ALCUNE SCOMODE VERITA' SULLA 2 GUERRA MONDIALE
di Enrico Montermini.
Badoglio, l'uomo chiave.
Il maresciallo Pietro Badoglio, capo di Stato Maggiore Generale, era il massimo esponente della massoneria castrense e l’uomo di fiducia di re Vittorio Emanuele III per mantenere il controllo delle Forze Armate Regie. Come scrisse la penna illuminata di Indro Montanelli, egli non era né fascista né antifascista: era semplicemente badogliano. Solange Manfredi ha messo in rilievo il fatto che fin dall’epoca della crisi abissina i servizi segreti alleati individuarono in lui l’uomo chiave per distruggere dall’interno il Regime fascista (S. Manfredi, “Psyops”).
Il 1 settembre 1939 scoppiava la Seconda guerra mondiale: quello stesso giorno Pietro Badoglio prendeva contatto col presidente americano Roosevelt per mezzo del console portoghese Da Vega. A fare le presentazioni era stato il mago Giuseppe Cambareri, che dal 1934 si era infiltrato nei vertici politici e militari italiani per conto dell'Intelligent Service britannico. Attraverso uno scambio segreto di messaggi cifrati trasmessi per via diplomatica dal consolato portoghese Badoglio (nome in codice: "Immigrant") comunicò a Roosevelt (nome in codice: "Manager") che in Italia c’era un gruppo di alti ufficiali che si opponevano al fascismo e che erano pronti a rovesciare Mussolini se avesse voluto spingere il Paese in guerra. “Manager” e “Immigrant” concordarono che quest’ultimo avrebbe garantito la neutralità dell'Italia; e se ciò non fosse stato possibile avrebbe almeno differito il più possibile la nostra entrata in guerra. Queste scioccanti rivelazioni si trovano nell'autobiografia di Da Vega (Cfr. Silverio Corvisieri, Il mago dei generali, Odradek).
Dalla fine del 1938 l'anziano maresciallo si era impuntato affinché le forze meccanizzate del Regio Esercito fossero trattenute nella Pianura padana e in Albania scontrandosi con Italo Balbo, che, spalleggiato dal generale Baistrocchi, avevano garantito a Mussolini che si poteva raggiungere facilmente l'Egitto con un raid dalla Libia. Nel settembre 1939 la brigata di riservisti inglesi che difendeva il canale di Suez poteva essere facilmente sopraffatta dall'agguerrito reggimento di paracadutisti libico di stanza alla base aerea di Castel Benito, nei pressi di Tripoli, se solo avesse ricevuto immediati rinforzi da terra e dall'aria: Badoglio troncò questi preparativi avvisando Balbo che era "esercizio inutile e ozioso" fare piani che non si potevano realizzare. Badoglio si confermava così l'uomo chiave per compromettere tutti i piani di guerra dell'Italia fascista, che senza la sua autorizzazione non potevano essere nemmeno predisposti.
La neutralità italiana promessa da Badoglio a Roosevelt rientrava nei desideri di Londra e di Parigi in quel periodo passato alla storia come la "strana guerra". Tuttavia tra febbraio e marzo del 1940 gli orientamenti di Londra cambiarono. Dobbiamo al giornalista Franco Bandini l'intuizione che l'entrata in guerra dell'Italia fu una fredda decisione presa dal governo inglese per impedire che il completamento dei programmi di riarmo navale predisposti fin dal 1934 trasformassero l'Italia nella maggior potenza militare del Mediterraneo. Per l’Ammiragliato inglese non c’era più tempo da perdere: bisognava colpire subito con una guerra preventiva. L'embargo di carbone deciso a Londra alla fine di febbraio del 1940 mirava a paralizzare l'industria bellica italiana e per costringere Mussolini a scendere immediatamente in guerra: o al fianco dell’Inghilterra, per avere il carbone inglese, o contro l’Inghilterra, per avere il carbone tedesco.
In entrambi i casi la Wermacht sarebbe stata obbligata a distogliere verso Sud quelle forze che invece si stavano preparando per l'imminente offensiva sul Fronte occidentale: o per sostenere militarmente l'Italia in difficoltà o per combatterla come nemica. Se tutto fosse andato secondo i piani la Francia forse sarebbe risparmiata dalla blitzkrieg nel corso del 1940, mentre già a partire dall’anno seguente l’equipaggiamento degli alleati sarebbe stato nettamente migliore. (Cfr. F. Bandini, "Tecnica della sconfitta", I libri di IF). Questo tipo di operazione in termini militari si chiama “diversione strategica”.
L'asso nella manica.
Secondo Corvisieri nei primi mesi del 1940 i rapporti tenuti da Da Vega tra Badoglio e Roosevelt si interrompono per riprendere alla fine di aprile. L’autore non fornisce una spiegazione esauriente della faccenda, ma io credo che la faccenda possa agevolmente spiegarsi con la visita a Roma dell'incaricato personale del presidente americano, Wells, che viene ricevuto da Pio XII e da Mussolini. E’ più che credibile che Roosevelt non volesse turbare i rapporti con l’Italia proprio in quel difficile momento. Il suo incaricato promette al Duce una conferenza coloniale alle Isole Azzorre dove otterrà non ben precisati compensi coloniali. Poiché tali compensi da vent’anni venivano rifiutati da Inghilterra e Francia, Mussolini comprende che si tratta di offerte truffaldine che mirano a dilatare l’ingresso in guerra dell’Italia mentre i ritardi nei programmi di riarmo si fanno sempre più preoccupanti a causa della penuria di carbone. Perciò, dopo aver rifiutato le proposte americane, egli annuncia ai capi militari che l’Italia entrerà in guerra al fianco della Germania appena possibile: tale decisione viene comunicata a Hitler durante l’incontro del Brennero (marzo 1940). Proprio in quel momento, secondo Corvisieri, il console Da Vega riavviò i contatti tra Badoglio e Roosevelt: a mio avviso è difficile non mettere in relazione i due fatti.
Se gli Alleati sapevano che l’Italia in qualsiasi momento poteva entrare in guerra contro di loro e se questi erano esattamente i loro propositi, è curioso il fatto che il loro dispositivo militare contro l'Italia non fu affatto rafforzato, anzi. Nei mesi di marzo, aprile e maggio intere divisioni dell’Armée vengono trasferite dal confine alpino e dalla Tunisia per opporsi alla Wermacht. In aprile gli inglesi sciolgono persino la Royal Navy per trasferire l’intera squadra da battaglia nel Mare del Nord per partecipare alla campagna di Norvegia. Per alcune settimane Malta e il canale di Suez restano indifesi dalla flotta italiana, ma nessuno a Roma pensa di approfittarne. Perché? Si tratta solo della miopia dei nostri vertici militari e politici, come sostiene Franco Bandini? Ciò potrebbe spiegare l’inazione italiana, ma non giustifica l’assoluta tranquillità di un nemico che pure è già informato dell’imminente entrata in guerra dell’Italia. Pare quasi che gli Alleati abbiano più informazioni sulle intenzioni italiane di quante ne abbia lo stesso Mussolini, che pure era il capo del Governo.
Secondo Domizia Carafoli proprio nella primavera del 1940 Badoglio iniziò i preparativi per rovesciare re Vittorio Emanuele III e Mussolini. Egli non tenta azioni violente, ma si limita a tessere nell'ombra intese e alleanze: con la fronda di Corte, capeggiata dalla principessa Maria Josuè, moglie del principe ereditario, che si tiene segretamente in contatto con alcune personalità antifasciste; con alcuni gerarchi notoriamente filo-inglesi come Ciano e Grandi; e infine con gli intermediari di alcuni grandi gruppi industriali, come Fiat e Pirelli, che non vogliono rinunciare alle lucrose commesse che arrivano dall'Inghilterra e della Francia. Il piano, però, abortì perché il capo della Polizia, che all'epoca era Arturo Bocchini, all'ultimo minuto ritirò la sua adesione: lo rivela Carmine Senise, che fu il suo braccio destro e poi successore. La Carafoli ha raccolto numerose testimonianze degli sfoghi di Bocchini con i suoi collaboratori contro gli intrighi nei quali Badoglio e altri lo avrebbero messo in mezzo quando lui, invece, avrebbe voluto rimanerne fuori (Cfr. D. Carafoli, "Il Viceduce", Mursia).
L’indizio più significativo dell’intenzione di Badoglio di rovesciare Mussolini consiste nel fatto che da marzo a giugno egli non prepara nessun piano di guerra: evidentemente egli dava per certo che l’Italia non sarebbe entrata in guerra, malgrado le istruzioni che aveva ricevuto, e riteneva che non sarebbe stato chiamato a render conto al capo del Governo della sua condotta. E’ possibile ipotizzare che dietro la cautela di Mussolini, che faceva presente a Hitler che l’Italia non si sarebbe mossa prima di considerevoli successi inziali tedeschi, c’era la consapevolezza che una sua mossa non concordata con la Corona avrebbe provocato la sua destituzione. Eppure certe scadenze imposte dall’Inghilterra si avvicinavano: alla fine di maggio la maggiore industria bellica, l'Ansaldo, comunicò alle autorità preposte di possedere scorte di carbone sufficienti per soli 15 giorni, dopo di che avrebbe dovuto sospendere la produzione. Immaginiamo allora uno scenario nel quale le industrie chiudono, gli operai scioperano e il Governo si dimostra incapace di risolvere la situazione: la sola soluzione possibile per la monarchia sarebbe stato il licenziamento di Mussolini. Come un ragno al centro della tela che attende la sua preda, Badoglio aspettava pazientemente che il potere gli cadesse tra le mani. Uno scenario che anticipa di molti anni il colpo di stato del 25 luglio 1943.
A questo proposito voglio aggiungere che nel maggio 1940, grazie all’azione di intelligence dell’OVRA, la Polizia Politica smantella una rete di antifascisti organizzatisi come una società segreta con una struttura piuttosto complessa e ramificata. L’organizzazione, che aveva i suoi quadri dirigenti in Francia, si proponeva di far insorgere i lavoratori contro il Regime quando si fosse presentata l’occasione. Essa si era costituita nei grandi centri industriali e portuali del Nord-Ovest. L’azione sovversiva di questo gruppo, che non poteva essere sconosciuto ai Servizi segreti, probabilmente sarebbe scoppiato nell’imminenza della crisi degli stabilimenti produttivi generato dall’embargo del carbone imposto dagli Alleati. La retata della polizia scatta nel maggio 1940 che, come abbiamo visto, segna una data limite per i piani golpisti. Forse è questa azione della polizia che mette Badoglio sull’avviso del fatto che Arturo Bocchini non è più favorevole al piano.
In guerra.
L'emozione provocata dall'inatteso crollo della Francia generò in tutto il Paese, compresa la Corona, un subitaneo mutamento di atteggiamenti. Così il 10 giugno l’Italia entra in guerra, per volontà concorde del re e del Duce, mandando inoltre a monte i piani golpisti di Badoglio. Era arrivato il momento della verità per il traditore, che aveva avuto tre mesi per preparare la guerra ma non aveva alcun piano; e nemmeno aveva un’idea di cosa fare. Mussolini avrebbe dovuto mandarlo sotto corte marziale, ma non lo fa. Al contrario autorizza Badoglio a emanare a suo nome una direttiva strategica che prevede una rigida difensiva su tutti i fronti (cfr. G. Giorgerini, "La guerra italiana sul mare", Mondadori). Perché dunque dichiarare guerra se non si intende combattere?
Da 70 anni si dice che le Forze Armate in quel momento non erano in grado di combattere e che Mussolini desiderava solo qualche migliaio di morti per potersi sedere al tavolo della pace. Tutto ciò mi sembra una mistificazione storica che nasconde una realtà molto più inquietante. Andiamo per ordine e cominciamo col dire che l'efficienza di un esercito va confrontata con quella dei suoi possibili avversari. Come spiegano Bandini e De Risio, in quel momento di fronte a un esercito italiano numeroso ma male armato e addestrato gli inglesi potevano contrapporre... il nulla o quasi! Infatti la Royal Army aveva abbandonato a Dunquerk tutto ciò che aveva in termini di carri armati, autoblinde, cannoni, autocarri, munizioni, granate, pezzi di ricambio: nell'estate del 1940 c'erano solo 2 divisioni operative a difendere le isole inglesi dalla temuta invasione tedesca! In quello stesso periodo la Royal Air Force era impegnata quasi al completo nella battaglia d'Inghilterra. Tali valutazioni trovano riscontro anche nella testimonianza del critico militare inglese Basill Liddell Hart ("Storia di una sconfitta", Bur). Lo storico navale Giorgerini afferma che persino la Mediterranean fleet in quel momento era inferiore alla Regia Marina. Gli ordini emanati da Badoglio a nome di Mussolini a questo punto appaiono ancora più incomprensibili. Eppure una spiegazione può e deve essere trovata.
Secondo lo studioso dei servizi segreti Carlo De Risio, il generale Carboni fin da settembre 1939 aveva dato il via, di sua iniziativa, a un gioco molto pericoloso per tenere l'Italia fuori dalla guerra. Nella sua posizione di direttore del SIM iniziò a tempestare il capo del Governo con informative che accreditavano gli Alleati di forze soverchianti in tutto il bacino del Mediterraneo. Quando l’Italia entrò in guerra delle valutazioni non furono riviste e continuarono a ispirare gli ordini di somma cautela emanati da Badoglio a nome del Duce (C. De Risio, "Generali servizi segreti e fascismo", Mondadori). Perché il generale Carboni continuò questo gioco quando ormai le finalità iniziali erano impossibili da raggiungere? Quello che De Risio non dice, ma che apprendiamo da Corvisieri (op. cit.), è che Giacomo Carboni era un protetto del maresciallo Badoglio ed era un frequentatore abituale di casa Cambareri, che era già stata identificata dall'OVRA come un covo dell'Intelligent Service britannico.
Si può dire che la scelta di Mussolini di entrare in guerra nel giugno del 1940, con la Francia sul punto di arrendersi e l'Inghilterra in ginocchio, fu di un tempismo eccezionale. Tra giugno e ottobre ci furono tre mesi di tempo per marciare indisturbati fino al canale di Suez e ai pozzi di petrolio del Golfo Persico. Secondo Bandini quella fu l'unica occasione che abbiamo mai avuto di sferrare un colpo mortale all'Inghilterra prima dell'intervento americano e russo. Ciò non accadde perché il depistaggio del SIM continuò: secondo De Risio il generale Carboni continuò ad accreditare gli inglesi di forze soverchianti che in realtà non esistevano. Chi aveva intuito il bluff inglese fu probabilmente Hitler, secondo il quale una divisione panzer e una divisione meccanizzata leggera sarebbero bastati per far sloggiare gli inglesi dall'Egitto nell'estate del 1940. Fu Badoglio ad allarmare Mussolini sulle conseguenze politiche di accettare l'aiuto tedesco: "un aiuto che poi si sarebbe dovuto pagare a ben caro prezzo" (B. L. Hart, op. cit).
Scacco matto in tre mosse.
Per consentire all'Impero britannico di superare la crisi dell'estate del '40, Badoglio escogitò una diversione di forze: convogliare uomini e mezzi da Malta e dalla valle del Nilo, che per gli inglesi erano indifendibili, ai Balcani dove era possibile costruire un ampio fronte di Paesi ostili all'Asse. Tale fronte avrebbe anche influenzato l'atteggiamento dell'Unione Sovietica, all’epoca filo-tedesca. Mentre il maresciallo Graziani, da Tripoli, continuava a invocare disperatamente carri armati e autocarri per avanzare in Egitto il capo di stato maggiore generale presentò a Mussolini prima un piano di invasione contro la Jugoslavia, poi un altro contro la Grecia.
Mussolini fu ingannato da Badoglio e da Ciano, che sostenevano che l'esercito greco era inferiore per numero mezzi e addestramento alle truppe italiane schierate in Albania, che la Bulgaria avrebbe partecipato alla guerra, che la popolazione greca non aveva voglia di combattere e infine che un gruppo di generali greci era pronto a rovesciare il governo filo-inglese del generale Metaxas. Nessuna di queste informazioni, naturalmente, era vera. Eppure, secondo Badoglio l'impresa era "facile e opportuna" (C. De Risio, op. cit). Solo nel corso dell'ultima riunione egli fece mettere a verbale di essere contrario a quella guerra: non prima, però, di aver congedato 20 divisioni che erano di riserva in Puglia. Questo fatto è menzionato anche da Solange Manfredi ("Psyops").
L'invasione della Grecia scattò alla fine di ottobre e nel giro di pochi giorni si trasformò in una catastrofe. Lo stato maggiore italiano valutava che10 divisioni italiane, superi per artiglieria, fossero contrapposte a 6 divisioni greche. Il generale Cesare Amé, subentrato a Carboni solo alla vigilia dell'invasione, poté invece constatare che a 10 divisioni binarie italiane si contrapponevano a 16 divisioni ternare greche con una inferiorità italiana di 1 a 2 in fatto di uomini. Anche in potenza di fuoco dell'artiglieria eravamo sovrastati dai Greci. C'era una certa superiorità aerea da parte italiana, che nei mesi invernali non potè essere sfruttata adeguatamente. Non appena si profilò il disastro il Duce inviò in Albania il generale Pricolo, all’epoca Sottosegretario di Stato all’Aeronautica, come suo fiduciario per valutare la situazione: evidentemente egli non aveva più alcuna fiducia sulle informazioni e sui giudizi dell’Alto comando che fino a quel momento gli aveva mentito spudoratamente.
La nuova situazione venutasi a creare consentì agli inglesi di insediare truppe, aerei e navi a Creta e nei porti della Grecia col consenso del governo ellenico. Anche Malta, che ai primi di luglio era data per persa dal governo britannico, era stata rifornita di uomini e mezzi al punto da trasformarsi in una munita base navale senza che la nostra marina muovesse un dito. Al termine di una queste operazioni di rifornimento dell’isola, precisamente nella notte tra 11 e il 12 novembre, una dozzina di aerei inglesi decollati da una portaerei sorprese la flotta italiana all'ancora nel porto di Taranto: la corazzata Cavour fu affondata e altre 3 unità gravemente danneggiate su un totale di 6 corazzate. I movimenti navali inglesi erano stati conosciuti per tempo, ma i vertici della marina si erano rifiutati di far uscire la flotta per dar battaglia e avevano atteso passivamente l'attacco inglese. Si seppe poi che, malgrado la decisione adottata, l'ammiraglio comandante della base navale non aveva preso tutte le misure previste per difendersi da un attacco aereo. Così la superiorità nel Mediterraneo passò dalla Regia Marina, che non aveva saputo approfittarne, alla Royal Navy.
A questo punto l'opera di infiltrazione ai più alti livelli attuata dai suoi servizi aveva consentito all’Inghilterra di rovesciare a proprio vantaggio la situazione nel Mediterraneo prima ancora che una sola battaglia degna di questo nome fosse combattuta. Del rovescio della Fortuna fecero le spese Badoglio e l'ammiraglio Cavagnari, quest'ultimo Sottosegretario di Stato alla Marina e Capo di Stato Maggiore della Regia Marina. Il cambio però arrivò troppo tardi: mentre Graziani continuava a invocare carri armati e autocarri, che invece Badoglio si ostinava a inviare in Albania in previsione della campagna di Grecia, il 18 ottobre un convoglio scaricava nel porto di Alessandria d’Egitto i moderni carri armati e blindati di cui fino a quel momento la 8° Armata inglese era sprovvista. Occorreranno ancora due mesi di preparativi agli inglesi prima di scatenare quel raid in profondità che si concluderà con la distruzione della X Armata del maresciallo Graziani a Beda Fomm nel gennaio 1941. Questo nuovo rovescio privò l'Italia del porto di Bengasi e inoltre consegnò alla RAF gli aeroporti della Cirenaica, che assieme al rafforzamento di Malta davano ora agli inglesi la supremazia anche nel settore del Mediterraneo centrale. La guerra, a quel punto, era già persa: certo, però, si sarebbe potuto continuarla in modo più degno.
La vendetta di Badoglio.
Dopo essere stato destituito da Mussolini (dicembre 1940) Badoglio non si accontentò certo di giocare a boccette come raccontano gli storici, ma riprese i suoi complotti per rovesciare Mussolini. Il ricercatore José Mario Cereghino ha pubblicato i cablogrammi inviati dalla stazione del SOE in Svizzera al Governo inglese con i dettagli delle trattative condotte a titolo personale da Badoglio. I documenti pubblicati abbracciano tutto il 1942 e i primi 7 mesi del 1943. E' sorprendente la differenza di toni tra Mussolini e Badoglio all'indomani delle vittorie di Gaza-Tobruk e di Sidi el Barrani che spalancarono alle forze dell'Asse le porte dell'Egitto: mentre Mussolini annunciava trionfalmente che gli italo-tedeschi inseguivano gli inglesi in rotta verso il delta del fiume Nilo, il SOE informava in segreto Churchill che Badoglio era pronto a inviare in Africa un generale di sua fiducia per organizzare un esercito badogliano con disertori italiani col quale attuare il colpo di stato che andava preparando. (Cfr. Storia in Rete, non ricordo il numero: potete controllare voi sul sito).
Secondo Corvisieri i preparativi del golpe vennero portati avanti nell'appartamento della spia Cambareri dal generale Carboni e dal colonnello Prefetti del SIM. Già dal 1941 essi avevano predisposto un piano per catturare Mussolini. Alla fine le manovre di Grandi e Ciano, notoriamente filo-inglesi, convinsero la Corona a dare via libera a un piano che Badoglio meditava già dal 1939. Il colpo di stato militare ebbe luogo il 25 luglio 1943 e fu seguito passo a passo dal SOE come dimostrano i cablogrammi pubblicati da Cereghino.
La storia non è ancora chiusa, vi è ancora una postilla da fare. Mentre Badoglio iniziava i preparativi per sganciarsi dai tedeschi, il generale Carboni riprendeva il suo posto a capo del SIM: si ricostituiva il binomio che da 4 anni lavorava in modo indefesso per distruggere l'Asse Roma-Berlino. L' 8 settembre 1943 la flotta italiana si consegnava quasi intatta agli inglesi nel porto di Malta, proprio come auspicato dal governo britannico fin dal marzo 1940. Curiosamente all'indomani dell'ingresso in guerra dell'Italia Churchill aveva promesso un premio a ogni comandante italiano che si fosse arreso con la sua nave: c'era un vero e proprio tariffario che girava in ambienti vicini ai servizi segreti. Quando costò la consegna dell'intera flotta italiana? Io non lo so. Bisognerebbe chiederlo all'ammiraglio Maugeri, che all'epoca era capo del Servizio Informazioni Segrete della marina e che successivamente fu decorato al valore dal Governo americano per i servigi resi alla US Navy in tempo di guerra....
Con questo intervento spero di essere stato d'aiuto a quanti vogliano comprendere come perdemmo la guerra.
Enrico Montermini, 12/11/2016
TRATTO DA:
https://www.facebook.com/groups/albamediterranea/1500940669946692/?notif_t=group_activity¬if_id=1478888022826734
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