Quindi
ogni qual volta il banchiere emette moneta, non fa altro che
incrementare il debito pubblico che, alla fine, ricade sulle spalle del
comune cittadino.
Quindi
il popolo, come diceva il compianto Professor Auriti, è «doppiamente
cornuto» in primis perché lavora per guadagnare qualcosa che non è di
sua proprietà, ovvero l’euro che è solo in prestito, ed in secondo luogo
perché il suo lavoro, che porta all’emissione di carta moneta, fa sì
che il popolo abbia sulla testa l’incremento quotidiano di debito
pubblico dato dall’emissione di euro da parte della banca centrale.
Il
prof. Auriti, fece cadere su se stessa questa torre fatta di menzogne e
di schiavismo e chiarì come la Dottrina sociale della Chiesa non è
attuabile senza la PROPRIETA’ POPOLARE DELLA MONETA. La Dottrina Sociale
della Chiesa è sinteticamente ed esaurientemente formulata in cinque
parole del Pater Noster: “…dacci oggi il nostro pane quotidiano…”. Qui
la parola più importante non è “pane”, ma “NOSTRO” che sta a significare
che non bisogna dare solo il pane, ma anche il diritto di pretenderlo,
cioè la “PROPRIETA'”.
E’
ovvio che se dò il pane a chi non è proprietario il gesto è
riconducibile alla categoria dell’ ”elemosina”, non del “ diritto
sociale”.
La
dottrina sociale della Chiesa non poteva essere realizzata perché è
sempre mancata la parte relativa al sistema monetario: la moneta era
ancora concepita come titolo di credito rappresentativo della riserva di
proprietà della banca. Con la fine degli accordi di Bretton Woods
abbiamo avuto la conferma storica, oltre a quella scientifica (cfr.
Auriti, L’ordinamento internazionale del sistema monetario, Edigrafital,
Teramo, 1993, p. 41 e ss.), che la riserva non serve.
Chiarito che il
valore monetario è causato non da chi emette, ma da chi accetta la
moneta, questa, all’atto dell’emissione, deve essere accreditata (e non
addebitata) alla collettività nazionale. In tal modo può essere
realizzata la Dottrina sociale della Chiesa solo con la giustizia
monetaria che consente ad ognuno di comprare con la PROPRIA moneta
il PROPRIO pane. Si dà infatti, ad ognuno, non l’elemosina, ma il suo
denaro per comprare il suo pane in piena dignità giuridica. Si realizza
così la società organica della democrazia integrale in cui il popolo non
ha solo la sovranità politica, ma anche quella monetaria.
Quando
la banca centrale emette la moneta prestandola, poiché prestare è
prerogativa del proprietario, trasforma la collettività da proprietaria
in debitrice del proprio denaro. Ecco perché la cosiddetta "moneta
nominale" è diventata corpo del reato di truffa di dimensioni
planetarie. Mancando la consapevolezza che la moneta è gravata
dall’equivalente “debito da signoraggio” il cittadino si illude di
disporre della proprietà della sua moneta perché quando la spende
trasferisce anche l’equivalente debito non dovuto e, quando l’incassa,
acquista anche il medesimo, equivalente debito causato dalla truffa
professionalmente realizzata dalle banche centrali. Dilaga così il
malessere sociale dell’insolvenza ineluttabile per debiti non dovuti.
In
questo sistema è impossibile attuare il messaggio del Pater Noster:
“…dacci oggi il nostro pane quotidiano”, mentre l’unico realmente
operante è quello del Deuteronomio: “…Presta al povero…”. Il povero
infatti diventa tale perché trasformato da proprietario in debitore del
proprio denaro. Ciò spiega anche la differenza tra Vecchio e Nuovo
Testamento, e cioè tra ebraismo e cristianesimo, ossia tra“PRESTARE” e
“DARE”. Poiché la moneta, come misura del valore e valore della misura,
ha un potere d’acquisto pari a tutti i beni economici che si possono
acquistare, il portatore della moneta può comprare, a libera scelta, i
beni offerti sul mercato, a condizione che gli sia assegnato, secondo
giustizia, all’atto dell’emissione, la sua quota di reddito monetario di
cittadinanza, a titolo di “proprietà” e non di “debito”. Per dare ad
ognuno la proprietà del “suo” pane occorre dargli la proprietà della
“sua” moneta per comprarlo.
Oggi
le banche, prestando all’atto dell’emissione la moneta di costo nullo e
senza riserva, sono in grado di elargire, a costo nullo, prestiti
illimitati e/o pretenderne la restituzione. Oggi le banche sono le
“CHIESE DI SATANA” e le banche centrali le relative “cattedrali”, perché
si spaccia per valore monetario, l’elemosina concessa in prestito dal
truffatore al truffato. Senza la proprietà popolare della moneta la
Dottrina Sociale della Chiesa non è attuabile.
San Francesco l’aveva capito.
Ecco
perché consentì ai padri questuanti di accettare solo l’obolo di beni
reali e vietò di accettare la moneta-elemosina di Satana. Per
sconfiggere Satana e dare attuazione alla Dottrina Sociale della Chiesa
si deve fare di ogni popolo il proprietario della sua moneta come
fondamentale ed universale atto di giustizia.
"Chi
servirete, Dio o Mammona? Nessuno può servire due padroni (si legge nel
Vangelo di Matteo) perchè amando l'uno, odierà l'altro", e viceversa.
Morti, guerre, disastri, diritti calpestati, ingiustizie, abusi di
potere. Tutte reazioni a catena causate dal denaro, dalla sete di potere
e dalla perenne ricerca dell'esercizio del controllo sul Prossimo.
L'amore al denaro è la negazione di Dio, il suo tradimento più grande.
Non per nulla Giuda stesso tradì per 30 danari Dio in persona, Gesù
Cristo: colui che è la personificazione del bene assoluto.
La moneta è un bene immateriale.
“È
immateriale in quanto la strumentalità non risiede nell’elemento
materiale del simbolo (la carta o il metallo che ha la funzione di
individuare la moneta come oggetto di diritto) ma nella convenzione
monetaria. Tutte le teorie che pretendono di qualificare la moneta come
merce, cioè come bene materiale, sono sostenute per difendere il
monopolio culturale delle scienze monetarie appartenente all’elite dei
banchieri, dirottando la cultura di massa sui falsi binari della
concezione materialistica del valore. Anche l'oro ha valore di moneta
non perché sia oro, ma perché ci si è messi d'accordo che lo abbia.
Tanto è vero che si usa ormai normalmente la carta per espletare la
funzione tradizionalmente assunta dall'oro, cioè moneta formalmente
manifestata mediante un simbolo di costo nullo. (Valore e Struttura
della Moneta, G.Auriti)
Mirabile
è l’interpretazione di Auriti dell’episodio biblico in cui Satana
incontra Cristo nel deserto dopo che ebbe digiunato per 40 giorni e gli
propone di trasformare le pietre in pane. Per lo più queste parole sono
state interpretate nel senso di considerarle come tentazione in quanto
Cristo era affamato e mangiare pane sarebbe stato motivo della
tentazione. Questa interpretazione non è accettabile perché la
tentazione è sempre relativa ad un peccato e mangiare pane dopo quaranta
giorni di digiuno è moralmente ineccepibile. Dunque la giustificazione
delle parole di Satana va intesa diversamente e chi ci dice come
interpretare le parole di Satana è proprio Cristo quando, rispondendo a
Satana, afferma (Matteo 4,4): «Sta scritto, non di solo pane vive
l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio». Se Cristo avesse
accettato l’invito di Satana e trasformato le pietre in pane Satana
avrebbe potuto obiettare a Cristo che il merito per avergli dato il
consiglio sarebbe stato il suo e in tal modo Cristo sarebbe stato
trasformato da “padrone” a “debitore” del suo pane.
A
ben guardare questa ipotesi si verifica puntualmente nell’emissione
della moneta nominale. Quando la Banca Centrale emette moneta
prestandola, induce la collettività a crearne il valore accettandola, ma
contestualmente la espropria ed indebita di altrettanto, esattamente
come Satana avrebbe fatto se Cristo avesse accettato l’invito di
trasformare la pietra in pane.
L’unica volta in cui Gesù Cristo si servì della forza durante il proprio ministero fu quando cacciò i cambiavalute dal tempio .
Che cosa stavano facendo i cambiavalute nel Tempio?
Quando
gli ebrei venivano a Gerusalemme per pagare la tassa sul Tempio, essi
potevano pagare solamente con una moneta speciale, il mezzo siclo del
santuario. Si trattava di una mezza oncia di argento puro. A quel tempo
era l’unica moneta in circolazione fatta di argento puro e dal peso
garantito che non aveva l’immagine
di un imperatore pagano. Quindi per gli ebrei il mezzo siclo era la
sola moneta gradita a Dio. Non vi era abbondanza di queste monete perché
i cambiavalute se ne erano accaparrati il mercato e ne alzavano il
prezzo al valore che poteva sostenere il mercato. In altre parole i
cambiavalute stavano realizzando enormi profitti poiché detenevano di
fatto il monopolio sulla moneta. Avrebbe un bel da fare Gesù Cristo se
dovesse tornare oggi sulla Terra per ripulire i templi dall’invasione
mercantile.
Quando
i farisei domandano a Gesù Cristo: “E’ lecito che noi paghiamo il
tributo a Cesare?”, la risposta che dà il Figlio di Dio è sulla
questione monetaria: “Portatemi un denaro perché io lo veda……Di chi è
questa immagine e l’iscrizione?”; è chiaro il riferimento alla proprietà
della moneta all’atto dell’emissione. Se il proprietario della moneta
non è il popolo ma chi la emette allora “Rendete a Cesare ciò che è di Cesare”, che equivale a dire restituite quella moneta a chi la emette prestandola. Poi conclude “..e rendete a Dio ciò che è di Dio”. E se davvero rendessimo a Dio ciò che è di Dio cosa resterebbe a quelli come Cesare?
Alexander Del Mar riferisce anche di crimini monetari antecedenti al periodo di Gesù Cristo:
“Il
crimine insidioso dell'alterazione segreta o surrettizia delle leggi
monetarie di uno stato - che non può che colpire nel modo più fatale ed
illecito le sue libertà - non è nuovo. Un decreto dell'anno 360 Avanti
Cristo, che riguarda l'antica moneta di ferro di Sparta, suggerisce che
Glypsus non era estraneo a questa grave offesa. In una età successiva,
Plinio, che giustamente lo definisce un crimine contro l'umanità, fa
riferimento evidentemente all'alterazione del codice della zecca romana,
mediante la quale venne sovvertito quello che rimaneva del sistema
nummulario, intorno all'anno 200 a.C., in favore di un conio privato
permesso alle gentes. Questa alterazione sembra sia ancora segreta perché non se ne trova menzione esplicita nei frammenti tramandati e conservati della legislazione del periodo. " (Alexander Del Mar, Barbara Villiers: History of Monetary Crimes, 1899).
Il
famoso storico del secolo scorso, di fama mondiale, Fernando
Gregorovius, nella sua opera dal titolo “Storia della città di Roma nel
Medio Evo” parla del potere dei cambiavalute ebrei della Città Eterna
durante il medioevo e della « quinta colonna » ebrea introdottasi nelle file del Clero cattolico:
“Quella
razza, ridotta in servitù seppe difendersi contro i suoi tribolatori,
merce l'astuzia, l'ingegno e la potenza dell'oro ammassato in segreto : i
migliori medici, i più ricchi banchieri erano ebrei ; e nelle loro
case, prestavano denaro ad usura, fra i loro debitori scrivevano nel
loro libri i nomi degli illustrissimi consoli dei Romani e financo dei
papi angustiati a danaro.… La ricchezza e la potenza dei Pierleoni, e
più ancora, i meriti grandi che avevano conseguito verso la Chiesa,
davano ad essi buona speranza di elevare al papato uno della loro
famiglia. L'amicizia dei pontefici, lo splendore delle parentele, le
dovizie e la potenza cancellarono tanto presto la macchia dell'origine
ebraica di questi signori potenti, che in brevissimo tempo i Pierleoni
furono celebrati come il più illustre dei casati principeschi di Roma ;
ormai, dopo Papa Leone si fregiarono del titolo di "console dei Romani" e
lo tennero con orgoglio e con maestrevole dignità, quasi che fossero
dei patrizi antichissimi... Molta discendenza ci lasciò e così
meravigliose, come di favole, furono le fortune di questi rampolli del
ghetto, che uno dei suoi figlioli diventò papa (Anacleto II).”
Il
famoso Rabbino, poeta e storico, Louis Israel Newman, nella sua opera,
intitolata Jewish Influence on Christian Reform Movements precisa che «
il fattore principale che preparò l'esplosione dell'eresia giudaizzante,
nel secolo XII, fu l'elezione al soglio pontificio di Anacleto II,
membro del Casato ebreo dei Pierleoni, avvenuta nell'anno 1130 ». Si
tratta di una ammissione particolarmente importante in quanto formulata
da un eminente dirigente del Giudaismo.
Fu San
Bernardo, con l'aiuto del suo grande amico San Norberto, che mise tutto
il suo impegno nel convincere i sovrani d’Europa indecisi a prestare
tutto il loro appoggio per cacciare Anacleto II e ripristinare sul trono
di San Pietro il papa Innocenzo II. I Pierleoni si finsero pentiti,
chiesero perdono, fecero abiura di ogni eresia, riconciliandosi con
l'autorità pontificia legittima e con il loro atteggiamento ipocrita e
spettacolare, riuscirono a commuovere Innocenzo II e San Bernardo che
perdonarono loro generosamente. Invece di distruggere le loro forze, Sua
Santità li mantenne nei loro gradi e posizioni nella corte pontificia;
successivamente arrivò a concedere loro omaggi e cariche.
"Nel
1233 e nel 1275 in Inghilterra furono approvati gli statuti sulla
Giudea che abolivano qualsiasi forma di usura. Siccome gran parte di
questi ebrei non potevano “guadagnarsi da vivere”, fu approvata una
legge del Re Edward I (1272-1307) il 18 luglio 1290 che obbligava tutta
la popolazione ebraica di 16.000 persone a lasciare l’Inghilterra per
sempre. Qualsiasi ebreo che restasse in Inghilterra dopo il 1° novembre
1290 (Tutti i Santi) era passibile di esecuzione. Con il bando dei
prestatori di denaro e l’abolizione dell’usura, c’erano ben poche tasse
da pagare e nessun debito statale, perché il Governo usava i “tally
sticks” (bastoni di legno con le tacche), denaro senza interessi.
L’Inghilterra ora godeva un periodo di sviluppo e prosperità senza
paragoni. Il lavoratore medio lavorava solo 14 settimane l’anno e godeva
da 160 a 180 giorni di festività. La proprietà del terreno era la
regola, cosicchè l’Inghilterra, oggi sede del latifondo – era fino al
15° secolo quasi interamente in mano a migliaia di agricoltori, che non
solo erano proprietari legittimi della loro terra, ma possedevano in
aggiunta il diritto al libero accesso a pascoli e boschi comuni.
Questa
età di sviluppo si concluse nei primi del XVI secolo. Durante il regno
della Regina Elisabetta I (1558-1603) piccoli gruppi di “marrani” si
stabilirono a Londra. Molti di essi erano orafi, accettavano depositi di
oro in custodia e quindi emettevano ricevute dieci volte l’ammontare
dell’oro custodito come ricevute di oro gravate da interesse. Queste
ricevute, precursori del sistema fraudolento di riserva frazionaria
delle banche, erano all’inizio prestate alla Corona o al tesoro all’8%
l’anno, ma secondo Samuel Pepys, diarista e segretario
dell’Ammiragliato, il rateo di interesse aumentò fino al 20% o
addirittura il 30% l’anno."( “The Barnes Review” vol XVIII n.5 set/ott
2012)
Nel
XVI secolo una delle famiglie più ricche d’Europa erano i Fugger. Erano
banchieri e commercianti di origine ebraica che avevano accumulato
un’enorme ricchezza e un potere economico senza eguali. Abitavano ad
Augusta (Augsburg) in Germania, dominavano tutti i settori dell’economia
dell’epoca e possedevano un potere politico che nessun gruppo
industriale ha mai avuto, né prima né dopo. I Fugger decidevano quando
si faceva la guerra e quando si concludeva con la pace. Dai loro soldi
dipendeva chi poteva essere eletto imperatore. Furono loro a finanziare
la “Guardia Svizzera”, l’esercito privato del Papa. Per mezzo secolo i
Fugger furono i veri imperatori nascosti dell’Europa. I Fugger furono i
principali creditori dei Medici e a partire dal 1508 presero la gestione della zecca romana e coniarono le monete dei papi fino al 1524.
La
pratica delle indulgenze era in uso già da parecchi secoli e
rappresentava una sorta di condono delle pene che il credente avrebbe
dovuto scontare nel Purgatorio. Ai fedeli pentiti, disposti a compiere
particolari penitenze (pellegrinaggi, opere meritorie, ma soprattutto
donazioni monetarie) il Papa concedeva uno “sconto” sulla pena,
proporzionato all’importo del denaro dato alla chiesa e certificato in
un documento firmato dalle autorità ecclesiastiche. L’indulgenza poteva
essere comprata non solo per i vivi ma anche per i defunti.
Di
solito i soldi raccolti con le indulgenze servivano alla costruzione di
una chiesa o di un monastero. Ma il Papa che poi doveva elargire i
soldi ne riceveva di solito non più di un terzo; se andava proprio bene,
la metà di tutte le entrate. Prima dovevano essere pagati quelli che
organizzavano tutto, i predicatori e quelli che raccoglievano i soldi.
C’erano tasse, permessi e anche tangenti da pagare: una campagna di
indulgenze era una cosa complessa e costosa e doveva essere preparata
con cura. I principi, conti e margravi, i cardinali e gli arcivescovi
dei territori nei quali si faceva la vendita degli indulti avevano una
loro quota garantita. Anche la banca che alla fine mandava i soldi a
Roma si tratteneva una fetta e, non raramente, c’erano dei soldi che
sparivano attraverso canali oscuri. Fu proprio Jacob Fugger che guadagnò, più di qualsiasi altro concorrente in occidente, nel favoloso affare delle indulgenze. I
Fugger si inventarono sempre nuovi motivi per chiedere altre indulgenze
– che prontamente furono concesse: per la costruzione o ricostruzione
di ospedali, chiese e monasteri.
La vendita delle indulgenze alimentò la Riforma protestante.
Il
protestantesimo contestò l’Eucarestia Cattolica, sovvertì l’ordine
gerarchico del Sacro Romano Impero per cui l’autorità politica non era
più eticamente subordinata all’autorità religiosa, e promosse la
costituzione delle Banche Centrali come promotrici della moneta-debito.
Infatti il parlamento inglese approva nel 1673 il Test Act: l’editto con
cui viene dichiarata illegittima l’Eucarestia Cattolica e la
Transustanziazione. Successivamente nel 1694 viene fondata la Banca
d’Inghilterra che trasforma il popolo da proprietario in debitore
ineluttabilmente insolvente del proprio denaro. Quando il
Protestantesimo entra in Europa continentale non fonda una chiesa, ma
una banca: la Banca Protestante il cui presidente, il Neker, diventa
consigliere di Luigi XVI. Tutte le monarchie cattoliche della vecchia
Europa si disintegrano perché si indebitano senza contropartita verso i
banchieri per la moneta satanica da questi emessa a costo nullo e che
avrebbero potuto emettere gratuitamente per proprio conto senza
indebitarsi.
Non
a caso la differenza essenziale tra Sacro Romano Impero e Commonwealth
Britannico è nella moneta e nel concetto giuridico dei territori
conquistati: nel primo gli abitanti delle “provincie” sono “portatori”
della moneta, nel secondo gli abitanti delle “colonie” ne sono
“debitori”. Oggi tutto il mondo è Commonwealth. Tutto il mondo è
«colonia monetaria».
SUPPLICA ALLA MADONNA DI FATIMA :
“
Madre Santissima, oggi i popoli del mondo sono soffocati e oppressi
sotto il peso della grande usura che li espropria del loro denaro e dei
loro beni.
I popoli del terzo mondo, prima di essere dilaniati dalla fame, sono dilaniati dal debito.
Noi
ti supplichiamo, Madre di DIO e Madre nostra, di intercedere presso il
Tuo Santissimo Figlio perché liberi l’ umanità dall’ angoscia imposta
dai padroni del denaro.
Fa che sin dall’ emissione ogni popolo sia riconosciuto proprietario e non debitore del suo denaro.
Fa che si sostituisca finalmente alla moneta-debito la moneta proprietà, al numero della bestia il numero dell’ uomo, e che l’ umanità possa vivere tempi nuovi a dimensione umana “.
- Supplica composta da Giacinto Auriti -
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